Libera Chiesa in libero Stato

LIBERA CHIESA IN NON LIBERO STATO

 

LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO

E’ vero: secondo la Costituzione della Repubblica Italiana la libertà di culto fa parte dei diritti fondamentali della persona umana, purché, specifica  l’Art. 8, “non contrasti con l’ordinamento italiano”. Questo articolo è stato pensato soprattutto a tutela delle  confessioni diverse da quella cattolica, dal momento che, secondo il dettato dell’ Art. 7, ”Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Come dire che né lo Stato ha il diritto di interferire con gli ordinamenti ecclesiastici e con le leggi canoniche che regolano la vita della Chiesa né la Chiesa ha (o dovrebbe avere) il diritto di interferire con gli ordinamenti e le leggi che regolano la vita dello Stato italiano. Senonché l’Art. 7 prosegue specificando che “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”, cioè gli accordi sottoscritti dal cav. Benito Mussolini, capo del Governo, e dal Segretario di Stato cardinale Pietro Gasparri  l’11 febbraio 1920. Con questi Patti si istituiva lo Stato denominato Città del Vaticano, di cui venivano riconosciuti i confini territoriali e garantita l’indipendenza e la sovranità, inoltre la Convenzione Finanziaria assicurava un risarcimento per i beni sottratti alla Chiesa con la legge delle Guarentigie del 1871 pari al valore di 750 milioni di lire, infine il Concordato definiva le relazioni civili e religiose tra la Chiesa e lo Stato.


 

In base al Concordato il Governo italiano acconsentì a conformare le sue leggi sul matrimonio e sul divorzio a quelle della Chiesa cattolica, riconobbe il cattolicesimo quale religione di Stato e istituì l’obbligo dell’ora di religione cattolica nelle scuole del Regno (e, fino alla revisione del 1984) della Repubblica italiana. Con il nuovo Concordato del 18 febbraio del 1984, sottoscritto dal presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal Segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli a Villa Madama, viene abrogato il principio della religione cattolica quale religione di Stato e, di conseguenza, anche l’obbligatorietà dell’ora di religione nella scuola statale. Quanto al matrimonio e al divorzio, se il Concordato del 1929 riconosceva il matrimonio canonico quale sacramento e quindi ne sanciva l’indissolubilità, il nuovo Concordato si limita a riconoscere gli effetti civili al matrimonio contratto secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile. Il nuovo Concordato ha inteso salvaguardare i principi di eguaglianza e di neutralità dello Stato nei confronti delle diverse confessioni religiose affermando con nettezza il principio della laicità.


 

Almeno queste erano le intenzioni. E tuttavia, a giudicare dai pressoché continui interventi critici del clero sull’attività legislativa del Parlamento della Repubblica italiana,  non sembra che i principi della distinzione degli ordini e della bilateralità vengano sempre rispettati dalle gerarchie ecclesiastiche: basti ricordare le indicazioni di voto da parte dei parroci e dei vescovi nella Prima Repubblica, le prediche dai pulpiti contro il divorzio e l’aborto protetto, il suggerimento dell’astensione  per far fallire il referendum sulla fecondazione eterologa e, ora, i fulmini del cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, contro le cosiddette unioni civili: “anche se si afferma che sono cose diverse, in realtà le differenze tra matrimonio e unioni civili sono solo piccoli espedienti nominalisti, o artifici giuridici facilmente aggirabili, in attesa  del colpo finale – così già si dice pubblicamente – compresa la pratica dell’utero in affitto, che sfrutta il corpo femminile profittando di condizioni di povertà”. La questione, in questo caso, che tanto angustia la Chiesa è la desacralizzazione del matrimonio, cioè l’equiparazione dell’unione civile tra persone omosessuali all’unione sacramentale (e naturale) tra un uomo e una donna: dato che dall’unione  di due uomini o di due donne  è impossibile che si generino altri uomini e altre donne, le unioni tra omosessuali rappresentano la negazione di fatto della volontà creatrice di Dio. Nondimeno gli omosessuali esistono in natura e non si sentono per niente dei malati o dei pervertiti. Già, ma un conto è esistere in natura, un altro far accettare a chi omosessuale non è che l’amore omofilo sia amore così come lo è quello eterofilo.


 

Quanto all’utero in affitto non pare che sia previsto dalla famigerata legge Cirinnà. Quello che è prevedibile è che, come avveniva per gli aborti clandestini, così avverrà (ma non sta già avvenendo?) per la fecondazione eterologa e la gestazione per conto terzi. Sarà un bene o un male? Per la Chiesa è senz’altro un male. Tuttavia una domandina al cardinale vorrei proprio farla: scusi, Eminenza, il buon Dio, per generare il suo unico Figlio già destinato a morire sulla croce per la salvezza di tutti noi, di chi si è servito? La ringrazio in anticipo per la risposta.

Fulvio Sguerso

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