Nel paese dei morti viventi
NEL PAESE DEI MORTI VIVENTI |
NEL PAESE DEI MORTI VIVENTI
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C’è un male più subdolo del male, un male che uccide prima l’anima del corpo, un male che non sembra nemmeno un male ma che è alla radice d’ogni male, si chiama indifferenza. E’ lei che ci fa guardare le cose che accadono come se accadessero in un altro mondo, come se il dolore altrui non ci riguardasse e la guerra che vediamo sui nostri teleschermi fosse una fiction (d’altronde non ci sono forse adulti che giocano alla guerra in tempo di pace?). Nel paese dei morti viventi guardiamo le cose che accadono senza vedere la bestia orrenda in cui rischiamo di trasformarci tanto può renderci ciechi e sordi l’indifferenza che non sente pietà né compassione né ira né disgusto, niente che turbi l’atarassia delle anime morte. Nel paese dei morti viventi si profferiscono continuamente parole vane per non dire le cose che andrebbero dette, in cui si parla d’ogni cosa meno di quelle che contano veramente, perché è meglio non sapere che sapere, meglio badare al proprio particulare che sacrificarsi per la verità e per il bene comune, perché chi sa e combatte contro l’iniquità è un povero illuso, un’anima bella nel senso spregiativo di buonista o, peggio, di radical chic. Nel paese dei morti viventi la menzogna è verità e la verità menzogna, non si sa più distinguere la propaganda dalla realtà, il vaniloquio dal reportage, l’opinione dalla scienza, il discorso sull’etica dall’etica, sull’educazione dall’educazione, sulla politica dalla politica, tutto diventa discorso o narrazione e chi sa raccontarla meglio vince. Nel paese dei morti viventi vediamo giornali e telegiornali far da cassa di risonanza al politico o al partito di riferimento, opinion maker senza pudore che fanno da reggicoda a questo o a quel potente di turno, finti guru che pontificano dal video eccitando gli animi anziché placarli, personaggi rissosi sempre riveriti e invitati perché al pubblico piace veder scorrere il sangue, anche se solo metaforicamente. Malgrado tanti parlatori, imbonitori e urlatori, nel paese dei morti viventi, quando si è messi alle strette, magari in tribunale, ci si avvale della facoltà di non rispondere, come se la responsabilità non fosse personale e bastasse tacere o mentire per essere assolti in mancanza di prove. Qualunque privilegiato, a differenza di chi è già condannato fin dalla nascita, può sfuggire alla giustizia (ma forse non alla Giustizia) perché in questo paese dei morti viventi conta più l’apparire che l’essere, più il potere della virtù, anzi, la virtù disarmata è irrisa e vilipesa impunemente, più che un pregio è un difetto, qualcosa di cui vergognarsi e che merita disprezzo. Solo in un paese di morti viventi un’anziana signora che porta impresso nella sua carne il marchio dell’infamia, sopravvissuta allo sterminio del suo popolo per testimoniare fino a quali abissi di male può imbestiarsi l’uomo (ma anche quanta speranza può dare la nobiltà di un’anima viva nel paese dei morti viventi), può essere oggetto d’insulti antisemiti e razzisti e di minacce di morte. La sua invece è una testimonianza di civiltà, di coraggio, di pietà anche per chi la odia e di imperterrito amore per la vita nonostante tutto. Grazie a lei e alle poche anime come la sua incapaci di odiare, il mondo non è ancora precipitato nel nulla. Ma fino a quando?
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