Leggendo “l’immoralista” Vauvenargues

  Leggendo “l’immoralista”  Vauvenargues (1715-1746)

Coloro che fanno mestieri infamanti, come i ladri e le donne perdute, si gloriano dei propri crimini e considerano le persone oneste come imbecilli; la maggior parte degli uomini nel fondo del proprio cuore disprezza la virtù, poco la gloria.

Leggendo “l’immoralista”  Vauvenargues (1715-1746)

Coloro che fanno mestieri infamanti, come i ladri e le donne perdute, si gloriano dei propri crimini e considerano le persone oneste come imbecilli; la maggior parte degli uomini nel fondo del proprio cuore disprezza la virtù, poco la gloria.

 L’infamia può essere potente, diffusa, vincitrice. Un esempio: Adolf Hitler con tutto il suo seguito, sodali, amici, paurosi, complici, a migliaia di  migliaia, a milioni. E’ solo un esempio, magari estremo. Ma ogni demagogo, ogni tiranno attira questa “plebaglia” più di quanto il miele attiri le api. Anzi il miglior tiranno è colui che nel fondo del suo cuore condivide il medesimo disprezzo e sa farne mezzo e metodo di comando, di arricchimento, è il “grande” pifferaio che suona questo ritornello: “canaglie di tutto il mondo seguitemi”. E le canaglie detestano ogni intelligenza che non sia la loro arrogante furberia. Si stupiscono che anche “i buoni” siano abili, abbiano capacità, sappiano badare  e non solo a sé stessi. Possono fingere di ammirarli, ma in realtà ne desiderano la liquidazione o almeno l’avvilente asservimento. Come dirà un altro grande “immoralista” (Chamfort) i malvagi sono a loro agio con un governo vile e un popolo avvilito. E naturalmente les méchants veulent passer pour bons.  Non basta il successo, l’impunità, il ritardo della punizione divina (se mai esistesse) i “cattivi” vogliono passare per buoni. In realtà le canaglie non riescono a sopportare che possa anche solo esistere una forma di vita diversa dalla loro sventurata miseria. Per essere precisi ricchezza o povertà non fa qui gran differenza:

Non è vero che gli uomini siano migliori nella povertà che nelle ricchezze.

Troppe volte ricchi e poveri danzano insieme sotto braccio, rosi dall’invidia, sì proprio la triste passione, il dolore che può dare il bene degli altri. Sembra difficile avere qualche talento e successo senza approfittarne per diminuire e avvilire i propri simili diversi da te. Così anche il miliardario è avvelenato dalla melanconica domanda: come è possibile mai che anche quella “nullità” che si perde stupidamente dietro alla poesia, alla musica sia a suo modo contento? Senza una villa, un aereo, una grande barca, senza la forza, il potere del denaro che vita può mai essere? E si risponde (di fatto, con le sue condotte): no!, non può e non deve essere così. Ed ecco la devastazione, la riduzione del mondo a ricche macerie, sommersi da “una immensa raccolta di merci”(Marx), finché durerà ( e durerà) il mondo delle canaglie dei servi e degli stupidi. Perché, attenzione, esiste anche un altro tipo di stupido: quello qui se croit riche de peu. Quello che si crede ricco con poco, che si accontenta troppo facilmente. Un altro servo.

 Claudio Delfino

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