La strana storia di un virus camaleonte
LA STRANA STORIA DI UN VIRUS CAMALEONTE |
LA STRANA STORIA DI UN VIRUS CAMALEONTE |
La recente diatriba tra “normalizzatori” e “prudentisti” per la fine del lockdown e la riapertura dei confini regionali e internazionali, parte da presupposti affatto inerenti alla vera natura del virus Covid19. Il problema, infatti, non sta tanto nel fatto che ci sia ancora o non ci sia più il virus, ma purtroppo che ancora oggi non si sappia cosa sia effettivamente il virus e come si comporti. Già che non si sappia con certezza se l’origine sia naturale o artificiale ne limita la consapevolezza delle sue peculiarità e del suo effettivo pericolo. La tesi del Premio Nobel Montagnier di una sua origine artificiale nei laboratori di Wuhan è stata duramente contestata dai circoli scientifici e accademici che fanno dipendere la nascita del virus da cause naturali.
Non certo questa la sede per confrontare tesi di genetica virale, lasciando il campo ai professionisti in materia come Montagnier e i suoi contestatori, ci limitiamo quindi ad una semplice analisi di fatti esterni verificabili da una comune osservazione. Come quella della concitazione al limite del panico delle autorità cinesi che, dopo una prima fase di smentite, minimizzazioni, occultamenti, è sfociata in un lockdown di dimensioni fantascientifiche, che ha portato a “sigillare” in uno spazio concentrazionario 60 milioni di persone senza alcuna libertà individuale, altro che le nostre misure all’acqua di rose. E’ la prima volta che le autorità cinesi si sono mosse con questa concitazione, non era successo lo stesso per la Sars, ora visti i tempi relativamente ristretti con cui hanno preso queste misure, tutto ciò male si acconcia con lo studio di un nuovo virus naturale, mentre appare più plausibile se si avesse avuto la consapevolezza della nocività di un virus artificiale di cui per knownow se ne conosca la pericolosità.
Secondo, lo stesso comportamento del virus durante la pandemia, sia a livello italiano, e poi ne riparliamo, sia a livello mondiale lascia perplessi. Secondo clinici e qualche virologo italiano, il virus sarebbe improvvisamente scomparso, non c’è più o se c’è non è più pericoloso, della stupidità e non scientificità di una tale affermazione non varrebbe neanche la pena di parlarne non fosse per i rischi a cui ci espone. Ripeto non entro nel merito delle caratteristiche costitutive del virus, basta in questo caso rispondere ad una constatazione di puro carattere osservativo, che cioè non si presentano più malati gravi, con un altrettanta osservazione, e cioè che lo stesso virus dopo aver attaccato Cina, Estremo Oriente, Persia, Lombardia (cito solo questa non a caso, poi vedremo), Spagna, Francia, Inghilterra e infine USA e Brasile, sta uccidendo in determinate aree e particolari concentrazioni abitative migliaia di persone, strano comportamento per un virus che secondo certi geni avrebbe la cortesia di autodistruggersi dopo poco tempo. La stessa tesi che il virus subisca più mutazioni, per cui esisterebbero più varianti più o meno pericolose non sta in piedi, intanto credo per il tempo troppo ristretto nel caso di un virus di origine naturale, poi perché se ci sono state modificazioni nel suo comportamento, queste non sono dovute ad un cambiamento del patrimonio virale ma alle pratiche di distanziamento che hanno di fatto diminuito la carica virale.
L’esempio lo abbiamo avuto proprio nella realtà lombarda in netto contrasto con l’Italia meridionale e insulare. Ma anche in Lombardia nell’apice della epidemia, lo stesso virus è stato per alcuni altamente letale, per altri, i cosiddetti asintomatici, praticamente nullo. Nello stesso tempo la letalità appare del tutto indipendente dalle condizioni fisiche del contagiato, tanto è vero che, a fronte della prevedibile letalità a carico di anziani e portatori di multi-patologie, si sono avuti casi altamente pericolosi su individui giovani, sani e robusti come nel caso del paziente numero uno di Codogno. Tutto questo fa sospettare che la maggiore o minore letalità non sia legata alla diversità del virus che in mutazione abbia assunto maggiore o minore letalità, ma piuttosto nella quantità e nel tempo di esposizione al virus. Infatti, il virus ha colpito prevalente chi era ristretto in ambienti chiusi come le Case di riposo per anziani, negli ospedali, nei mezzi pubblici traporto, negli stadi, o in luoghi di assembramenti produttivi e di lavoro, tutte situazioni che hanno trovato la massima concentrazione in Lombardia. Quindi se è la diversa carica per dosi e per esposizione la causa della minore o maggiore letalità del virus questo confermerebbe l’ipotesi sul diverso esito del contagio che determinerebbe o un contagiato asintomatico o un malato grave, questo parrebbe dipendere dalla diversa quantità della risposta immunitaria dove in presenza di una carica minima lo choc immunitario (chitochine e trombi conseguenti) non avviene, mentre per cariche massicce e per tempi continuati avviene tutta una serie di stress fisici, come la polmonite interstiziale, pregiudiziali, per la vita del soggetto.
Da tutto ciò si rileva l’importanza decisiva per tutte le pratiche di distanziamento che hanno il doppio vantaggio di impedire trasmissioni massicce di cariche virali, e di indebolire nel contempo il virus, poiché, come ipotizzato da Montagnier ma anche da altri virologi che non hanno abbracciato la tesi della artificialità del virus, questi sembrerebbe una combinazione di un virus influenzale e componenti dell’hiv. Sarebbero proprio queste componenti le responsabili delle risposte immunitarie violenti che portano al collasso del fisico. Questo spiegherebbe la brusca diminuzione dei contagi in questo ultimo periodo, diminuzione dovuta senz’altro al combinato disposto di distanziamento e arrivo della stagione calda che ha senz’altro contribuito al declino della carica influenzale con il risultato che l’apparato immunitario riesce, nel caso vi sia una occasione di contagio di reagire ordinatamente producendo al massimo la presenza di contagiati non gravi e comunque asintomatici. Da tutto questo ragionamento ne deriva per logica conseguenza che non ha nessun senso parlare di scomparsa del virus, il virus non ha gambe, non si riproduce fuori del corpo umano, per ora è ancora vivo e vegeto in organismi umani, se si riprendono situazioni critiche di assembramenti e promiscuità si ridanno al virus altre possibilità di infettare, per cui proprio ora che per necessità socio economiche non possiamo evitare di riprendere i normali ritmi della nostra vita, a maggior ragione si deve stare sempre attenti e usare tutte le misure precauzionali del caso. Tanto per banalizzare il concetto è come se sapessimo che il virus fosse formato da due parti, una che tende naturalmente a degradare con la stagione ed un altra quella più pericolosa che non degrada ma che senza la prima non ci può attaccare, ecco che si debba mettere tutta la cura per non far riprendere vitalità alla prima parte con distanziamento e precauzioni, almeno fintantoché non troviamo un vaccino.
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