LA RITIRATA DEL VIVENTE
A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso stavo vivendo la mia trasformazione interiore alla luce della nuova sensibilità ecologica, allora agli albori a livello globale.
Tra i miei primi interrogativi di base ne ricordo nitidamente uno, rivolto ad uno dei miei primi compagni di viaggio nel complesso mondo dell’ambientalismo, il prof. Menico Torchio, allora docente di Biologia Marina e Direttore dell’Acquario Civico di Milano: la massa totale degli organismi viventi, ossia i biomi delle varie plaghe terresti, è quantificabile dall’uomo? E se sì, è in avanzata o in regresso? Domanda scaturita dalla considerazione dell’avanzata degli umani, col loro codazzo di animali domestici e di allevamento, di fronte al vistoso, parallelo regresso di fauna e flora selvatiche.

Fino agli anni ’30 le automobili (car) erano per pochi e ancora risentivano dell’eredità delle carrozze a cavalli: erano le “carrozze senza cavalli” (horseless car); e infatti avevano sancito la prima, epocale transizione dal vivente all’inorganico, nel campo dei trasporti individuali, dopo quello delle locomotive a vapore nei trasporti collettivi, avvenuto un secolo prima

La sostituzione del cavallo come trazione di veicoli iniziò ai primi dell’800 grazie all’impiego del carbone. Qui sopra l’inaugurazione della prima ferrovia della penisola: Napoli-Portici nel 1839
Torchio (deceduto pochi anni dopo) mi disse candidamente di non avere una risposta.
Riecheggia oggi nella mia mente la medesima domanda, alla luce dei progressi (o regressi) del virtuale sul reale, del digitale sul fisico, dell’artificiale sul naturale.

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Non potendo quantificare i biomi, ma solo inferirli sulla base di precisi eventi, quali lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai montani, l’arretramento delle foreste, decimate dagli incendi pianificati per sostituirli con colture produttive o inghiottite dai deserti, l’avanzata di cemento e asfalto a spese del suolo “improduttivo”, mi ritrovo a volgere lo sguardo in altre direzioni, per notare analoghe coincidenze: l’e-commerce che scalza i negozi fisici; i computer che mandano a casa schiere di impiegati; i robot che sostituiscono i lavoratori manuali; gli spettacoli collettivi, come il cinema, che si spostano dalla visione comune a quella casalinga; le occasioni di socializzazione in ogni ambito, ad es. durante i viaggi in treno, frammentate negli angusti abitacoli delle automobili, e così via.
In sostanza, tutti questi movimenti si traducono in un restringimento dei biomi e in una progressiva contrazione del sociale, riscontrabili in una crescente fertilità assistita, a scapito di quella naturale, e nella chiusura in se stesse delle persone, declassate ad individui.
Hanno finito col seguire la stessa onda anche i rapporti tra i due sessi, riducendo al minimo le differenze ed esaltando invece l’intrusione sul e nel corpo di pratiche para-tribali, come il piercing e i tatuaggi, che hanno funzione puramente estetica, mentre la medicina provvede ad inserire sempre più parti inorganiche nel nostro corpo, dai medicinali alle protesi e agli organi artificiali. I metodi di stampa 3D, iniziati in sordina negli anni ’80, hanno fatto enormi progressi, riuscendo a replicare parti del corpo umano con sempre maggiore precisione e compatibilità.

Il 3D Creator della Sony, “sviluppato da Sony per permetterti di acquisire oggetti e persone sul tuo smartphone e di trasformarli direttamente in modelli 3D ad alta risoluzione”.
Affiora alla mia mente il titolo, molto allusivo, di un libro del filosofo Mario Perniola del 1997: “Il sex appealdell’inorganico”. In sostanza, abbiamo ormai tutti introiettato la credenza che “inorganico è meglio”, considerando che il biologico è debole e imperfetto, di contro alla forza e alla quasi-perfezione dell’inorganico, in quanto forgiato dall’uomo e non ereditato da madre natura. E tutti i nostri sforzi, le nostre ricerche scientifiche e tecnologiche puntano a surrogare ciò che è vivente: dall’utero in affitto alla riproduzione in vitro alla fecondazione artificiale, nell’ardita speranza di poter finalmente liberarci del coito per produrre nuova vita, forgiandola a nostro piacimento. Alle mucche si toglie anche l’effimero piacere della monta, riducendole a mere macchine da latte e riproduttive.
In questi giorni mi sono imbattuto su Youtube in una vera valanga di immagini prodotte con l’IA (Intelligenza Artificiale); ed è proprio questa scoperta che mi ha indotto a fare le riflessioni sin qui esposte.

Immagini elaborate dall’IA. Non sembrano vere, ma più che vere. Rispetto alle foto di partenza hanno qualcosa in più. Eppure, è stato sottratto loro l’afflato vitale. Non c’è nulla in loro di innaturale né di naturale. C’è invece qualcosa di inquietante, di soprannaturale. Per questo ne sono misteriosamente ammaliato più di quanto non lo sarei dalle foto primarie
Le ragazze raffigurate sono più perfette delle ragazze vere: sono “come mi vorresti”, senza un difetto, vestite in maniera provocante, docili, senza impegni affettivi, disponibili a comando. Una volta di più, l’inorganico vince sul vivente. Come bambole gonfiabili (per ora) solo a 2 dimensioni. Ma coi progressi della stampa 3D non stento ad immaginare i relativi sviluppi anche in questo campo. Del resto, molti avanzamenti avvengono, o sono avvenuti, in due campi ad inesausta trazione, bellica e sessuale.
Ritornando al libro di Mario Perniola, estrapolo: “Si annuncia così il passaggio da una sessualità organica, orgastica, fondata sulla differenza dei sessi, guidata dal desiderio e dal piacere, a una sessualità neutra, inorganica, artificiale, sospesa in una eccitazione astratta e infinita, sempre disponibile e priva di riguardo nei confronti della bellezza, dell’età e in genere delle forme.”
Linguaggio un po’ oscuro, da filosofo, ma che rende l’idea, nella prima parte, della involuzione del desiderio, castrato dalla progressiva equivalenza dei sessi; mentre non mi sento di condividere la seconda che, fatta salva l’età, vista in effetti come un negativo accumulo di anni, denuncia una mancanza di riguardi nei confronti della bellezza e delle forme.
Al contrario, la modernità dà importanza proprio alle fattezze, ergo alla bellezza e alle forme (e quindi alla gioventù), inseguite in maniera ossessiva con ogni genere di espedienti, proprio per “ingannare la discesa terribile degli anni… [quando] il belletto più non giova e il cosmetico già fa mala prova” (Guido Gozzano, “Cocotte”). Allorquando neanche la bilancia ci è più amica…
La bellezza degli “anni verdi” è ricercata ad ogni costo, anche a quello di trasformarsi nel suo opposto, come certi corpi o volti, imbottiti di “inorganico” (dal silicone al botulino) e trasformati nella loro peggior caricatura. Al contrario delle donne “sempreverdi”, oggi virtuali e domani, chissà, stampate in 3D, al gentile servizio del maschio; appaganti, per interposta persona, il suo inconfessato sogno dell’eterna giovinezza.

Quanti uomini, per timidezza, blocchi psicologici o altre cause arrivano vergini alla maturità e anche oltre? Il sesso virtuale è il loro miglior surrogato dell’amore per una persona reale
Già da tempo il sesso virtuale, attraverso le immagini su un monitor, compensa gli anni che passano e che si vedono rispecchiati nella compagna. O addirittura vicariano un rapporto sentimentale già in gioventù, spegnendo il desiderio di crearsi una famiglia. Il fenomeno degli hikikomori non si limita al Giappone, ed è assai più esteso di quanto si creda. E’ una forma complementare del prevalere dell’inorganico sul vivente; come lo è, su ben più vasta scala, sempre in Giappone, la pornografia, con migliaia di ragazze, spesso bellissime, che si propongono per rapporti ripetitivi, accumulando, in un breve arco di anni, un reddito per gli anni bui a venire. L’ottimo stato di salute di decine di case di produzione, peraltro, è indice della vasta diffusione dei loro fruitori, a livello globale. In molti Paesi la pornografia è vietata, mentre in Italia, con la nostra solita ambiguità, il giudizio è lasciato all’arbitrio di istituzioni e giudici. Tuttavia, un tal Rocco Siffredi è da decenni agli “onori” della cronaca per la sua dichiarata professione di attore porno. Ed è in buona compagnia, anche femminile, ad es. Valentina Nappi. Non si è comunque superato il cliché che vede ogni donna che pratica il mestiere più antico del mondo come la povera ragazza circuita dal malvagio di turno, anche a causa di veri criminali, che hanno abusato di donne con la violenza e la droga. La diffusione delle camgirl sta a dimostrare la fallacia di questa credenza.

Lo splendido, sensuale volto di un’attrice hard giapponese. Dall’originale 3D al 2D per gli spettatori; o anche 3D in modalità VR (Realtà Virtuale) mediante l’uso di speciali visori.
A tale riguardo, si è venuto affermando negli ultimi anni il suddetto fenomeno delle camgirl, ragazze o donne mature che si esibiscono sessualmente da casa attraverso la rete, naturalmente dietro compenso. E’ una nuova forma di prostituzione solo visiva, che, per chi la pratica, ha il non lieve vantaggio di non esporsi ai rischi connessi alla prostituzione fisica stradale, evitando per giunta il ricorso alla “protezione” di lenoni. In compenso, fanno affari d’oro i siti che le propongono, legalmente riconosciuti.
Se ci caliamo nell’esistenza comune, notiamo che gli uomini, ma è sempre più vero anche per le donne, troncano spesso un matrimonio o una lunga convivenza alla ricerca della giovinezza perduta della consorte, proprio per ingannare, attraverso la donna nuova, la comune discesa degli anni e la parallela perdita di attrazione verso la compagna di una vita, a sottolineare la differenza psico-fisiologica dell’atto sessuale tra uomo e donna.
Oggi si cerca, non so con quanto successo, di piegare la natura alla cultura su questo versante, biasimando le unioni di partner con vistose differenze di età, mentre viene lasciato ampio spazio e riconoscimento ad altre forme della sessualità, ricomprese nell’acronimo LGBT (ma non ancora il Q), in un atteggiamento contraddittorio.

Hugh Hefner, con le sue conigliette, fece uscire riviste e filmini (loops) dalla clandestinità alle edicole, veicolando urbi et orbi la priorità dell’estetica sul sentimento, accentuata col passare degli anni nella disposizione sessuale di gran parte degli uomini; sancita peraltro nei Paesi islamici con la poligamia e la facilità del ripudio
La donna è in genere molto meno sensibile alle apparenze dell’uomo, non soffermandosi troppo sull’aspetto fisico del partner; e, nel rapporto di coppia, pecca di ben minore superficialità, lasciando prevalere il sentimento (e talvolta l’interesse); mentre l’uomo necessita di stimoli, perlopiù visivi, per il successivo accoppiamento. Una discrasia alla base di tante incomprensioni e separazioni.
Credo di poter dedurre che questa incompletezza sentimentale sia una delle componenti della “coscienza infelice” del maschio, oggi esplicata nel diffuso senso di inferiorità che la donna gli ha calato sulle spalle, indebolendone la virilità; che egli peraltro tenta di ritrovare in fugaci avventure, anche prezzolate, nell’illusione di ricuperare almeno parte della perduta fiducia in se stesso.
Del resto, anche le ultime generazioni si trovano subito a fare i conti con questa insicurezza maschile nei confronti delle ragazze, oggi molto disinibite, trovando spesso rifugio proprio nelle “ragazze 2D”, evitando in tal modo l’ansia da prestazione (che si immagina richiesta) dalle odierne “ragazze 3D” in carne ed ossa, normalmente meno avvenenti delle prime.

Dulcis in fundo con un quiz: queste 2 immagini sono foto dal vivo o processate dall’IA? Chi volesse allietare la propria vista: https://www.youtube.com/watch?v=6JRLwYuYuAg

Oltre 30 anni fa il grande disegnatore giapponese Hajime Sorayama preconizzava questi robot, umanizzati con indumenti reali, anticipando a modo suo il nostro presente
In conclusione, l’inorganico, sia in forma fisica che virtuale, nel senso di mera rappresentazione del vivente in remoto, ha ormai in buona parte soppiantato il naturale in presenza, rispecchiando così quanto avviene su scala planetaria nei rapporti tra uomo e ambiente: un piano inclinato verso la sostituzione (quasi) completa del vivente con l’inorganico, come bene espresso dalla preoccupazione, comune ad etica e scienza, del possibile sorpasso dell’IA rispetto al cervello umano. Un’inversione di tendenza è solo auspicata, a parole; mentre nei fatti si procede in rettilineo.
Marco Giacinto Pellifroni 21 maggio 2023