La retorica dell’ipocrisia italiana

Ignazio La Russa nominato Presidente del Senato

Con questo articolo so che mi “inimicheró” parecchie persone, ma tengo a precisare che la libertà di pensiero, di espressione non sono solo diritti univoci diretti per una sola parte del popolo, ed anche il diritto di ribellarsi, di dissentire, di non schierarsi per forza, perché così è sempre stato, è un diritto inalienabile, ed a volte le cose non sono sempre come la maggior parte delle persone le vedono.
Se si crede nella libertà e nella democrazia, si deve sottostare a leggi e a regole e visto che i presupposti “padri della patria” si sono battuti per i diritti di tutti, non è plausibile assolutamente vedere ciò che sta accadendo in questi giorni contro il futuro governo Meloni e contro due importanti cariche dello Stato appena elette.

Lorenzo Fontana nuovo Presidente della Camera

Henri-Irénée Marrou

Le argomentazioni presentate da questi personaggi che scrivono e parlano ovunque in “nome della democrazia e del pluralismo”, fanno parte della retorica, che è tradizionalmente intesa come l’arte del discorso, del dire, del parlare, e più specificamente del persuadere con le parole.
Lo scopo della retorica è per cui la persuasione delle altre persone, nel pensare e nell’agire, intesa come approvazione, avvalorazione della tesi dell’oratore.
E la maggioranza delle persone vivono in una bolla, sono persuasi a fare e pensare sempre le stesse cose, perché così pare sia “giusto”.
Ma la retorica non fa mai parte del fare, dell’agire e dell’essere veramente qualcosa o qualcuno.
L’eloquenza come disciplina del parlare o dello scrivere, è fondamento di gran parte dell’educazione letteraria dall’antichità classica fino a un’età molto recente.
Lo storico francese Henri-Irénée Marrou, la definì:
“Denominatore comune della nostra civiltà occidentale.
Ostentarla rischia per cui di mantenere un atteggiamento dello scrivere o del parlare, o anche dell’agire, improntato a una vana e artificiosa ricerca dell’effetto sugli altri, con manifestazioni di ostentata adesione fino ai più banali luoghi comuni.
Nella politica la retorica fonda le sue radici sul passato e su quello ne fa bastione, come contrafforte alle altre oratorie opposte.
Maestri della retorica dal 1946 sono le forze politiche legate al comunismo, che soprattutto in Italia ha visto la sua espansione grazie ad un papocchio istituzionale, dove all’interno del principale partito il PCI, vi era un’ accozzaglia di persone, derivanti dallo svariato mondo politico e sindacale nazionale.
Forti del passato fascista, imboniscono le persone sulla paura del probabile ritorno al passato di un fascismo che non può più essere tale.
Il comunismo invece, nonostante le porcate fatte a livello internazionale, viene sempre visto e vissuto come un’opportunità di rivalsa popolare, niente di più mendace.
Da noi il Comunismo a parte un periodo abbastanza intenso si è trasformato per evidenza storica e quanto subito dal regime fascista, in un movimento illegale alternativo e “sottobanco”, viene pertanto percepito come alternativa ad un totalitarismo.
Niente di più falso, e lo si può vedere da come la stessa dottrina venga poi interpretata a due passi dal confine italiano, nella oramai ex Jugoslavia.
In Italia il Comunismo ufficiale nasce nel 1921, quindi un anno prima della marcia su Roma tanto decantata oggi nel giorno del centenario.
Lo strappo di Livorno non fu solamente l’atto di nascita del Comunismo italiano ma fu una svolta decisiva per la politica di sinistra.
Il Socialismo era inteso oramai come un movimento prettamente teorico, non più solamente Marxista, non più di azione, per cui ispirati dallo Stalinismo e da altre correnti, in Italia sono nati i movimenti alternativi.

La storia ha poi contrapposto in evidenza le matrici europee dei movimenti, nazionalsocialisti e legati al fascismo quelli della nuova destra di azione che una volta al potere hanno determinato il corso della stessa, sfociando in vergognosi imperialismi autocratici, con le guerre e le leggi razziali, le deportazioni e l’olocausto, tutte cose fatte con il bene placido del popolo (tenuto bene a bada) e la regia del potere economico mondiale.
Così è altrettanto avvenuto in URSS dove una rivoluzione del popolo, ed una tanto teorizzata dittatura del proletariato, si è invero trasformata in uguale dittatura di regime, ben nascosta dal potere, e a suo modo anch’essa protetta dalle élite economiche mondiali, che ha caratterizzato la contrapposizione politica e storica degli equilibri internazionali fino al 1989.
In Italia, dopo il ventennio fascista ed alla fine del secondo conflitto mondiale, tuttavia all’interno del partito comunista furono inseriti diversi ex gerarchi e militanti fascisti, e questo accadde col bene placido del comitato centrale del partito, ma non solo anche di quello internazionale con sede a Mosca nell’ex URSS.
La retorica di destra si fa avanti perciò su questo, sul passato del comunista, falso buono.
Gli anni a venire dopo questi scempi, dove il popolino veniva trascinato da questi impiastri retorici a loro piacere, sono stati anni bui per tanti motivi, ma uno su tutti deve essere chiaro, loro i retorici, di sinistra e destra ci hanno governato, ci hanno plagiato e ci hanno convinti del fatto che così doveva andare e così doveva essere.

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Lo hanno fatto solamente per un motivo, mantenere il potere, lo stesso motivo per cui questa nazione sta andando avanti dalla sua unione, il potere, ma chi lo detiene veramente in Italia questo potere?
Ora, capite bene che la politica è una grande, enorme merda che galleggia su un mare di stronzate retoriche, dove il popolino viene trascinato per il colletto a destra e manca a piacere del personaggio o dell’intento del momento.
Quale credibile stronzata ci vogliono propinare, gli ex compagni o gli ex camerati oggi?
Nessuna!
Fanno retorica su una carica dello Stato, votata dai parlamentari, a loro volta votati con elezioni popolari in seggi non vigilati da camice nere come nel ventennio.
Vanno ad insultare un’importante carica dello stato, comportandosi idiotamente come si comportarono in passato altri idioti destrorsi, contro politici e cariche importanti dello stato, o contro parlamentari come fu contro la Boldrini o Fiano.
Insomma, oggi vediamo ex comunisti e benpensanti dichiarati che nel nome della “Libertà” tanto voluta, si comportano peggio del peggiore fascismo squadrista.
Si domandino semmai, i retorici, come mai vi è il disinteressamento totale alla politica, non solo dei giovani, ma di tutti i cittadini di ogni età e genere o grado di cultura, che non si sono recati alle urne.
Anni di retorica legata al passato hanno portato a questo, anni di promesse mai mantenute hanno portato a questo, anni di turate di naso e voti messi a caso hanno portato a questo, anni di Sindacalisti e politici di mestiere che pensavano solo alla loro cagnotta hanno portato a questo.
La retorica di mestiere è da decenni l’unico motore di una nazione che ha saputo solo chiudere sempre sbattendole, le porte del passato, non prima però di aver assicurato per bene un bel rimpasto tra chi dovrebbe fare il cambiamento e chi invece faceva parte del passato stesso.

Così è avvenuto dopo l’unità d’Italia nel 1870, dove si sono create le basi della Nazione Sabauda, inserendo per bene però ciò che al Sud i Borboni avevano lasciato, anzi deportando letteralmente le cose buone del Sud al Nord, di modo che si crei la spaccatura tutt’oggi evidente, che ha determinato anche l’ultimo voto nazionale.
Così è stato nel 1946, e così ogni volta che si doveva “cambiare”. No, loro, i retorici non cambiano, sono saldi al loro posto e lo tengono bene al caldo per darlo in ultima chance solo a chi considerano idealmente il loro ponte di continuità per controllarci e governarci.
Non è vero che non esistono più le scuole di politica, la retorica ne è testimonianza, quando non si riesce a far appiglio su nient’altro ci se ne serve, e se ne abusa. Di maestri di retorica c’è pieno il mondo, ma in Italia si superano le medie internazionali.
Riusciamo a far passare un canto nato negli anni 50 come canto partigiano e simbolo della Libertà nazionale, lo riusciamo a divulgare nel mondo a tal punto che diventa internazionale e viene usato per svariati motivi e lotte in altre nazioni. Niente di più ipocrita, niente di più simbolico che possa descrivere la straordinaria capacità di trasformazione e alienazione dell’italiano medio, che si beve tutto.
Dopo decenni di inni nazionali Borbonici o Savoiardi, nel 1946 il “Canto degli Italiani” più ben conosciuto come Inno di Mameli, diventa inno nazionale italiano, bell’inno non c’è che dire, sicuramente meglio di Bandiera Rossa, Fischia il Vento o Faccetta Nera e Giovinezza, ma oramai estemporaneo nel 1946, poteva essere e l’intento era quello un inno adeguato in una nazione Repubblicana successivamente all’unità, ma così non fu perché la nazione era un Regno, quello dei Savoia, appoggiato (e voluto) dalle altre nazioni.
A proposito di scelte del passato, alcune scellerate, militari, economiche, politiche e religiose, che hanno portato gli Italiani ad essere retorici, come gli oratori che ancora oggi imboniscono il pubblico con le loro cazzate.
Poi soprattutto dopo tutte le porcate fatte tra il 1860 e il 1945 dalla politica italiana, non vedo alcun senso in un inno del genere e lo trovo a volte esilarante per il contesto odierno, visto il numero di smidollati che vi sono in Italia.
Oggi sicuramente vedrei più come inno nazionale, L’italiano (Lasciatemi cantare) di Toto Cutugno, o se proprio vogliamo dirla tutta e bene, “La Terra Dei Cachi” di Elio e Le Storie Tese…

Paolo Bongiovanni

 

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