LA NUOVA GUERRA CIVILE ITALIANA

Chi avrebbe mai più detto che, dopo la guerra civile mediatica (che però ha avuto i suoi morti e feriti) dichiarata dai no vax contro il vaccino e le misure anti Covid varate prima dal governo Conte, poi dal governo Draghi, contro le autorità sanitarie, i virologi  e l’obbligo vaccinale considerato lesivo così della libertà individuale come  della salute di tutti e di ciascuno, sarebbe scoppiata una nuova guerra civile mediatica per ora – e spariamo che tale rimanga –  solo virtuale, tra italiani filoucraini e italiani filorussi?

Come nella guerra (in)civile contro il vaccino, così i disobbedienti come gli obbedienti avevano i loro ideologi, per lo più televisivi, di riferimento, ora anche i filoucraini e i filorussi possono contare sui loro, ma con qualche differenza: nel caso della guerra contro il vaccino la neutralità non era (non è) ammessa: o ci si vaccina o non ci si vaccina, tertium non datur; mentre ora, in questa guerra combattuta sui media a parole e con pallottole cartacee sparate da giornali,  giornalini e giornaloni – ma al riparo e lontano dalle bombe e dai missili della guerra vera – è possibile rimanere neutrali: né con gli uni né con gli altri (da cui il conio del poco elegante neologismo  “neneisti”). Il fatto è che, mentre qui ci si accapiglia verbalmente, là, in Ucraina, si combatte e si muore sul serio e in aggiunta – come nel caso dei giovani coscritti russi mandati criminalmente allo sbaraglio – senza neanche sapere perché. Solo chi è in malafede o perfettamente allineato con la propaganda di guerra putiniana può prendere per buone le motivazioni ufficiali addotte dall’autocrate di Mosca per giustificare l’aggressione all’Ucraina. Esaminiamole una per una: 1) la minaccia di installare missili americani in territorio ucraino ai confini della Russia. Qui basta ragionare senza preconcetti: perché mai gli Stati Uniti dovrebbero puntare i loro missili contro la Russia? Come ognun sa (o dovrebbe sapere), la superpotenza antagonista degli Usa non è più la Russia ma, caso mai, la Cina. Quali vantaggi e quali conseguenze  avrebbe un attacco missilistico in piena regola degli Stati Uniti contro la Russia? Vogliono scherzare con il fuoco e scatenare una reazione a catena che ci porterebbe dritti alla terza (e ultima) guerra mondiale?

Inoltre l’espansione innegabile della Nato verso est in funzione difensiva o, al massimo, di deterrenza non ha mai rappresentato, da un punto di vista strategico, una seria minaccia per la Russia, dal momento che “Dispiegando missili in Ucraina, gli Stati Uniti non guadagnerebbero un effettivo vantaggio strategico sulla Federazione Russa perché in tale circostanza la Russia dispiegherebbe i missili supersonici sui suoi sottomarini che navigano lungo le coste americane, assicurandosi di conseguenza lo stesso tempo di volo per colpire i più importanti bersagli su suolo americano” (Dmitrij Trenin, politologo russo, Direttore del Carnegie Moscow Center con sede a Mosca) . E tanto basti per smontare la favola raccontata e sostenuta a spada tratta dagli strateghi putiniani dilettanti a tempo perso  de noantri riguardo all’ “accerchiamento”  paventato dal nuovo Zar di tutte le Russie. 2) La “denazificazione”. Nell’annuncio della “operazione speciale militare” in Ucraina , Vladimir Putin ha dichiarato che il suo obiettivo principale era demilitarizzare e denazificare il Paese. A sentire l’autocrate russo, l’Ucraina non sarebbe altro che uno Stato fantoccio governato da drogati e neonazisti; non importa se il presidente Volodymyr  ZelensKy è di fede ebraica e tre suoi parenti sono stati vittime della Shoah. Ma per capire qualcosa riguardo alle accuse di nazismo e dell’argomento propagandistico correlato della denazificazione dell’Ucraina bisogna risalire alla seconda guerra mondiale e parlare di uno dei personaggi più controversi della recente storia nazionale ucraina, cioè Stepan Bandera, ucciso dal KGB a Monaco di Baviera nel 1959.  Chi era costui?

Era un fascista a tutto tondo, fondatore dell’Esercito insurrezionale  ucraino – braccio armato dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini. Questa milizia composta da filonazisti ha combattuto prima contro i polacchi, mettendo a ferro e fuoco la Galizia e  la Volinia, in seguito si è unita ai nazisti contro l’Armata Rossa contribuendo con zelo allo sterminio degli ebrei russi e ucraini, infine attaccando gli stessi tedeschi. Bandera e i suoi scherani hanno combattuto una guerra per bande spietata non peritandosi di eliminare chiunque rappresentasse un ostacolo al dominio degli ucraini a ovest del fiume  Dnipr. Si può capire quindi perché un personaggio discusso e discutibile, da prendere con le pinze come Bandera faccia comodo alla propaganda di Putin: nel discorso alla nazione con cui ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, l’autocrate del Cremlino ha affermato che l’attuale regime di Kiev è neonazista e banderista. Ora basta pensarci un momento per rendersi conto che la “denazificazione” è un inganno che si serve della presenza reale di formazioni neonaziste e ultranazionaliste minoritarie sulla scena politica ucraina per giustificare l’aggressione; perché è un inganno? Perché se bastasse la presenza di frange neonaziste  per scatenare un’invasione armata, allora ogni Paese europeo potrebbe essere invaso e anche la stessa Russia dovrebbe essere denazificata. Quindi è chiaro che si tratta di un pretesto fittizio. 3) Secondo  l’autocrate di Mosca, Stati Uniti e Ucraina starebbero mettendo a punto armi chimiche e batteriologiche da usare contro l’Armata e la popolazione russa, ragione per cui, dato che comunque è sempre meglio prevenire che curare, ha fatto bene Putin ad aggredire l’Ucraina? Decidete voi, cari lettori di “Trucioli savonesi”.

Ora però, propaganda o non propaganda, in un modo o in un altro, filoucraini o filorussi, pacifisti o guerrafondai, neutralisti o volontari pronti a partire per il fronte, di fatto siamo tutti in guerra, non fosse altro che per le pesanti ripercussioni economiche che già stanno ricadendo su di noi (si pensi solo all’aumento del prezzo di benzina e gasolio e del rischio inflazione). Ora qualcuno (mi riferisco ai neneisti) si sta chiedendo: che cosa c’entriamo noi? Che cosa abbiamo da spartire con i russi e gli ucraini che da almeno otto anni si combattono senza esclusione di colpi in una regione chiamata Donbass che non sapevamo, prima che scoppiasse questa guerra alle porte di casa, nemmeno dove precisamente si trovasse? Ha un senso sacrificarsi e andare a morire per l’integrità territoriale e l’indipendenza  di una nazione che finora conoscevamo solo perché da lì provenivano tante ottime  badanti per i nostri anziani? Se gli ucraini, con in testa il loro presidente tutto di un pezzo, si vogliono immolare sull’altare dell’amor di patria, della dignità,   dell’identità nazionale e della loro libertà, si accomodino pure, noi abbiamo già dato. Così ragionano i neneisti. Però (c’è sempre un però) succede che il nostro Parlamento a larghissima maggioranza abbia preso posizione a favore dell’Ucraina e di conseguenza abbia votato anche per l’invio di armi “difensive” per andare incontro alle richieste del presidente Zelensky, fermamente determinato a resistere contro  un esercito  invasore enormemente più forte ma, forse, meno convinto di combattere per una giusta causa.  Se Governo e Parlamento (salvo i pochi contrari e astenuti) non hanno dubbi sulla necessità di aiutare i resistenti ucraini  anche con l’invio di armi, nella società civile e nella pubblica opinione i dubbi abbondano; se guardiamo al fronte dei contrari all’invio di armi notiamo subito che è tutt’altro che omogeneo: in prima linea troviamo i pacifisti senza se e senza ma, il loro argomento di base è che non esistono guerre giuste e quindi non ha senso combattere la guerra con la guerra e le armi servono per uccidere, se no a che cosa? E più armi sono in circolazione più aumenta il numero dei morti dell’una e dell’altra parte in guerra.

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Tra questi troviamo, scusate se è poco, Papa Francesco,  la scrittrice ebrea sopravvissuta alla Shoah Edith Bruck e la filosofa Donatella Di Cesare, per citare i primi nomi che mi vengono in mente. Ma in prima linea contro l’invio di armi ai resistenti ucraini  troviamo anche i filorussi putiniani che giustificano Putin sulla base degli argomenti sopra esaminati e che temono più la Nato e gli Stati Uniti che non il dominio russo sull’Europa e, in prospettiva, sul mondo intero. Tra questi  ultimi non si contano i no vax alla Borgonovo o alla Paragone  o alla Pillon  o alla senatrice (!) indipendente Bianca Laura Granato, che si riconoscono in Putin e nella sua volontà (o delirio) di (onni)potenza (bisognerà prima o poi indagare sulle motivazioni di questa strana  attrazione fatale dei no vax ora in disarmo per un  narcisista megalomane e paranoide come Vladimir Putin; quasi quasi sono tentato di occuparmene in un prossimo articolo).  Tra i contrari all’invio di armi ai resistenti ci sono però anche quei filoucraini che non intendono in alcun modo illudere Zelensky sulla possibilità di vincere questa guerra contro una potenza dotata di armi nucleari come la Russia, ragione per cui ritengono che sia meglio  trattare una resa onorevole ora onde evitare ulteriori bagni di sangue e il rischio sempre incombente che la situazione sfugga di mano e deflagri la terza (e ultima) guerra mondiale. Tra costoro troviamo il filosofo Massimo Cacciari, il giornalista Piero Sansonetti, lo storico dell’arte e docente universitario Tomaso  Montanari, lo storico e grecista Luciano Canfora , il direttore della rivista di geopolitica “Limes” Lucio Caracciolo, anche qui per citare i primi nomi che mi vengono alla mente. Se ci volgiamo ora al fronte dei favorevoli all’invio di armi ai resistenti ucraini, la prima icona che ci viene incontro è quella di Liliana Segre, l’eroica testimone ancora vivente della barbarie non soltanto della guerra, ma di quella barbarie nella barbarie che fu la Shoah.

Liliana Segre al congresso dell’ANPI

Riporto qui di seguito il testo del suo intervento al Congresso nazionale  dell’Anpi a Riccione del 24 marzo 2022: “La guerra assurda e sanguinosa che all’improvviso è tornata a sconvolgere il cuore della nostra Europa provoca in me un orrore che non mi è facile descrivere: quelle bombe sulle case , quelle famiglie in fuga, quei padri che baciano i figli forse per l’ultima volta e tornano indietro per combattere…Quanti ricordi di un terribile passato, che non avrei mai immaginato  di rivedere così  vicino a noi. Anche rispetto a questa mostruosità della guerra, la nostra Costituzione ci offre una guida sicura, se riusciamo a declinare in chiave universale i suoi precetti. Infatti, l’aggressione immotivata ed ingiustificabile contro la sovranità dell’Ucraina rappresenta l’esempio evidente del tipo di guerra che, più di ogni altro, l’articolo 11 della Costituzione ci insegna a ripudiare: la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. E la resistenza del popolo invaso rappresenta l’esercizio di quel diritto fondamentale di difendere la propria  patria, che l’articolo 52 prescrive addirttura come ‘sacro dovere’. Dunque non è concepibile nessuna equidistanza. Se vogliamo essere fedeli ai nostri valori, dobbiamo sostenere il popolo ucraino che lotta per non soccombere all’invasione, per non perdere la propria libertà. Questo sostegno non può e non deve significare inimicizia nei confronti del grande popolo russo, anzi. Anche questo popolo subisce le conseguenze nefaste delle scelte e delle condotte disumane dei suoi governanti. Condotta che reca offesa alla memoria dei 20 milioni di caduti dell’Unione Sovietica- dunque russi e ucraini insieme -nella guerra vittoriosa contro il nazifascismo. Credo che proviamo tutti lo stesso senso di ripugnanza, di angoscia e anche di impotenza di fronte a questa guerra. Possiamo solo unirci nel chiedere un immediato cessate il fuoco, la fine dell’invasione russa, l’invio di rapidi aiuti alla popolazione civile, l’avvio di trattative a oltranza, l’affidamento all’ Onu di un  ruolo di interposizione, il ristabilimento di una pace autentica basata sulla giustizia e il rispetto dei diritti  dei popoli”. Infine rimarrebbe da soppesare il fronte dei neutrali, dei né con Putin  né con Zelensky, o “neneisti” che dir si voglia, ma  dopo le parole così chiare, nette, precise e nobili della senatrice a vita, la cosa migliore che si possa fare è quella di non nominarli nemmeno, in quanto “Fama di loro il mondo esser non lassa; / misericordia e giustizia li sdegna: / non ragioniam di lor , ma guarda e passa. “ (Inf. III , 49 -51).


Fulvio Sguerso

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