La Liguria nei conti economici territoriali…

La Liguria nei conti economici territoriali: luci ed ombre di una realtà molto variegata

La Liguria nei conti economici territoriali:
luci ed ombre di una realtà molto variegata

 I conti economici territoriali pubblicati in settimana dall’Istat evidenziano dati, peraltro già noti, sui livelli a cui si attestano le diverse realtà geografiche del nostro Paese su una serie di indicatori del grado di sviluppo economico e della capacità produttiva di ciascuna di esse…LEGGI

 Le differenze tra Nord e Sud rappresentano una caratteristica evidente in qualsiasi analisi economica (e non solo) che studi lo sviluppo storico e congiunturale italiano, anche se nel corso del 2015 per alcune variabili gli andamenti sono stati più favorevoli nella ripartizione meridionale.

Per quanto riguarda la Liguria il comunicato dell’Istat conferma che per Pil e spesa per consumi la regione si situa al di sopra della media nazionale e che per entrambe le variabili si è registrato un aumento tra il 2011 e il 2015. Nel caso del Pil questo dato è in controtendenza rispetto a quello della media del Nord Ovest per cui si è registrata una lieve flessione a prezzi correnti (circa 200 euro, da 33.600 a 33.400), anche se il livello regionale è inferiore a quello della ripartizione di 3mila euro. Rispetto al dato nazionale la differenza è favorevole e pari a 3.400 euro. L’aumento della spesa per consumi nel periodo 2011 – 2015 ha riavvicinato il dato ligure (19.100 euro pro capite) al dato del Nord Ovest  (19.400 euro) rispetto al delta mostrato nel 2011; il dato nazionale è pari a 16.600 euro e quindi un ligure mediamente ha speso annualmente 2.500 euro in più rispetto alla media  italiana. Questi dati sono in linea con gli andamenti delle vendite di prodotti di beni di investimento (automobili e arredamento) che lo scorso anno hanno registrato segnali positivi dopo anni di stagnazione. Nel 2015 i livelli di consumi pro capite risultano inferiori rispetto al 2011 in gran parte delle regioni: fanno eccezione, oltre alla Liguria, la Valle d’Aosta, le Province Autonome di Trento e Bolzano, il Piemonte e la Basilicata.


I dati riferiti all’occupazione e ai redditi da lavoro dipendente tra il 2011 e il 2015 segnalano in Liguria un forte calo degli occupati dal 2011 al 2013, un leggerissimo incremento nel corso del 2014 e un più deciso aumento nel 2015 (2%) che riporta il dato finale allo stesso livello di quello iniziale: la variazione registrata nell’intero periodo è infatti nulla; nonostante questo risultato non sicuramente esaltante secondo l’Istat la situazione è migliore di quasi tutte le altre realtà territoriali con l’eccezione delle province autonome di Bolzano  e Trento (anzi, nel caso di Trento si tratta dello stesso valore ligure). Per i redditi da lavoro dipendente la Liguria, nel 2015, si trova al di sopra della media nazionale (36.800 euro a fronte di 35.600) ma lontana dai dati medi del Nord Ovest e da quello della Lombardia (rispettivamente 39.100 e 40.300 euro).

Ciò può essere dovuto alla differenza nella composizione settoriale del valore aggiunto prodotto nelle diverse realtà, in particolare alla maggiore presenza del settore pubblico (o comunque dell’insieme dei settori rivolti alle famiglie, di cui è parte predominate il settore pubblico, appunto): in Liguria il peso degli altri settori è pari al 35,7%, 15,4 punti percentuali in più che in Lombardia e 10,6 rispetto al Nord Ovest; le dinamiche salariali bloccate nella Pubblica Amministrazione a partire dall’inizio del decennio, pertanto, condizionano in maniera maggiore il trend ligure rispetto a quello delle altre realtà territoriali a cui viene comparato.


In Italia l’economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) rappresenta, nel 2014, il 14,5% del valore aggiunto totale: le componenti più rilevanti sono la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6,8%) e l’impiego di lavoro irregolare (5,3%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) incidono per il restante 2,4%. Per la Liguria il dato percentuale è leggermente inferiore alla media nazionale (14,3%) e la sua composizione è 6,9% per la rivalutazione della sotto-dichiarazione, il 4,8% dell’impiego di lavoro irregolare mentre l’economia illegale e le componenti minori incidono per il 2,6%. Questo dato, in cui la divisione tra nord e sud del Paese è particolarmente evidente, non fa particolarmente onore alla nostra regione se confrontato al dato medio del Nord Ovest (12,1%) e della Lombardia (11,5%), ma anche a Valle d’Aosta e Piemonte che segnano rispettivamente 13,4% e 13,1%.

La Liguria si trova al quinto posto per peso dei servizi sul valore aggiunto, preceduta oltre che dal Lazio, da Sicilia, Calabria e Sardegna, con l’industria in senso stretto che rappresenta il 12,1% del totale e anche aggiungendo le costruzioni un settore secondario che non raggiunge un quinto della produzione complessiva regionale.


La forte terziarizzazione dell’economia, legata maggiormente a settori pubblici e tradizionali rispetto alle realtà più avanzate del Paese, condiziona il risultato relativo alle singole province per quanto riguarda il valore aggiunto pro capite, con l’eccezione di Genova che si posiziona al decimo posto a conferma della funzione trainante del porto e dei settori ad esso collegati e per la presenza di importanti realtà di servizi avanzati, che hanno mantenuto elevato lo standard produttivo della città anche nel periodo postindustriale. Milano si conferma al primo posto di questa graduatoria e mantiene la propria condizione di capitale economica del Paese (45.000 euro), distanziando di circa 9.000 euro la provincia autonoma di Bolzano e di circa 11.000 Bologna che la seguono sul podio.

La distanza del capoluogo ligure da Milano è di quasi 15.000 euro pro capite di valore aggiunto prodotto, quindi a Genova il valore pro capite dell’indicatore è 2/3 di quello milanese, si tratta in ogni caso di una buona performance perché a partire dalla provincia quarta classificata le differenze tendono a  diminuire anche se tra la nona (Valle d’Aosta) e Genova il salto è abbastanza evidente.

La seconda provincia della regione presente in graduatoria è La Spezia che forte del porto e dell’Arsenale mantiene un valore aggiunto pro capite superiore alla media nazionale posizionandosi ventisettesima sulle quarantadue province in cui la differenza rispetto al dato medio nazionale è positiva. Savona è quarantatreesima e di pochissimo al di sotto della media nazionale (23.900 euro pro capite) e Imperia sessantaseiesima intorno ai 21.000 euro pro capite.  

I dati provinciali evidenziano pertanto differenze elevate e situazioni decisamente diverse, con il dato ligure fortemente influenzato dal peso elevato della provincia di Genova, che determina il buon andamento complessivo ligure.

La situazione relativa al reddito disponibile a livello regionale vede la Liguria al quarto posto con 20.800 euro di poco inferiori ai 21.100 euro della ripartizione Nord Ovest e decisamente superiore ai 17.700 della media nazionale. Nella formazione del reddito disponibile va notato che per quanto riguarda il reddito di impresa la Liguria slitta al nono posto preceduta tra le altre anche da Trento, Piemonte, Veneto, Toscana e Valle d’Aosta  oltre che da  Lombardia Emilia Romagna e Bolzano.

I dati relativi al 2015 sono la sintesi di situazioni strutturali che caratterizzano l’economia regionale e delle singole province più che degli andamenti relativi all’ultimo quinquennio che sono stati pesanti per tutto il territorio, in particolare per ciò che riguarda la composizione settoriale del valore aggiunto e i livelli pro capite del reddito disponibile.

 

  Claudia Sirito

 

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