La Grande Storia

La Grande Storia su Rai 3

La Grande Storia su Rai 3

A partire dalla metà di ogni gennaio, RAI 3, unico canale ancora esente da idiozie nazional-popolari, ha preso l’iniziativa di dedicare la “Grande Storia”, trasmessa al mattino, alla persecuzione ebraica durante la seconda guerra mondiale.
Il pregio di questa trasmissione, che il Ministro Gelmini potrebbe caldamente raccomandare in orario curricolare con una Circolare ai Presidi delle nostre Scuole, è l’intervista (che non presenta elementi sospetti di manipolazione) con ex-ufficiali nazisti e collaborazionisti Lituani, Balcanici e Ucraini. Interviste con persone già in età avanzata e spesso incapaci di rivolgere lo sguardo nella direzione della telecamera. Nella prima di queste edizioni della “Grande Storia” (ogni anno riproposta e quest’anno in tono minore) ha colpito la coscienza, la cinica indifferenza dei Lituani nel collaborare alle fucilazioni di massa, inizialmente riservate ai soli uomini adulti, poi estese presto alle donne e fino ai bambini. Ed è proprio un colpo alla nuca di un bambino di sei anni che deve avere turbato tardivamente il sonno notturno di un Maggiore tedesco intervistato, il cui volto ora esprimeva ora senz’altro dolore. Il soldato ha la “scusante” di avere ubbidito agli ordini, anche se è un po’ difficile credere che l’essere umano (un civile Lituano) possa arrivare al livello di accettare acquavite a sazietà, un fucile e dei proiettili per un tiro a segno vicino alla stella di Davide appuntata sul petto, è difficile sentire questo “testimone” collaborazionista parlare dell’irrazionale istinto di fare scudo con il proprio corpo al proprio figlioletto (che tanto sarebbe morto soffocato nella buca sotto al peso dell’adulto), grottesca l’affermazione di mirare alla stella di Davide in modo da colpire il malcapitato Ebreo al cuore evitandogli così sofferenze inutili. Davvero un nobile animo.
E’ difficile pensare che la coscienza di questo essere (che ha il coraggio di raccontare, suppongo dietro compenso, le sue atrocità) possa essere stata addormentata da mezza dozzina di sorsi di acquavite, ma ancora più difficile pensare che nei filmati girati si cerca con sforzo ed invano un segno di semplice passività di un soldato.

Mi sono domandato senza spirito polemico: dov’erano i cappellani militari? Eppure anche l’esercito tedesco aveva i suoi cappellani militari e non mi interessa se luterani o cattolici. Esiste un solo filmato dove si veda un cappellano tentare di fermare un massacro? O che semplicemente assista o conforti una dozzina di disgraziati davanti a una fossa scavata con le loro mani? O che semplicemente preghi? Io non ne ho visto uno solo nei raccapriccianti filmati trasmessi. Probabilmente sarà davvero difficile trovarli: la diversità del fattore religioso ha impedito persino una parola di conforto e/o una preghiera? O forse era troppo duro “vedere e toccare” per un uomo di Dio i crimini commessi dall’Ufficiale superiore? Meglio girare la testa dalla parte opposta e rigirarla a cosa fatta? Lascio alla loro coscienza e alla possibile insonnia delle loro notti, la risposta. Oggi tutto ciò sembra incredibile. Per questo, anche se doloroso, occorre ricordare: oggi, l’Arcivescovo Bagnasco è pro-Moschea a Genova, e oggi si fanno visite nelle Sinagoghe. Ma dov’era la Chiesa durante la pulizia etnica in Polonia, nella Lituania, nei Balcani e in Ucraina? Cioè prima della soluzione finale dei campi di sterminio? Vorrei ricevere qualche parola di speranza a proposito… ma poi riapro quel bel libro scritto da quel pio uomo di Vaulx-de Cernay, tutto dedicato alla “santità” che risponde al nome di Innocenzo III e leggo, in quel bel francese medievale, che si davano gli “eretici” in mano ai pellegrini e, con indulgenza plenaria, un bel massacro quale premio per la lunga e pia camminata. Perché la fobia per il diverso ieri come oggi? No, l’uomo è da sempre il cancro di questo pianeta maledetto. Ripenso a quei due giovani tedeschi (fratello e sorella) che dopo un processo farsa per dei volantini caduti nell’Università, furono pietosamente condannati ad essere ghigliottinati piuttosto che appesi a una forca e mi sforzo di trovare un filo di speranza nel tollerare il mio prossimo: alcuni tedeschi fuori dalla normale follia collettiva c’erano, ma troppo pochi.

Salvatore Ganci                                                 21 gennaio 2011

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