La disinformazione fornisce popoli impotenti agli sfruttatori.

Dov’è la scelta sbagliata che rischia di spingere verso il baratro tutti gli 8 miliardi di umani? È sbagliata l’istruzione, l’informazione, la burocrazia, la politica, la finanza, il mercato o cosa?
A queste domande urge risposta vera, se si vuole passare dalla informazione parziale (che Aristotele definiva “falsa”) alla informazione utile a centrare la causa di sfascio totale del sistema Stato, e sia pure in estremis, tentare una manovra di salvataggio o quantomeno di contenimento del danno.
Nel mondo, milioni di intellettuali arricchiscono garantendo di conoscere scientificamente un problema. Ma sanno fare solo profitti crescenti da custodi di quel problema in attesa che si trasformi in catastrofe ancora più produttiva.

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La conoscenza di un singolo problema, peggio se presentato come prioritario, genera solo danno sociale, visto che per decenni si lucrano guadagni descrivendo i guasti e aspettando che incancreniscano e diventino filone aurifero.
Il contadino non guadagna perché descrive i suoi prodotti, ma solo dopo averli consegnati, chiede e ottiene il meritato guadagno.
Invece gli intellettuali, che dovrebbero essere i produttori e fornitori di soluzioni scientificamente risolutive, guadagnano perché garantiscono a parole di conoscere la causa del problema “ammazza popoli”; e hanno ragione da vendere, posto che quel problema se lo sono piantato e coltivato loro, e se lo conservano per lucrare profitti crescenti sulle disgrazie crescenti dei popoli.

E il conseguente fallimento dello Stato per l’esplosione della spesa previdenziale e sanitaria per mantenerli e curarli, che poi scaricata tributariamente sulle piccole imprese le condanna al fallimento, e alcuni imprenditori persino al suicidio.
Definire “cannibalesco” l’esercizio del potere delle classi dirigenti della cultura e della politica, che legittimano e aiutano multinazionali e banche a spremere i popoli con prezzi e tassi rapina, è persino riduttivo.
È urgente introdurre la responsabilità corporativa delle classi dirigenti, complici del mondo finanziario, che nell’ultimo mezzo secolo ha reso la politica suicida, spacciandola per democratico autogoverno del Popolo, ma che in mano ai “filantropi del potere” finisce regolarmente cornuto e mazziato.
Franco Luceri da il rebus della cultura