Qualche giorno fa ero all’anagrafe, l’impiegato dice “Ecco firmi qua, è il capofamiglia”

“Capo-famiglia, penso io?” mi stona quel capo che sta lì ad indicare qualcuno che comanda, dirige, sceglie anche per altri.

Mi chiedo, un pò allarmata, se non mi sia trasformata in una femminista sfegatata e intollerante.

A soccorrermi però...  un articolo di Sergio Lepri  su GIULIA …leggi

Il noto giornalista avvalora la tesi la cultura abbia un peso nel modo in cui vengono considerate persone e professioni.

Un principio androcentrico ha regolato per secoli ogni lingua e per secoli l’uomo è stato il parametro intorno a cui si è organizzato l’universo linguistico. Soltanto in tempi recenti si è cominciato, nei paesi più evoluti, a porre il problema di un adeguamento del lessico e del linguaggio della comunicazione alla posizione della donna nella società. E’ un problema di mentalità e di cultura.

Eccomi rincuorata; non sono la sola a pensare che il linguaggio ha un peso rilevante nella formazione dei nostri pensieri, anche quando non ce ne rendiamo conto.

Sembra che l’unico effetto di queste affermazioni sia quello si attirare sterili critiche invece che stimolare una seria riflessione, eppure sappiamo bene quale peso abbiamo le parole e le immagini basti parlare con un qualsiasi pubblicitario.

Sono l’unica a pensare che la parola capofamiglia dovrebbe essere sostituita, con responsabile della famiglia?

Non vi suona più congeniale?

Domandare poi che sia la coppia a designare chi assumerà  questo ruolo, proprio come si sceglie il regime patrimoniale dei coniugi, forse è chiedere troppo.


Resta però quell’invito dell’Unesco pubblicato nel 1994 ad un uso non sessista della lingua, forse chiedere che nel 2013 la famiglia non debba avere un capo non è poi così scorretto.

 Cristina Ricci

Dal sito   spiegaleali