#iononriapro Riaprirò

#iononriapro
Riaprirò se e quando mi arriveranno
 sufficienti fondi governativi che mi
permettano di non partire già fallito

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Riaprirò se e quando mi arriveranno
sufficienti fondi governativi che mi
permettano di non partire già fallito

 Ho sempre notato che i toni trionfalistici, o semplicemente ottimistici, sono prerogativa di chi sta parlando di altri, delle cui difficoltà ha solo una conoscenza approssimata. Si minimizzano sempre le tribolazioni quando sono altri che le devono sopportare.

 

Foto d’altri tempi, quando il ristorante era luogo d’incontro, di convivialità, di piacevole stacco dalla routine quotidiana; oggi di reciproca e diffidente distanza

 

E mai come adesso queste affermazioni confermano la loro piena validità. A giudicare dai discorsi dei politici di maggioranza, l’enfasi è puntata sui pericoli del coronavirus e sulle precauzioni da prendere per evitare l’ulteriore diffondersi del contagio, tacendo sugli errori delle disposizioni restrittive, in stile carcerario-poliziesco, contrarie al più elementare buonsenso, e sorvolando sulla situazione di indigenza nella quale è stata gettata la maggioranza di chi aveva una modesta partita Iva e si ritrova senza un reddito, con le spese solo sospese e senza un aiuto dello Stato a fondo perduto che permetta di sopravvivere fino alla ripresa dell’attività, ammesso che ne esistano i presupposti.

Già, ripresa dell’attività. Oggi siamo costretti a ricominciare non da zero, ma da parecchie tacche al di sotto, con l’ansia degli arretrati in agguato, tra cui il drago fiscale che riprenderà presto a ruggire, assieme ai proprietari immobiliari, dai quali il governo non ci ha salvato e che pretendono (salvo rare quanto lodevoli eccezioni) si sia trattato solo di un incidente di percorso, nella certezza che tutto riprenderà a girare come ex anteNon è solo una questione di ristrettezza o assenza di soldi, ma anche di stato d’animo, il ben noto “morale” delle truppe, che tanto incide sulle sorti delle battaglie sul campo. 

Se i soldi sono solo promessi, ma non arrivano o bastano solo per la colazione, il morale  finisce sottoterra. Bene evidenzia Giorgia Meloni che anche i “fortunati” percettori dei € 600 di marzo, a conti fatti hanno avuto un sussidio di sopravvivenza di € 8 al giorno. Quando si dice farsi carico delle disgrazie di un popolo… 

 

Non sempre condivido il pensiero di Cacciari, ma questa volta dipinge la tragica realtà per quella che è, con la Berlinguer imbarazzata e Scanzi ammutolito: presi in contropiede dal “fuoco amico”, non osano contraddirlo

 

Quasi non bastasse la crisi di liquidità a rendere la strada in salita come una mulattiera alpina, le misure imposte da governo e regioni rendono il futuro non solo più difficile, ma anche assai meno redditizio (e inquinante): valanghe di materiale extra da approntare, fisso e usa-e-getta, spazi utili tagliati, con pari tagli degli incassi, demotivazione dei clienti a sedersi in un locale, mentre le spese corrono tali e quali a prima. Ah, certo, uno può rincuorarsi con i crediti d’imposta, che lo Stato gli concederà, nella dichiarazione dei redditi del 2021, scalando dalle tasse il 60% degli affitti pagati. Gli zelanti estensori di editti di oltre 500 pagine dimenticano che quest’anno i redditi saranno nulli o  in rosso. 

500 pagine, eh!, molto “sofferte”, tanto da essere uscite fuori tempo massimo, si presume per le crisi di coscienza di Conte e dei suoi ministri. Ma il loro numero la dice lunga sulla pervicacia con cui la burocrazia in Italia riesce sempre vincente. A cosa serve questo mostro? Soprattutto a due cose: a piantare paletti a profusione onde poter escludere dai benefici il maggior numero possibile di persone; allo scarico di responsabilità, perché le clausole servono in gran parte a salvare i burocrati da ogni coinvolgimento personale. 

 

La ministra Bellanova si commuove fino alle lacrime per la sanatoria di 600.000 migranti irregolari. Piangono sempre quando stanno assestando un colpo alla nuca degli italiani, di gioia o di compassione (Fornero)

 

La prima tecnica mi è ben nota in quanto ho passato parte della mia vita lavorativa come dirigente in una società che produceva impianti per enti pubblici: Comuni, Province, Consorzi. Ecco, certi appalti erano un coacervo di condizioni che puntavano a rendere ammissibile alla gara solo una ditta, la vincitrice in pectore. L’abilità del burocrate consisteva nel conferire una certa logica, quasi una necessità, ai vari paletti, che dovevano condurre ad escludere i concorrenti sgraditi, anche se migliori nel rapporto qualità/prezzi.

Anche in questa crisi, i burocrati non si sono smentiti, piantando paletti, ossia requisiti dei candidati, tali da sfoltirne brutalmente il numero. Sei una partita Iva, ma… manchi di questa o quella prerogativa. Fuori! Magari sei disoccupato, senza redditi, alla fame. Sorry, nei testi di legge non è prevista la pietà. Possiamo fare uno strappo solo se sei un immigrato, giunto in Italia illegalmente, ingrassando cosche al di qua e al di là del Mediterraneo; e infatti ecco la sanatoria, e oplà ben 600.000 clandestini è come se fossero arrivati su nostra richiesta, non scaricati in piena luce da infami scafisti sulle nostre coste, spesso soccorsi e scortati da una Guardia Costiera targata CRI. Non importa se la disoccupazione è alta e si prospetta in vigorosa crescita: questa sanatoria, giustificata come “emersione del sommerso”, in realtà si configura come immissione di disperati pronti a tutto, per portare allo stesso livello gli italiani in cerca di lavoro: una sanatoria che sembra scritta da Confindustria. 

 


Renzi, ago della bilancia col suo mini-partito. “L’imputato (ministro Bonafede) è colpevole, ma lo assolvo per salvare il governo.” Un governo dannoso e inviso ai più, ma ben determinato a durare fino al 2023. Uno strazio

 

Mario Monti diceva – per una volta a ragione- che sono le crisi che portano i grandi cambiamenti, che altrimenti non siamo capaci di fare. Ma si presume che tali cambiamenti siano migliorativi e non accentuativi di una situazione ad elevata tensione sociale. 

Il capitalismo, oggi prevalentemente finanziario, è invece molto efficace nell’usare le crisi per peggiorare le condizioni delle classi più deboli, mentre ai livelli alti continua tutto come prima. L’abbiamo visto dopo la crisi del 2007: le regole della finanza sono rimaste le stesse, mentre fuori dalle Borse, per la gente, è stata un’ecatombe

Su una situazione già così deteriorata s’è abbattuta la sciagura coronavirus e, se i miliardari hanno visto ridursi i loro patrimoni di qualche miliardo, per chi vive del proprio lavoro è stata una mazzata dalla quale buona parte non si riprenderà più.

E il governo? Può ancora chiamarsi tale, e non tirannide, un governo che la maggioranza del popolo odia per averlo abbandonato al suo destino pur di attenersi a regole emanate da un organismo estraneo, ancor più lontano dai bisogni della gente?

Gli ingredienti per un moto popolare ci sono tutti, ma manca un coordinamento, una figura carismatica che sappia organizzare la defenestrazione del tiranno celato sotto i panni del buon padre di famiglia

Questa crisi andava affrontata di petto sul fronte monetario, mettendo nelle nostre tasche soldi a fondo perduto (“stampare moneta”, come ho sostenuto sin dal principio della pandemia), onde attraversare indenni questi orribili mesi di chiusure forzate. Oggi se n’è  accorta persino una nazione come la Germania, che quei fondi li ha sempre emessi in sordina per i tedeschi, avversando chi osava pensare di emularla. E adesso, di concerto con l’altro nostro grande nemico, la Francia, parla di € 500 miliardi a fondo perduto!

Meglio tardi che mai, qualcuno potrebbe dire. Ma forse è già troppo tardi, come l’ambulanza che arriva quando il ferito è morto. 

 


Nell’ottica di molti italiani, i membri dell’attuale maggioranza sono visti come usurpatori, al pari dei Proci di omerica memoria. La tela di Penelope evoca la lunga attesa della loro caduta, ad opera di Ulisse. Ma l’attuale Ulisse dov’è?

 

Bar, ristoranti, negozi hanno fatto lo sforzo di riaprire, mentre circa un terzo ha preferito vedere se ne valga davvero la pena, preso atto che questo governo punta alla chiusura dei dettaglianti a favore della grande distribuzione, snaturando così la vocazione italiana dei luoghi di ritrovo, incontro, convivialità, di contro all’anonimato dei centri commerciali, sulla scia della civiltà del drive in, made in USA.

Adesso ci troviamo con schiere di giovani e meno giovani alla ricerca disperata di un lavoro alternativo a quello spazzato via dal virus e dall’insipienza dei governanti. Nella loro ricerca, si troveranno a fronteggiare i 600.000 nuovi concorrenti, salvo quelli a libro paga delle varie cosche che in Italia non falliscono mai. Nel frattempo, ad averli in carico, vista la latitanza del governo, saranno le solite famiglie, grazie a quel poco che i “privilegiati” delle passate generazioni saranno in grado di offrire, pescando dalle loro pensioni, perlopiù di mera sopravvivenza. Ma sempre meno attività saranno in grado di pagare tasse e contributi su cui si reggono le pensioni. E allora il sistema imploderà su se stesso. Come accaduto, per motivi diversi, all’economia sovietica nel 1989. 

 

  Marco Giacinto Pellifroni 24 maggio 2020 

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