IN RICORDO DI RENZO MANTERO

IN RICORDO DI RENZO MANTERO

IN RICORDO DI RENZO MANTERO

La scomparsa di un uomo come il professor Renzo Mantero  è una grave perdita non solo per la nostra città, non solo per la medicina e la chirurgia italiana e, dati i suoi studi specialistici  nel campo delle tecniche operatorie della mano, anche internazionale; la sua scomparsa è una perdita anche per la cultura umanistica in generale e, in particolare, per gli studiosi di musica e di storia dell’arte, di tutta l’arte, da quella primitiva alla contemporanea, riletta seguendo il filo conduttore della maniera, e quindi del significato,  con cui vengono rappresentate le mani nei graffiti, nei dipinti, nei disegni e nelle sculture.

Renzo Mantero non si limitava a studiare, a curare e a operare le  mani malformate o deformate dall’artrosi o fratturate, restituendole alla loro funzionalità, e, nel caso di musicisti e artisti, alla loro maestria;  ma ne indagava anche la valenza simbolica e metaforica, semiotica e antropologica, con riferimenti alla mitografia e alla storia delle religioni. Era infatti ben persuaso che, come aveva detto già Anassagora nel V secolo a. C., “L’uomo è intelligente perché ha la mano”, e che l’abilità manuale interagisce con lo sviluppo dell’intelligenza, e viceversa. D’altronde basta scorrere i titoli di alcuni fascicoli della rivista “Manovre” da lui fondata e diretta dal 1979, e che costituiscono una preziosa documentazione raccolta e pubblicata  a cura della Fondazione Savonese per gli Studi sulla Mano, per rendersi conto dei temi e degli argomenti trattati: La mano del musicista 1 (1987); Toccare il colore (1988); La mano di Ajanta (1990); Mano e psiche (1991); La mano del musicista 2 (1993); La mano simbolo (1994); Verbrugge o le mani di Dio (1996); Le mani e il Cenacolo di Leonardo (2002)…Per dare un’idea della sua competenza di studioso riporto qui un brano tratto dall’articolo “Mani che parlano a Ajanta” (piccolo villaggio dell’India centro-occidentale, nei pressi del quale sono state scoperte nel 1817 ventotto grotte a diversi livelli su una parete di basalto quasi verticale): “L’uso dei gesti delle mani come linguaggio risale a tempi ben più lontani prima di Budda e si dice che Budda ne conoscesse già perfettamente l’uso per averlo appreso precedentemente. Questi gesti rituali, convenzionali, spesso di carattere religioso sono chiamati ‘mudra’. Quasi come ideogrammi, questi gesti possono rappresentare sia cose che idee…

Una mano alzata all’altezza del corpo e l’altra tesa in basso significa l’invito ad accordare un favore. Due prese di pollice affrontate, l’argomentazione. Una presa di pollice, la pura contemplazione. Il quarto dito contro il pollice e le altre dita distese, l’arma per opporsi a tutti gli attentati alla libertà. La mano destra aperta in alto e la sinistra in basso significa l’assenza di paura.
Il prof. Mantero

Tutti segni di meditazione, di contemplazione, di silenzio, che accompagnano il cammino spirituale verso la conoscenza perfetta, la liberazione dal desiderio e dalla  sofferenza, la beatitudine del nirvana”. Come si vede, Renzo Mantero, pur non professandosi credente,  era seriamente attratto dai simboli  e dai culti religiosi, infatti si autodefiniva “uomo di scienza interessato alle religioni”, ed era amico di sacerdoti come don Mario Genta e Giampiero Bof, con cui conversava volentieri soprattutto di musica e di musicisti. Conosceva bene anche il vescovo emerito savonese  monsignor G. B. Parodi, di cui ha lasciato scritto questo commovente ricordo: “L’ho visto poche ore prima che morisse. Era sereno, abbandonato sul letto bianchissimo della sua piccola cella, già in uno spazio lontano che ho provato a cercare. Ho sentito un gran vuoto, avrei voluto pregare. Seduto vicino a lui monsignor Lafranconi gli teneva le mani strette fra le sue in una preghiera muta che traspariva unicamente dal gesto. Me ne sono andato perché avevo sentito che la preghiera del vescovo era la stessa che mi attraversava la mente: ‘nelle tue mani, Signore, accogli il suo spirito’…”. Anche qui le mani, ma questa volta del buon Dio. E viene spontaneo pregare anche per lui, per il buon chirurgo guaritore di tante mani infortunate o deformate: nelle tue mani, Signore, accogli il suo spirito.

Fulvio Sguerso

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