In morte di Giorgio Girard, maestro di vita

 È spirato l’8 febbraio scorso “il professore”, come tutti lo chiamavamo, pilastro della più che ventennale associazione Domenica Est, che solo il Covid riuscì a spegnere, come ha spento anche lui, alla vigilia dei 91 anni.

Le nostre strade si incrociarono nel 1999, anno in cui, assieme alla comune amica Cristina Vecchiato, decidemmo, in comunità di intenti e di pensiero, di fondare quel sodalizio.

Secondo lo spirito del tempo, in Domenica Est convisse una molteplicità di visioni del mondo, tra cui quelle più conflittuali furono quella dualista, dominante sino a tempi recenti, e quella nichilista, oggi imperante.

Girard fu alfiere della seconda, pur alleggerita del dubbio, base di ogni sua asserzione, nella consapevolezza che la verità, se pure esiste, è confusa e sottratta al bagaglio dell’umano sapere.

Il suo insegnamento mi colse quasi sovrapponendosi alle mie radicate (fino al fondamentalismo) convinzioni ecologiche, che Girard vedeva come parte di un residuo dualismo, pur necessario nella vita pratica di ognuno di noi, ma in via di dissoluzione in un mondo senza più le bussole civili e religiose che, sino soltanto ad una o due generazioni fa, indirizzavano il nostro pensiero e i nostri comportamenti. 

La divergenza di fondo tra me e lui stava proprio nella mia convinzione che il dualismo avesse ancora la funzione di salvare il mondo, a dispetto dello spirito del tempo, scettico e nichilista, senza più credi né valori di riferimento, senza identità e senza confini. 

Giorgio Girard, “Il Professore” (1930-2021). Nonostante due lauree, in Economia e in Psicologia, e la cattedra di Psicologia a Torino, preferiva esser considerato un filosofo, per la sua predilezione verso questa disciplina

Riuscii, forzando la mia natura, a percorrere assieme a lui una parte del mio percorso, per poi rifluire nel mio irrinunciabile dualismo, oggi espresso nel mio considerarmi “sovranista”, oltre che ecologista. Inciso: il caso vuole che fosse spesso invitato alle nostre riunioni anche il comune amico Fulvio Sguerso, il cui anti-fascismo, che io vedo come retrò, cozza contro il mio credo ambientalista, specie sul tema migranti; e l’arena di Trucioli Savonesi ne è spesso testimone. Ed era la figura di Girard a fare da pontiere tra noi.  

Ora la domanda è se nello spirito del tempo si collochi maggiormente il pensiero di Girard, che vede anche i lati positivi del nichilismo, condensato nella sigla et-et, o non invece l’aut-aut del pensiero dualista, nel quale Girard annoverava, e io con lui, anche l’ambientalismo fatto di impianti e tecnologie. Sono due criteri antitetici, ma tuttora presenti in un mondo che da un lato privilegia le identità e le contrapposizioni nette, e dall’altro ne è intimorito, osservandone i frutti avvelenati: in passato le guerre di religione, oggigiorno un’umanità tumultuosa, pretenziosa e portata allo scontro.

Forse siamo nello stesso stato d’animo dei nostri antenati del Basso Impero, che trovarono rifugio in una pervadente spiritualità, salvando il mondo per oltre un millennio. Supereremo l’attuale orientamento verso l’autodistruzione con un’analoga fuga dal materialismo e dall’idolatria del denaro, magari con la discesa di un novello Messia? In Girard l’afflato religioso era ben presente, e verso i suoi ultimi anni dominante.

Dei tanti libri che Girard scrisse, i due che giudico più illuminanti e rappresentativi del suo pensiero sono stati “Psicologia debole”, che nel 1999 mi aprì al suo pensiero, “Nichilismo bifronte” e “Monos: liberare la morte dalla paura”. E non posso che additarli a quanti sono disorientati dalla direzione in cui questa civiltà sta procedendo; ma non per arrivare alle certezze, che Girard, da buon neo-scettico, non ha mai inteso proporre, bensì per meglio chiarire quali sono i termini dei conflitti di base che improntano le decisioni alle quali non siamo mai chiamati a prender parte e che pure condizionano ogni nostro singolo agire. 

Adesso lui sa se esiste davvero la vita dopo la morte; o non lo sa affatto, perché la vita muore con il corpo e torniamo nello stato in cui (non) esistevamo prima di nascere.

In ogni caso, grazie di essere comparso in questo mondo e di averci dato la possibilità di guardarlo sotto angolazioni diverse da quelle che pensavamo uniche.

 

  Marco Giacinto Pellifroni         14 febbraio 2021 

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