IL VOLTO DELLA MEMORIA (Diciasettesima parte)
IL VOLTO DELLA MEMORIA
(DICIASETTESIMA PARTE)
IL FUTURO DELL’ AREA-ACNA
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IL VOLTO DELLA MEMORIA
(DICIASETTESIMA PARTE)
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Come precedentemente convenuto, pubblichiamo, in data odierna, l’Articolo scritto da ALDO PASTORE in data 11 novembre 2010, avente per titolo
IL FUTURO DELL’ AREA-ACNA
Potrà rinascere, in essa, una nuova attività industriale o, comunque, produttiva?
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Poiché nessuno (come ampiamente previsto) ha risposto alla SERIE DI DOMANDE, che avevo posto in data 27 Ottobre 2010, cercherò, attraverso l’articolo odierno, di svolgere alcune considerazioni personali sul FUTURO DELL’ AREA-ACNA e, di conseguenza, fornire una risposta al quesito che, inizialmente, ci eravamo posti: E’ VERAMENTE CHIUSA L’ERA-ACNA?
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La mia risposta non può essere positiva per le seguenti motivazioni: 1°) Permangono notevoli carenze in tema di tutela dell’ambiente e, quindi, profonde incertezze sulla possibilità di insediamento di nuovi settori produttivi nell’area sottoposta ad intervento di bonifica. Vediamo, in proposito, quali sono le carenze individuate: A) NON E’ STATA EFFETTUATA LA PROCEDURA DI V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) in merito al PROGETTO di Messa in Sicurezza del sito. Non a caso, la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia; di conseguenza, non sarà possibile procedere alla Certificazione di Avvenuta Bonifica, prima che sia giunto a conclusione l’iter della procedura di infrazione; B) NON E STATO DEFINITO, CON ESATTEZZA, IL CONCETTO DI AREA-ACNA, la quale, a mio modo di vedere, deve abbracciare tutto il territorio che è posto lungo il Bormida e le circostanti colline, da Cengio sino a Cortemilia; al contrario, l’intervento di bonifica si è limitato unicamente all’area, a suo tempo, destinata alle attività produttive; C) Nel contesto dell’Area sottoposta ad intervento di bonifica, NON E’ STATA DEFINITA CON ESATTEZZA , LA ZONA DESTINATA AL RIUTILIZZO PRODUTTIVO rispetto a QUELLA UTILIZZATA COME DISCARICA, alla luce del fatto che, nel suolo, sono tuttora presenti Milioni di Metri di Rifiuti Industriali Tossico-Nocivi ed, in ogni caso, di Terre Contaminate; D) NON E’ STATA PRESA IN CONSIDERAZIONE LA DIRETTIVA COMUNITARIA 31/99, RELATIVA ALLE DISCARICHE, per effetto della quale, anche in caso di cessione del sito EX-ACNA a terzi, dovrà essere rispettato l’obbligo, a carico degli attuali proprietari (ossia l’ENI) di provvedere, a proprie spese e sotto la propria responsabilità, a tutte le attività di gestione post-operativa della Discarica;
E) NON E’ STATO MINIMAMENTE AFFRONTATO IL PROBLEMA DI UNO SMALTIMENTO, scientificamente corretto e conforme a Legge, DELLE NOTEVOLI QUANTITA’ DI AMIANTO, presenti nell’area; F) NON SONO STATI ASSOLUTAMENTE PRESI IN CONSIDERAZIONE INTERVENTI DI BONIFICA DEI TERRITORI POSTI LUNGO LA VALLE BORMIDA, né, tanto meno sono stati previsti RISARCIMENTI ECONOMICI DEI DANNI AMBIENTALI SUBITI. |
Ritengo, in conformità a quanto recentemente dichiarato dai Sindaci della Valle, che l’IMPORTO DEL DANNO AMBIENTALE, DOVUTO ALLA VALLE BORMIDA, DEVE ESSERE STABILITO CON URGENZA e nei termini stabiliti dalla Legge e dalle Direttive Europee e questo in virtù del fatto che chi ha inquinato deve provvedere al risanamento e ad un equo indennizzo. Aggiungo, per completezza di esposizione, che la quantificazione dell’entità del danno ambientale non dovrebbe essere di competenza del Commissario per la Bonifica, bensì di Tre Esperti, nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale, peraltro, non ha mai provveduto a rispettare questo preciso e doveroso impegno. |
G) Va precisato, infine, che la CESSIONE DELLE AREE EX-ACNA PUO’ AVVENIRE SOLTANTO DOPO CHE SIA STATA OTTENUTA LA CERTIFICAZIONE DI AVVENUTA BONIFICA, per cui, non essendo ancora stati emanati i provvedimenti attuativi sulle bonifiche (previsti dalla Parte Quarta della Legge 152/2006) in base al Decreto Ministeriale 471 del 1999, il completamento degli interventi di messa in sicurezza permanente e la conformità degli stessi al progetto approvato non possono comunque essere accertati, se non decorsi CINQUE ANNI dalla effettuazione del primo controllo. 2°) PERSISTONO TUTTORA DANNI PER LA SALUTE DEI CITTADINI DELLA VALLE BORMIDA. Sull’incidenza delle Malattie Professionali all’interno dell’ACNA di Cengio, mi sono soffermato lungamente nell’Articolo della scorsa settimana e, di conseguenza, non mi sembra necessario aggiungere ulteriori considerazioni. E’ opportuno, invece, riflettere sull’ INCIDENZA DELLE MALATTIE TUMORALI SULL’INTERA POPOLAZIONE (con relativi tassi di Mortalità) dei 19 Comuni Liguri Valbormidesi, nel periodo intercorrente tra il 1971 ed il 1979; la TABELLA 7 (che riporto) è tratta dalla Pubblicazione “MONITORAGGIO EPIDEMIOLOGICO” di Stefano Bonassi e Riccardo Puntoni dell’ IST di Genova, precisando che i dati, riferiti alla ZONA 1+3, interessano le zone periferiche (e, quindi, agroturistiche della Valle), mentre i dati, riportati alla ZONA 2 riguardano la ZONA INDUSTRIALE:
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Lascio il commento di questi dati ai due Autori, poc’anzi citati: “La situazione presentata dalla figura 7 ci fornisce la conferma delle reali differenze esistenti fra le due fasce della Val Bormida individuate in precedenza. In particolare il tasso di mortalità per tutti i tumori è più alto del 30 % nella fascia industrializzata. Non appaiono variazioni di rilievo fra i due sessi, mentre, per quanto concerne le singole cause di morte, le principali differenze appaiono per i tumori della mammella, dell’apparato urinario e dell’ apparato respiratorio, tutte malattie collegate ad un indice elevato di urbanizzazione e di industrializzazione.“ |
E più avanti: “Contemporaneamente agli interventi più generali fin qui descritti, sono state avviate indagini ad hoc su alcuni temi chiaramente individuati come priorità; nel nostro caso l’indagine più importante si riferiva al tumore della vescica Per indagare al meglio sulla diffusione e sui principali fattori di rischio per questa neoplasia è stato scelto l’approccio retrospettivo, realizzando uno studio caso-controllo di popolazione. Sono stati raccolti presso i reparti di urologia e di medicina di 9 ospedali dislocati in Val Bormida o nelle vicinanze 150 casi (23 femmine) di tumore della vescica, compresi i papillomi non specificati come benigni. Tutte le diagnosi sono state confermate istologicamente. I controlli in numero di tre per ogni caso, sono stati scelti fra la popolazione residente nei 19 comuni della Val Bormida. I fattori di rischio, presi in considerazione dal questionario, riguardavano l’occupazione, l’abitudine al fumo, il consumo di caffè, di dolcificanti artificiali e la residenza. Nessun risultato di rilievo è emerso a carico del caffè e dei dolcificanti, in buona parte per il numero ridotto degli esposti, mentre rischi elevati sono apparsi per i lavoratori di una fabbrica di coloranti in cui vi era esposizione ad ammine aromatiche e per i fumatori di sigarette. Di estremo interesse è stato la presenza di un aumento di rischio per i residenti, specialmente donne, nella fascia più industrializzata, rispetto agli abitanti della rèstante parte della Val Bormida.“ Qualche attento lettore potrà obiettare che i dati, riportati da Stefano Bonassi e Riccardo Puntoni, riguardano una determinata epoca storica (1971-1979) e, quindi, non sono più attendibili. Ma, mi permetto di replicare a questa possibile osservazione, attraverso tre ulteriori rilievi: 1) – Esistono tuttora nell’Ambiente ed, in particolare, nei terreni posti lungo le rive del Bormida ed all’interno di alcuni prodotti agricoli, sostanze tossico-nocive, potenzialmente cancerogene; 2) – il periodo di latenza, per l’evoluzione di una manifestazione tumorale, può essere quantificato in un arco di tempo oscillante tra i 25 ed i 30 anni, per cui esiste, purtroppo, la possibilità dell’insorgenza di una malattia neoplastica anche dopo l’abbandono dell’attività lavorativa e l’avvio del pensionamento; 3) – infine, sappiamo ancora poco, sotto il profilo scientifico, sulle mutazioni che queste sostanze tossiche, tuttora presenti nell’ambiente, potranno indurre sul patrimonio genetico delle future generazioni. Di conseguenza, il rischio cancerogeno può continuare a persistere , anche dopo la chiusura dell’ACNA, anche se, ovviamente, con minore frequenza ed intensità. E veniamo, quindi, a svolgere una breve, ma sentita CONSIDERAZIONE FINALE, che vuole dare una concreta risposta al TITOLO DI QUESTO ARTICOLO e, cioè, al FUTURO DELL’AREA-ACNA. Potrà rinascere, in essa, una nuova attività industriale o, comunque, produttiva? Malgrado tutto, carissimi amici, io voglio essere ottimista e fiducioso nel futuro; ma, per raggiungere questo positivo stato d’animo, dobbiamo ripartire da questo sintetico presupposto: “ La Valle Bormida può essere di insegnamento a tutti noi per una positiva visione del futuro. Si può ancora investire nella produzione industriale, nella coltivazione agricola e nella promozione turistica. Ma, per raggiungere questo ottimale obiettivo è necessario puntare ad un’autentica modernizzazione produttiva, che parta dall’impiego delle energie alternative per giungere ad un prodotto finale, senza produzione di scorie e di sostanze nocive; l’utilizzo non affaristico delle conoscenze scientifiche e delle moderne tecnologie può far raggiungere all’umanità del futuro questo utopistico obiettivo.” 11 Novembre 2010 Aldo pastore
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