Il ventennio senza fine

Il ventennio senza fine

Il ventennio senza fine

Dopo 20 anni Berlusconi è stato cacciato fuori dal Parlamento. Da una parte c’è sicuramente soddisfazione per la fine del percorso parlamentare di un tale personaggio, ma dall’altra bisogna tener presente che non cambierà molto. Si tratta solo di una questione di moralità e legalità, ma ricordiamoci che ci sono ancora decine di lobbisti che siedono ancora nei più alti scranni e tutti i suoi colonnelli e sodali.

 

La decadenza, dovuta per legge, sarà solo un mero atto simbolico, visto che il Caimano è il leader di assenze in Aula (si è visto solo per l’elezione del Presidente della Repubblica e per votare contro la mozione di sfiducia ad Alfano per il caso Shalabayeva), un atto per dichiarare che anche le Camere sono in grado di rispettare la legge.

Occorre una piccola ricostruzione dei fatti, per capire di cosa si parla, anche per i non addetti ai lavori e capire come e perché si è giunti a questo voto.

 

Ineleggibilità e decreto Severino

“Mr. Berlusconi” (cit. di una delirante conferenza stampa di pochi giorni fa) è risultato eletto in Molise. La Giunta per le Elezioni doveva avviare l’istruttoria per l’ineleggibilità di B., visto che concessionario di frequenze pubbliche, come previsto dalla legge 361 del 1957. Mentre la Giunta si stava avviando a contestare la convalida dell’elezione di Mr. B., ecco che a luglio la Corte di Cassazione, condanna definitivamente l’ex-premier a 4 anni di reclusione (di cui 3 coperti da indulto) per il reato di frode fiscale, rinviando alla Corte d’Appello solo il ricalcolo della pena accessoria, l’interdizione dai pubblici uffici, che dovrebbe essere più bassa dei tre anni previsti dalla sentenza dei giudici di secondo grado. E qui entra in gioco il decreto Severino, decreto legislativo emanato dal governo sulla base di una legge di delega approvata dal Parlamento. Legge delega che era addirittura un testo a prima firma di Alfano. Quel Parlamento approvò ad ampia maggioranza quella legge di delega, e nel contenuto era previsto che il governo (all’epoca c’era Monti) emanasse norme per dichiarare incandidabili i parlamentari che abbiano contratto una condanna definitiva la cui pena è superiore due anni. E questo è il caso del frodatore fiscale.

La legge, in disposto coi regolamenti parlamentari, prevede che le camere prendano atto immediatamente della sopraggiunta causa di incandidabilità e dichiarino decaduto il senatore o deputato che sia. Stessa cosa vale per consiglieri comunali, provinciali, regionali.

 

Per questo motivo si è avviato l’intero iter che mercoledì ha portato alla decadenza del senatore più assenteista e lobbista d’Italia.

 

Decadenza, un atto dovuto

Così la Giunta delle Elezioni del Senato ha avviato l’iter per contestare la convalida dell’elezione di “Mr. B.”, decadenza dovuta per legge, ed in quanto tale, non necessaria di approfondimenti e valutazioni politiche, ma di una presa d’atto.

La Giunta avrebbe dovuto:

 

verificare, che la sentenza trasmessa dalla Cassazione risponda a quanto previsto dal decreto Severino;

 

prendere atto, che è proprio così;

proporre all’Aula il rispetto della legge, ossia la decadenza;

Tutto questo ha subito rallentamenti vari per via del centro-destra, che arrampicandosi sugli specchi ha cercato gli appigli più illogici ed insensati.

 

In primo luogo hanno posto questioni come l’illegittimità costituzionale della norma in quanto pone una norma penale retroattiva (violazione del principio di irretroattività della norma penale), secondariamente hanno posto rilievi sulla questione che la sentenza non era ancora passata in giudicato, che c’erano nuovi elementi per riaprire il processo, che “tanto ci sarà a breve la nuova determinazione dell’interdizione dai pubblici uffici” e quindi di aspettare quello.

 

Peccato che nessuna delle scuse abbia fondamento, per i seguenti motivi.

 

1- La legge Severino è costituzionale, in quanto rispondente agli articoli 3, 48, 51, 65 e 66 della Costituzione. In soldoni è prevista una limitazione del diritto di voto e dell’accesso a cariche elettive, tramite legge, per effetto di sentenze penali irrevocabili o casi di indegnità morale. Inoltre la legge dispone dei casi di ineleggibilità, incandidabilità ed incompatibilità col mandato parlamentare e le Camere giudicano sulle precedenti cause sopraggiunte. E soprattutto l’uguaglianza di fronte alla legge per tutti i cittadini. Costituzionale perché la Corte Costituzionale, con sentenza 118 del 1994, giudicando sulla legge n. 16 del 1992, sulla capacità degli Amministratori locali e regionali di mantenere od assumere la carica, sancisce proprio che il principio di indegnità morale può tranquillamente riguardare reati compiuti precedentemente all’entrata in vigore della legge.

 

2- La legge Severino non è una norma penale, in quanto non prevede fattispecie di reato, né inasprisce o allevia quelli esistenti. Questo provvedimento è una norma che sancisce presupposti per essere eletti e, conseguentemente, mantenere la carica. E l’indegnità morale è un presupposto per limitare l’elettorato passivo. Proprio per questo non si può dire che viola il principio di irretroattività della legge penale. Si può riassumere semplicemente così: la legge dice che “chi è in queste condizioni non può essere parlamentare”. La legge sancisce un requisito per l’accesso all’ufficio di senatore o deputato, che venuto meno ti impedisce di mantenere la carica. Semplifichiamo ulteriormente: se non hai più i requisiti per ricoprire un ruolo, una carica, perdi il diritto di mantenerla. Così è ovunque. Ma in Italia c’è una bassa sanzione sociale e si cerca sempre di arrampicarsi sugli specchi per aggirare le leggi dello Stato.

Ma si sente dire da i berluscones che “si doveva ricorrere alla Consulta”. Come già detto la legge è legittima e rispondente dei principi costituzionali, ma soprattutto un eventuale ricorso alla Corte Costituzionale sarebbe stata da psicopatici, in primo luogo perché, appunto, si può desumere tranquillamente la legittimità di tale norma, secondariamente perché è stato il Parlamento a legiferare, delegando al Governo l’emanazione e la messa a punto del provvedimento, secondo principi, criteri e paletti temporali fissati dalle Camere tramite la legge delega. Il Parlamento ricorre alla Consulta per una norma che ha voluto lui? Lo strumento più logico è che le Camere modifichino la legge in oggetto, se la ritengono incostituzionale, inadatta, errata o altro. Poi si può anche disquisire sul fatto che la Giunta delle Elezioni sia un vero organo giurisdizionale. Questo è un dibattito ancora aperto in dottrina, ma siccome si tratta semplicemente, in questo caso, di una presa d’atto di fatti avvenuti e rispondenti alla legge, non sta operando come organo giurisdizionale, ma appunto valuta solo la regolarità della composizione del Senato in seguito a ciò che dice la legge. Pertanto, non essendo un vero e proprio giudice, non ha alcun titolo per sollevare il giudizio per via incidentale di fronte alla Corte Costituzionale, facoltà concessa solo in corso di un giudizio di fronte ad un organo giurisdizionale. Qua la dottrina è abbastanza divisa, ma fu la stessa Giunta (composta da Senatori, quindi non terza), nel 2009, a riconoscere che, non essendo appunto giudice terzo, non può qualificarsi come giudice a quo e quindi ricorrere alla Consulta. Consulta che, ci tengo a sottolinearlo, non esprime “pareri”, ma emette vere e proprie sentenze.

 

Voto palese o segreto

Il regolamento del Senato sancisce che le votazioni riguardanti le persone devono avvenire per scrutinio segreto. La Giunta del Regolamento si è riunita ed ha valutato che, non essendo un voto riguardante la persona, ma una presa d’atto di una variazione della regolare composizione della camera alta, si potesse votare palesemente e non fosse applicabile il voto segreto. I sodali di “Mr. Berlusconi” hanno attaccato il mondo e il Presidente Grasso, sostenendo che il parere della Giunta avesse modificato il regolamento. In realtà è stato proprio applicato il regolamento, visto che la Giunta non esprime solo i pareri sulle modifiche da attuare, ma, soprattutto, dice al Presidente COME interpretare il regolamento qualora vi siano dubbi. E questo è stato uno di quei casi: ha detto al Presidente Grasso che la proposta avanzata dal M5S ed appoggiata in seguito da SEL e PD, riguardante l’applicazione del voto palese, era legittima in quanto non ricade nei casi previsti per il voto segreto e, conseguentemente, questo non è applicabile.

Così il B. è finalmente fuori. L’uomo che ha usato per anni lo Stato a suo uso e consumo, che ha infettato ogni settore del Paese, dalla PA, alle aziende private, passando per le TV, le banche, le assicurazioni, la cultura, la scuola, l’economia, la finanza, la giustizia, grazie all’immobilismo ed alla complicità del centro-sinistra, grazie ai D’Alema, ai Veltroni ed ai Violante (sentire questo discorso). Solo in Italia, dove non esistono leggi sul conflitto d’interessi, dove non fa scandalo che l’amico di Mangano diventi quattro volte capo del governo, dove non sorprende che i suoi amici Dell’Utri e Cosentino siedano alle camere (ora non più), dove non ci si inalbera se l’amico di Craxi finisca per controllare il Paese intero tramite aziende, uomini, corruzioni e media. L’altro giorno è stata restituita un minimo di dignità e legalità allo Stato, ma non è finita. I germi di Berlusconi sono ovunque: sono in Parlamento, dove siedono gli Schifani, i Formigoni, i Fitto, i Nitto Palma, solo per citare i suoi fedelissimi (poco conta la finta scissione). Siedono nelle partecipate pubbliche ad ogni livello. Le lunghe braccia del berlusconismo abbracciano il tessuto socio-economico e politico, sono ovunque. Non si debelleranno così facilmente. Disinfettiamo il Paese e ripristiniamo la legalità e la cultura di questo Paese! Non pensiamo che i mali dell’Italia si siano risolti così. La bonifica del Paese è appena cominciata!

Manuel Meles

 il cittadino frustrato

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.