Il reddito svela l’allarme dei salari da fame

IL REDDITO SVELA L’ALLARME
DEI SALARI DA FAME
 Il provvedimento gialloblu può piacere o meno, ma ha reso palese la situazione gravissima dei lavoratori sottopagati

 

IL REDDITO SVELA L’ALLARME DEI SALARI DA FAME

Il provvedimento gialloblu può piacere o meno, ma ha reso palese la situazione gravissima dei lavoratori sottopagati. A milioni, anche al nord, campano con meno di 780 euro al mese, quanto garantisce la misura. E la sinistra? Si lamenta dei migranti esclusi

 

Il vero problema non è il reddito di cittadinanza troppo alto. Il vero problema sono gli stipendi troppo bassi. L’ assalto all’ arma bianca scatenato da qualche giorno contro il provvedimento del governo gialloblù ha avuto un effetto paradossale: ha scoperchiato la vera piaga nascosta del Paese, che non sono i provvedimenti a 5 stelle per chi non lavora. Quanto, piuttosto, le retribuzioni a 5 stalle di chi lavora.

Che cosa è successo? Semplice: si sono moltiplicati nelle ultime ore, da Confindustria agli esponenti della sinistra, i lamenti di chi attacca i 780 euro al mese, perché sarebbero sproporzionati, cioè eccessivi, rispetto alle paghe di chi fatica per 8 ore al giorno. «Scoraggiano a lavorare», è la nuova formula magica dell’Armata No Reddito di Cittadinanza, sezione Feddayn del Forza Povertà. E perché scoraggerebbero a lavorare? Ovvio, dicono costoro: se io posso guadagnare 780 «facendo nulla» perché dovrei sgobbare 40 ore alla settimana per prenderne 750 o anche meno?

 


 

Domanda interessante, si capisce. A prima vista anche convincente. Ma solo per chi ha il paraocchi. Se uno il paraocchi se lo toglie, infatti, non può fare a meno di vedere che essa nasconde un problema più grande. La si può pensare come si vuole sui 780 euro al mese per tutti; si può anche essere ferocemente contrari, ideologicamente sgomenti, idealmente nauseati o semplicemente scettici, ma risulta evidente che quel «scoraggiano a lavorare» è la foglia di fico di una vergogna italiana.

Quasi un’emergenza nazionale, che per altro ben poco ha a che fare con il reddito di cittadinanza. Stiamo parlando, ovviamente dell’Asdaf, cioè l’ Allarme Stipendi Da Assoluta Fame, drammatica malattia mortale della nostra economia. Evidenziata, paradossalmente, proprio da coloro che questo virus hanno contribuito a diffonderlo. E che ora fingono di esserne vittima.

Preso, infatti, dalla furia anti reddito di cittadinanza e dall’ ansia di dimostrare che 780 euro sono davvero troppi, Il Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria, è andato a pescare i dati dell’ nps sulle retribuzioni. E così ha scoperto e stampato in color salmone che il 37,5% dei lavoratori al Sud, cioè oltre uno su tre, prende meno di quella cifra. Ma non è solo un problema meridionale: guadagnano meno di 780 euro al mese 27 lavoratori su 100 nel Centro Italia e anche 21 su 100 nel Nord.

 


 

In pratica ci sono quasi 4 milioni di italiani che tutti i giorni vanno a faticare, regolarmente (si fa per dire) retribuiti, magari si spaccano la schiena sotto il sole in autostrada o davanti a una cassa del supermercato, e alla fine del mese portano a casa meno di quello che, secondo l’ Ocse, è il salario minimo che consente di uscire dalla povertà. Vogliamo farci qualche domanda, oppure continuiamo a giocare al tiro al navigator, che va tanto di moda?

Lo ripeto: si può anche avere una pessima opinione del reddito di cittadinanza, si può ridere della tessera numero uno, si può pensare il peggio possibile dei centri per l’ impiego e della possibilità di riformarli, ma tutto ciò, a questo punto, passa in secondo piano di fronte ai drammatici dati della realtà portati alla luce dalla polemica. E cioè che le retribuzioni sono troppo basse. Non consentono una vita dignitosa. Non consentono alla gente di spendere, di rilanciare un po’ i consumi e con essi l’ economia.

Il fatto assurdo, per altro, è che tutti coloro che in queste ore hanno parlato al riguardo, cioè esponenti della sinistra ex sindacalista (Valeria Fedeli), liberal europeista (Carlo Calenda) o cattolico sociale (Alleanza per la Povertà), si sono scagliati contro il reddito di cittadinanza, adducendo come motivazione fondamentale la seguente: chi non lavora in Italia deve restare povero, perché di fatto in Italia resta povero anche chi lavora. Posizione intelligente, non vi pare?

Viene addirittura il sospetto che tanta acrimonia nei confronti del reddito di cittadinanza sia dovuta proprio al fatto che svela la magagna del sistema produttivo italiano, e cioè il fatto che i lavoratori sono sottopagati, come aveva già denunciato uno studio dell’ Ocse di qualche mese fa. E come dimostrano le continue irruzioni della realtà nella cronaca, dove si parla (ma con tanto pudore, un po’ nascondendo le notizie) di call center con lavoratori pagati 33 centesimi l’ora o di retribuzioni del 20 per cento inferiori a quelle stabilite dai minimi contrattuali.

E allora si capisce lo sgomento degli industriali di fronte ai 780 euro al mese previsti dal provvedimento del governo: adesso come faranno a darne di meno a uno che lavora 40 ore alla settimana? Il fatto è che è sbagliato darne di meno a uno che lavora 40 ore alla settimana, per quanto la sinistra non se ne accorga (troppo impegnata a fare appelli pro migranti e pro Europa) e il sindacato nemmeno (troppo impegnato a fare appelli pro migranti e pro Nicolás Maduro).

Questione di priorità, non vi pare? Il sospetto è che avanti di questo passo, con altre critiche così argomentate, i Combattenti No Reddito di Cittadinanza, sezione Brigate Forza Miseria, ce la faranno alla fine a rendere la misura dei 780 euro accettabile anche agli occhi dei suoi più fieri avversari. Ci avete fatto caso?

Oltre all’ imperdibile «il reddito di cittadinanza non va bene perché scoraggia i lavoratori che vorremmo continuare a sottopagare in santa pace», le altre obiezioni emerse nelle ultime ore sono: 

a) il reddito di cittadinanza non va bene perché non lo prendono nemmeno tutti gli immigrati (Caritas); 

b) il reddito di cittadinanza non va bene perché non lo prendono i senza fissa dimora (Comunità Sant’ Egidio); 

c) il reddito di cittadinanza non va bene perché esclude il 25% dei poveri, cioè raggiunge il 75% di essi (Ufficio parlamentare di bilancio). 

Tutte obiezioni assai acute, ma che rischiano per l’appunto di far apparire il provvedimento anche migliore di quello che è.

Davvero non va agli immigrati? Nemmeno a irregolari e clandestini? E neppure ai senza fissa dimora? Uno deve per forza mettersi in regola? Davvero? E raggiunge addirittura il 75% dei poveri? E magari costringe pure Confindustria a ragionare sulla «questione salariale»? Avanti, ancora un paio di attacchi così e i Combattenti Paghe da Fame avranno raggiunto il loro obiettivo: convincere il 100 per cento degli italiani che il reddito di cittadinanza, in fondo in fondo, non è così male.

MARIO GIORDANO La Verità

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