Il libro del mese
IL LIBRO DEL MESE: È FINITO IL NOSTRO CARNEVALE
Il romanzo dei campionati mondiali di calcio
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IL LIBRO DEL MESE: È FINITO IL NOSTRO CARNEVALE Il romanzo dei campionati mondiali di calcio |
Fabio Stassi |
Saranno almeno due anni che desideravo presentare questo piacevolissimo romanzo, ma ho rinviato fino ad oggi per farlo coincidere con i campionati mondiali di calcio del 2010. Perché “È finito il nostro carnevale” di Fabio Stassi (2007, Minimum fax editore), quarantottenne siciliano trapiantato nel Lazio, racconta, attraverso le peregrinazioni dell’io narrante all’inseguimento della mitica coppa Rimet, anzi, della “Diosa”, come viene definita nel libro – abbreviazione per Diosa de la Victoria cioè Dea della Vittoria in spagnolo, – la storia dei campionati mondiali di calcio dalle origini fino all’assegnazione definitiva della coppa. |
Conoscete la storia della coppa Rimet? Negli anni ’20 il francese Jules Rimet, colpito dal successo della disciplina calcistica alle olimpiadi, volle organizzare una manifestazione esclusivamente dedicata a questo sport e come premio commissionò una coppa d’oro, trentacinque centimetri di altezza per un chilo e mezzo di peso “sopra una base di pietre preziose, quattro chili di peso in tutto”, che sarebbe stata definitivamente assegnata alla prima nazionale capace di aggiudicarsela per tre volte. Occorsero 40 anni esatti perché ciò accadesse, dalla prima edizione datata 1930 e vinta dall’Uruguay alla nona edizione datata 1970 e vinta dal Brasile, il paese che, appunto, si portò a casa il trofeo. Purtroppo nel 1983 la Rimet venne rubata tra la costernazione popolare e non fu mai più ritrovata. Le autorità carioca accusarono alcuni trafficanti di droga di averla presa per fonderla e rivenderne l’oro allo scopo di finanziare le proprie attività illegali. Ma reale o no che sia il fatto, in letteratura, dove tutto è possibile, la verità può sempre diventare un’altra. Il protagonista del romanzo è così l’immaginario autentico autore del furto, tal Rigoberto Aguyar Montiel, brasiliano di nascita e nel cuore ma d’origine cosmopolita, perdutamente innamorato della bellissima Consuelo, che nell’intreccio è l’ipotetica modella della figura femminile rappresentata nell’oro della statuetta. La trama racconta che Consuelo sarebbe stata assassinata e sciolta dallo scultore per utilizzare i suoi resti nello stampo dell’oro e trasfondere così nella statua qualcosa della sua essenza vitale. Rigoberto, addolorato e disperato per la perdita di Consuelo, intuendo quale verità nasconda il fascino profondo dell’opera realizzata, decide di far sua la statuetta a ogni costo e la insegue in giro per il mondo, seguendo tutti i campionati mondiali di calcio da giornalista sportivo e risiedendo nelle città in cui la coppa viene conservata tra un mondiale e l’altro, sempre in attesa di trovare l’occasione buona per trafugarla. E con il trascorrere degli anni finisce per trasferirsi stabilmente in Brasile, dove diventa uno scopritore di talenti, decisivo artefice dietro le quinte dei grandi successi carioca nell’era dei Garrincha e dei Pelé. |
Così, attraverso gli occhi di Rigoberto, riviviamo tutte le prime nove edizioni del mundial, dall’originaria e ancora pionieristica avventura uruguayana alla seconda del 1934 della tronfia propaganda fascista “Ci diede istruzioni precise: dire bene del gioco maschio e delle squadre che lo praticavano, criticare i paesi che avevano declinato l’invito, mettere in evidenza la perfetta macchina organizzativa del regime e accennare, tra le righe, alle esemplari doti atletiche e virili del duce”, che pretendeva il successo a riprova della superiorità italica sul mondo. |
Si passa quindi per il bis in terra di Francia quattro anni dopo per approdare poi alle edizioni post seconda guerra mondiale, a partire da quella del lutto nazionale brasiliano, quando la regina del football, già sicura della vittoria, si vide sfilare la coppa in casa in finale dall’Uruguay, nel silenzio di tomba dell’intero stadio. Ed è bravo, Stassi, perché sa farli rivivere per davvero, gli episodi descritti: “Un ragazzo di venticinque anni, un metro e sessantacinque per sessantanove chili, su passaggio di Ghiggia, la sua ala destra, segna il pareggio. Juan Alberto Pepe Schiaffino. Il Dio del fùtbol, scrissero su tutti i muri a Montevideo. Sento ancora la penna che mi trema tra le mani. Nonostante il gol, il risultato per noi si mantiene favorevole. Ma il Brasile non si lascia prendere in giro da nessuno. Il Brasile è livido di collera, come un toro offeso. Un toro più stupido di un mulo. Corre un rischio mortale tre minuti dopo. Lo registro diligentemente sul taccuino ma non serve a niente. Il Brasile continua a gettarsi scriteriatamente all’attacco. A undici minuti dalla fine Schiaffino finta elegantemente sulla tre quarti. Somigliava a Errol Flynn, con le sue movenze da attore e la brillantina tra i capelli. Varela negli spogliatoi gli aveva detto che quella non era una sfilata di moda, quella era la finale della coppa del mondo, por la gran puta. Nessuna risposta, solo un cenno veloce degli occhi. Nella ripresa, Schiaffino entrò tre volte da criminale sulla gamba di un avversario, promosse un accenno di rissa, e ora, dopo aver segnato la rete del pareggio, stava per passare la palla a Ghiggia. Ne seguii la traiettoria come una sentenza. Sapendo che non si può cambiare la geometria delle cose, quando si mettono storte. Ma la si deve imparare, per riconoscerla. Ghiggia riceve. Tiro. Goal. Uruguay due. Brasile uno.” Quindi la storia prosegue con i mondiali del ’54, quelli della mitica Ungheria (comunista) dei grandi Puskàs e Kocsis e della Germania vincitrice perché dopata in blocco, fino ad approdare all’edizione del 1970, passata alla storia nostrana per la mitica semifinale vinta 4 a 3 sulla Germania e per i sei tardivi minuti giocati da Rivera nella finale vinta dal Brasile di Pelè per 4 a 1. Tuttavia non di solo calcio si parla in È finito il nostro carnevale. Infatti, questo libro è anche una fantasmagorica cavalcata in quarant’anni di storia con la S maiuscola, dalla guerra di Spagna alla seconda guerra mondiale, dai carri armati in Ungheria al maggio francese del ’68 e passando per giunta attraverso mirabolanti incontri con numerosi personaggi illustri, da Ernest Hemingway a Jango Reinhardt, da Charlie Chaplin alla ragazza di Ipanema “…se non avessi incontrato una ragazza di Ipanema. Non una ragazza qualsiasi. Forse sarebbe meglio dire la ragazza di Ipanema.” Un bellissimo e scorrevole romanzo ricco di fantasia e inventiva, da leggere sulla sdraio durante queste settimane del mondiale sudafricano, divertendosi magari a fare raffronti tra quegli anni e l’oggi. A proposito dell’oggi. Se non prendo lucciole per lanterne, la coppa attualmente in palio, scolpita dall’artista italiano Cazzaniga, sarà a sua volta definitivamente assegnata alla nazione capace di vincerla per tre volte. A quota due per ora ci sono Argentina, Germania, Brasile e Italia. Se una di queste quattro nazionali trionfasse la porterebbe a casa per sempre o almeno fino al prossimo furto. Se a riuscirci fosse la vecchia e malconcia Italia, scalcagnata e priva di fantasia (leggi Fantantonio Cassano, l’unico in grado di far sognare) di quest’anno sarebbe un miracolo e io non ci credo, anche se non si sa mai. Tolta l’Italia, non so voi, ma io non ho tutta questa fretta di vedere la coppa del mondo accasarsi. Tiferò quindi per un paese finora mai vincitore, tipo Spagna o Olanda. Non si vede perché, infatti, il mondiale debba sempre essere un affare riservato a pochi (sette) intimi, in passato talvolta pure pilotati al successo. E poi la prossima edizione brasiliana coinciderà con il secondo quarantennale in cui c’è una coppa in palio e con i corsi e i ricorsi della storia vuoi vedere che sarà il 2014 l’anno dell’assegnazione definitiva? Saluti. Massimo Bianco
N.B. Siamo giunti alla ventiquattresima puntata della rubrica “Il libro del mese”. Oltre alla presente recensione, potete trovare all’interno del mio spazio personale (Massimo Bianco) reperibile sul catalogo per autori, solo le ultime 3 puntate pubblicate, ma cercando nel vecchio archivio di Trucioli (all’epoca apparivano però per una sola settimana, non l’intero mese come ora) o facendovi aiutare da Google, si possono reperire anche le altre 20, nelle quali ho segnalato numerosi autori del passato e del presente, da Joao Guimaraes Rosa a Stieg Larsson, da Orhan Pamuk a Luciano Bianciardi, da Gianrico Carofiglio a Valerio Evangelisti e Walter Tevis, con in più 3 brevi monografie dedicate a Osvaldo Soriano, Stanislaw Lem e Giorgio Scerbanenco. Di nuovo i miei saluti.
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