il Foro di Cuenca

Una lettura da una fonte storica originale. (prima parte)
 
“Principium sine principio, finis sine fine,
Praesidium fer, more pio, deus unice trine…”

Una lettura da una fonte storica originale. (prima parte)
 
“Principium sine principio, finis sine fine,
Praesidium fer, more pio, deus unice trine…”

Insomma, questo delizioso Codice civile/penale, di procedura civile/penale  della cattolicissima Cuenca parte proprio con una “Prefatio” che invoca il buon Dio per regolamentare misere controversie terrene. L’ho trovato, non facilmente, in una biblioteca numerica che segnalo volentieri…LEGGI

Non è infatti facile trovare questo delizioso testo di cui Georges Duby in “L’Europa del Medioevo” (Garzanti, Milano, 1987)  ci dà un’anteprima antologica con alcuni tra i vari articoli già tradotti (ovviamente in Italiano da testo Francese). Ma leggerli nell’originale, dall’inizio alla fine, è tutta un’altra esperienza, specie  per chi ama soltanto “leggere” fonti originali senza preconcetti introdotti, spesso, suo malgrado, dallo “Storico professionista”. Ma leggiamolo insieme questo codice.

Meraviglia la “modernità”, ad esempio,  con cui in caso di separazione tra moglie e marito (cap. X, art. 8) questi debbano egualmente spartirsi in modo equo, qualunque cosa acquistata congiuntamente e null’altro. Sembra che tra donna e uomo ci sia una parità sorprendentemente al di fuori da alcuni schemi medievali. Mi viene persino il dubbio che “De separatione uxori et mariti” non vada preso alla lettera o che ho tradotto male. E la condizione medievale della donna sempre magistralmente descritta dallo stesso Georges Duby ne “I peccati delle donne nel medioevo”? Qualcosa mi turba a proposito di questa “parità”. Andiamo avanti nella lettura all’articolo precedente …(X, 7) “Si pater aut mater filium perversum habuerit …” anche qui sembra d’essere (salvo il tempo del verbo, al singolare) in una modernità incredibile. “Se un padre o una madre si ritrovano un figlio perverso, … (omissis) … lo tengano rinchiuso o legato affinché diventi mansueto o riacquisti la salute …”. Salvo il verbo usato al singolare in tutto l’articolo sembrerebbe proprio che in ambito del “Diritto di Famiglia” ci sia poco di nuovo sotto al sole. Fatti salvi i metodi educativi dei figli che si sono fortunatamente evoluti.

Qualche guaio arriva quando si arriva al libro XI dove sono trattati i delitti contro la persona e  contro la morale dove l’aspetto della violazione di una certa morale gioca un ruolo importante. Qualche esempio per chiarire le idee.

(XI, 36).  Di quello che ruba gi abiti di una donna al bagno.

“Chiunque rubi gli abiti di una donna in balneazione, o che la spogli, paga trecento pezzi: se negherà e la postulante (nel testo il termine “postulante” è al maschile) non potrà confermarlo, giuri con dodici vicini e sia creduto. Ad eccezione di una pubblica puttana che non ha diritto a risarcimento.”. Trecento pezzi erano una bella cifretta, poco inferiore ai 500 pezzi da pagarsi per un violentatore di una monaca (se preso in flagranza).

Per non tediare il lettore con seni amputati, occhi cavati, arti fratturati diciamo subito che queste manchevolezze nei confronti del prossimo sono tutti sanabili con una manciata di monete. Insomma, con i vari “condoni edilizi” odierni si è riscoperto l’antico.

Nella seconda parte tratteremo dei delitti più gravi: quelli contro la morale. . Chissà perché mi ritornano in mente i “De Gravioribus delictis” di casa Trastevere…

Salvatore Ganci

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