Il dono di Renato Zero
IL DONO DI RENATO ZERO
E’ in corso a Roma, a La Pelanda in Piazza Giustiniani, a Testaccio, e durerà fino al 22 marzo 2015, la mostra “Zero”
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IL DONO DI RENATO ZERO |
E’ in corso a Roma, a La Pelanda in Piazza Giustiniani, a Testaccio, e durerà fino al 22 marzo 2015, la mostra “Zero”, in cui è possibile rileggere la carriera e passare in rassegna le trasformazioni e i travestimenti funamboleschi del “cantattore” e icona pop Renato
(Re-Nato) Fiacchini, in arte Renato Zero, che ha rischiato di morire appena nato, ed è sopravvissuto grazie a una trasfusione di sangue. Per il famoso cantante, ballerino e attore dalla multiversa personalità, una cosa certa tra tante incerte è che la vita è sempre un dono. Nella mostra, “una bussola traccia con i punti cardinali la ricerca di Dio, l’attenzione per gli Ultimi, la sua Roma, la sessualità. Un ragazzo diverso, bello e magnetico, un alieno vestito da se stesso, cappelli e tutine e colori nati dalla sua fantasia; una sessualità appunto mai definita (e ancora indagata in un sondaggio appeso alle pareti, non privo di ironia)…” (Marinella Venegoni, su La Stampa del 27 dicembre 2014). Renato Zero è autore anche dei testi delle sue canzoni, tra questi notevole è senza dubbio quello della canzone La vita è un dono del 2005: “Nessuno viene al mondo per sua scelta, non è questione di buona volontà. Non per meriti si nasce e non per colpa, non è un peccato che poi si sconterà”. E’ vero: nascere non è un peccato, non è una colpa da espiare (ed ecco eliminata la trasmissione del peccato originale), e tuttavia vivere non è possibile senza combattere: “Combatte ognuno come ne è capace. Chi cerca nel suo cuore non si sbaglia. Hai voglia a dire che si vuole pace, noi stessi siamo il campo di battaglia”; come dire che, anche quando non ci sono nemici esterni, c’è pur sempre da combattere contro quelli interni, che sono anche i più insidiosi e che possono farci morire togliendoci il respiro o facendoci impazzire. Eppure, malgrado tutto “Dovrebbe ringraziare chi si sente vivo”, cioè chi è ancora capace di provare emozioni e di ascoltare le ragioni del cuore: “l’amore sempre diverso che la ragione non comprende. Il bene che colpisce come il male, persino quello che fa più soffrire”, tutto è dono, tutto, anche il male. Qui però sarebbe il caso di distinguere tra il male che riceviamo e quello che provochiamo, perché se è vero che non siamo responsabili delle male azioni altrui, è anche vero che quello che consideriamo un bene per noi potrebbe essere un male per altri (senza contare il male che possiamo fare deliberatamente e gratuitamente per l’insano piacere di farlo); ad ogni modo: “Tutto ciò che vale veramente, che toglie il sonno e dà felicità, si impara presto che non costa niente, non si può vendere né mai si comprerà”. Certamente non si può comprare la felicità, nemmeno la serenità interiore, o la bellezza, o la sapienza, o il cielo stellato, o l’ispirazione poetica, men che meno l’amore. “E se faremo un giorno l’inventario sapremo che per noi non c’è mai fine. Siamo l’immenso ma pure il suo contrario, il vizio assurdo e l’ideale più sublime”. Siamo uno strano impasto di materia e spirito, di buio e di luce, di vita e di morte. “La vita è un dono legato a un respiro. Dovrebbe ringraziare chi si sente vivo”. Quel respiro che ci fa vivere non è solo l’aria che respiriamo ma anche, anzi, soprattutto, lo Spiritus che vivifica l’anima e che ci tiene in comunicazione con il divino e in mancanza del quale cadremmo subito nel nulla come tralci secchi staccati dalla vite. “Ogni emozione, ogni cosa è grazia, l’amore sempre diverso che in tutto l’universo spazia e dopo un viaggio che sembra senza senso arriva fino a noi”. Niente, dunque, per Renato Zero (come per Tommaso d’Aquino) avviene per caso, tutto ha un senso e tutto è grazia, cioè dono gratuito, anche se noi non possiamo comprenderlo data la nostra limitatezza spaziotemporale, linguistica e intellettiva. Quello che per noi non ha senso, ha senso agli occhi di Dio, che vedono ben oltre il nostro raggio visivo. Almeno così si spera.
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