Il divorzio secondo Gesù

Il divorzio secondo Gesù

Il divorzio secondo Gesù

 Stimolato dalle fini (e profonde) argomentazioni che sempre più spesso si sentono esporre quando si parla di abbreviazione dei tempi per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riflettevo sulla posizione monolitica e intransigente della Chiesa Cattolica che vede il “divorzio” come uno dei mali sociali maggiori. Sono così andato a rileggere la “trasposizione” di una parte del “discorso della montagna” che qui riporto dalla “Vulgata” (non posso riportare l’originale Greco attribuito a Matteo):

“Audistis quia dictum est antiquis : Non mœchaberis.28 Ego autem dico vobis : quia omnis qui viderit mulierem ad concupiscendum eam, jam mœchatus est eam in corde suo.29 Quod si oculus tuus dexter scandalizat te, erue eum, et projice abs te : expedit enim tibi ut pereat unum membrorum tuorum, quam totum corpus tuum mittatur in gehennam.30 Et si dextra manus tua scandalizat te, abscide eam, et projice abs te : expedit enim tibi ut pereat unum membrorum tuorum, quam totum corpus tuum eat in gehennam.31 Dictum est autem : Quicumque dimiserit uxorem suam, det ei libellum repudii.32 Ego autem dico vobis : quia omnis qui dimiserit uxorem suam, excepta fornicationis causa, facit eam mœchari : et qui dimissam duxerit, adulterat.”

Ragazzi, chi ha “tradotto” molto liberamente dal Greco, ci ha messo dentro un elemento del Diritto Romano. Il “libellus” ancora oggi è il termine che indica il deposito dell’equivalente del “ricorso introduttivo” (nel Codice Civile) per la richiesta di annullamento ecclesiastico del matrimonio “concordatario” (il “libello”, appunto).  Che Gesù, poco sopra, affermasse che non era venuto a cambiare la legge Mosaica farebbe supporre, alla ragione non violentata, che contemplasse effettivamente  il caso di “ripudio” (o divorzio). Per il significato di “moecha” c’è un bel carme di Catullo che toglie ogni dubbio sul significato. Ma “mentula moechat” di Catullo toglie ogni dubbio sull’argomento del contendere. Quel “excepta fornicationis causa” è tradotto recentemente (già dal Latino della Vulgata) in “eccetto che in caso di concubinato”. Questa è l’ultima “versione” della CEI. Una traduzione davvero convincente.  Che strano, il mio “latinorum” è arrugginito dai tempi del Liceo, però mi sbilancio candidamente a tradurre letteralmente: “eccetto il caso di fornicazione” (lasciamo ai “Linguisti” illuminarci sulla derivazione esatta del termine “fornicazione”). Cos’è? Si vuole dare ad intendere che una unione non sancita dal sacro vincolo del matrimonio può ammettere una disgiunzione tra i concubini?

In conclusione:  Gesù contemplava un “divorzio” che fosse più  “giusto” per la donna rispetto al ripudio della Legge Mosaica. Perché, dunque, la posizione della Chiesa è stata ed è così intransigente quando un suo stesso testo “sacro” qui riportato originalmente lo prevede? La risposta la lasciamo alla ragione.

 

Salvatore Ganci

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