Il cibo del futuro
L’avvenire che ci attende 8ª parte
IL CIBO DEL FUTURO Prima parte
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L’AVVENIRE CHE CI ATTENDE
8ª parte
IL CIBO DEL FUTURO Primo capitolo |
Ripropongo, ai miei carissimi amici lettori, le due domande, fatte a proposito dell’argomento acqua:
Anche in questa parte della nostra pubblicazione (così come fatto per la parte riguardante alla risorsa acqua), anticipo la risposta: La terra, così com’è, e come può essere modificata con prudenti, appropriate ed amorevoli tecnologie, può dare pane e cibo a tutti i terrestri, ma solo a condizione che l’umanità sappia affrontare ed accettare profonde trasformazioni culturali scientifiche e soprattutto politiche. Nelle parti successive di questa pubblicazione, cercherò di dimostrare come è possibile pervenire a questo futuribile risultato. Di conseguenza, affronterò l’argomento odierno (il cibo del futuro) suddividendolo nelle seguenti successive parti
IL FABBISOGNO ALIMENTARE DELL’UOMO
Ripropongo integralmente quanto da me scritto nell’aprile 2004 (Pubblicazione “SCIENZA E UTOPIA” pagina 82 seguenti) L’organismo umano è una “macchina” che, per funzionare, ha bisogno di una certa quantità di energia e di altre componenti (le proteine, i sali minerali, le vitamine), capaci di tenere in efficienza il processo di combustione. I fisiologi hanno indicato esattamente di quanta energia, di quante proteine e di quante altre sostanze, il corpo umano ha bisogno, nelle varie fasi della crescita e della maturità ed, inoltre, quando egli si trova in una condizione di sostanziale stasi motoria o, viceversa, quando egli è impegnato in una attività lavorativa di qualsiasi tipo. In dettaglio, possiamo affermare quanto segue:
A) L’ENERGIA, come è ben noto, si misura in calorie ed il minimo fabbisogno energetico alimentare umano giornaliero ammonta a circa 2.500 Kilocalorie (Kcal), per un valore che, in cifra tonda, corrisponde a circa 900.000 Kcal all’anno per persona (912.500 Kcal, per la precisione). Occorre, tuttavia, premettere che le norme internazionali prescrivono che l’energia si misuri in unità – Joule (J), precisando, che una Joule equivale a 0,23 calorie (con tutti i relativi fattori multipli). Leggendo attentamente le etichette dei prodotti alimentari in commercio, dovremmo trovare indicato, a norma di legge, il “contenuto energetico“, espresso sia sotto forma di calorie, sia sotto forma di Joule. Ora: l’energia necessaria all’uomo è fornita da varie sostanze chimiche, presenti negli alimenti vegetali ed animali. A titolo di esempio, riporto il “valore energetico” di alcuni ingredienti alimentari, espresso in Kilocalorie per Kilogrammo di sostanza:
I prodotti agricoli, di interesse alimentare per l’uomo, hanno un “valore energetico”, che dipende dalla presenza e dal quantitativo, più o meno grande, degli ingredienti sopra citati (oltre che del contenuto in acqua). Consideriamo, allora, che il 65% circa delle sostanze energetiche, teoricamente utilizzate dai 6 Miliardi di abitanti della Terra è fornito dai cereali (frumento, mais, riso, orzo, avena, miglio e pochi altri). Riflettiamo, anche, sul fatto che la produzione di cereali, dopo un balzo in avanti notevole negli ultimi venti anni, oggi, si è stabilizzata attorno a 1,8 Miliardi di tonnellate all’anno. Calcolando, per i cereali, un valore energetico alimentare di circa 3.500 Kilocalorie per Kilogrammo di prodotto(come precisato nello schema sopra riportato), veniamo a stabilire che, per tutti gli esseri umani, sono teoricamente disponibili circa 6.500.000 Miliardi di Kilocalorie, che corrisponderebbero a circa 1.100.000 Kcal all’anno per persona, vale a dire un quantum di Kilocalorie appena di poco superiore al minimo indicato (900.000 Kcal/anno-persona). L’altro 35% del fabbisogno alimentare globale è assicurato (sempre sul piano teorico) da grassi, carne, soia, verdura, frutta, zucchero, etc., che si può supporre forniscano circa altre 600.000 kcal/anno-persona. Otteniamo, dunque, un valore complessivo di 1. 700.000 kcal/anno-persona, cifra che dovrebbe essere teoricamente sufficiente a garantire l’energia necessaria per tenere in efficienza il processo di combustione di tutte le “macchine” umane.
B) Ma, come ho precedentemente accennato, il “valore energetico” è solo uno dei parametri con cui giudicare l’attitudine degli alimenti a soddisfare le necessità umane. L’altro elemento, indispensabile alla vita, è rappresentato dalle “Proteine“, sostanze azotate, costituite, come è ben noto, dalla combinazione, in diverse proporzioni, di una ventina di componenti più piccoli, chiamati “Amminoacidi“. L’organismo umano ha bisogno non soltanto di un certo apporto quantitativo giornaliero di proteine, ma occorre, altresì, che le proteine alimentari abbiano un’idonea concentrazione di alcuni amminoacidi, definiti “essenziali” (lisina, triptofano, istidina, metionina, leucina, acido glutammico, etc.); infatti, gli amminoacidi (soprattutto essenziali) sono di estrema importanza in biologia, perché, unendosi fra loro in gran numero, formano le “Molecole Protidiche“, vale a dire le sostanze che costituiscono le strutture fondamentali delle cellule, in tutti gli esseri viventi, animali e vegetali; il fenomeno è reso possibile da un complicato e sorprendente pro cesso di scomposizione delle proteine contenute negli alimenti, e di successiva ricostruzione, attraverso gli amminoacidi, così liberati, delle proteine degli organismi viventi. Occorre, altresì, precisare che gli amminoacidi essenziali debbono essere presenti nelle diete, perché l’organismo non è in condizione di produrli naturalmente, in maniera autonoma. Quindi, per esprimere un giudizio sulla qualità del cibo, occorre identificare quante proteine sono, in esso, presenti e quanti amminoacidi sono, a loro volta, presenti in ciascuna proteina. In proposito, si assegna comunemente a ciascuna proteina una specie di “voto”; per esempio, ai fini dell’alimentazione umana, le proteine considerate” migliori” sono quelle contenute nell’uovo; seguono quelle della carne e del latte e, successivamente, quelle dei legumi (fagioli, ceci, etc.) sino a giungere a quelle fornite dai cereali. Per effetto di questa classificazione, le proteine dell’uovo sono indicate come “proteine di riferimento“; di conseguenza, per raggiungere il valore nutritivo di 100 grammi di proteine d’uovo, occorrono le seguenti quantità di proteine, presenti negli altri alimenti (espresse in grammi):
In altri termini, se le proteine di un alimento sono biologicamente povere (in quanto non contengono una quantità sufficiente di amminoacidi o non contengono gli amminoacidi richiesti sul piano qualitativo), occorre mangiare una quantità maggiore di alimenti, onde poter raggiungere un valore nutritivo eguale a quello espresso dagli alimenti ricchi, al contrario, di “proteine di riferimento”. In proposito, occorre precisare che il fabbisogno proteico di ciascuna persona è molto variabile, ma è possibile stabilire un “valore medio”, corrispondente a circa 50 grammi di “proteine di riferimento” al giorno. Altri Autori affermano, invece, che occorrono, complessivamente, circa 70 grammi di proteine al giorno, metà di origine vegetale e metà di origine animale. Accettiamo, pure, questo parametro, vale a dire un fabbisogno individuale di 70 grammi di proteine totali al giorno, corrispondenti a 25 Kilogrammi di proteine all’anno per persona. Operando con grossolana approssimazione (inevitabile, allorquando si ha a che fare con così grandi quantità di materiali, corrispondenti a Milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari all’anno) possiamo dire che tutti gli alimenti, disponibili in un anno nel mondo, contengono l’equivalente di circa 300 Milioni di tonnellate di proteine, corrispondente a circa 50 Kilogrammi all’anno per persona, vale a dire circa il doppio del fabbisogno individuale medio.
C) Un discorso a sé stante merita il tema delle “vitamine“. Nei comuni trattati di fisiologia si legge, molto semplicemente, che “vengono chiamate “vitamine” alcune sostanze organiche, necessarie, in piccole quantità, per la vita dell’uomo e degli animali”. Desidero unicamente aggiungere che esse hanno, tuttavia, un’enorme importanza per il metabolismo dell’organismo, in quanto svolgono, al suo interno, la funzione di catalizzatori di decisive reazioni biochimiche. La maggioranza delle vitamine (normalmente denominate con le lettere dell’alfabeto) deve essere introdotta con i cibi; quelli ricchi di vitamine sono, com’è noto, le verdure (spinaci, insalate, cavoli, etc.), la frutta (agrumi, in particolare), ma anche alcune interiora animali (fegato e reni). E’ noto che i prodotti freschi sono i più ricchi di vitamine, rispetto ai prodotti conservati; infatti, la lunga conservazione dei prodotti alimentari, ed, in particolare, la loro essiccazione, ma, anche, la loro cottura, provocano la distruzione di alcune, importanti vitamine Senza entrare nei dettagli delle conoscenze della fisiologia umana, possiamo, tuttavia, affermare che gli squilibri nutritivi da carenze vitaminiche non sono determinati tanto dalla scarsità di queste sostanze all’interno dei cibi e, successivamente, del corpo umano, quanto, invece, da abitudini alimentari eccessivamente omogenee e quindi, non variegate; questi metodi alimentari (in parte abitudinari, in parte indotti da difficili condizioni economiche e da ignoranza scientifica) fanno sì che alcune di queste preziose sostanze non vengano introdotte nell’organismo, nemmeno In piccole quantità. Nasce da questa particolare causa, l’insorgenza di alcune devastanti malattie (pellagra, scorbuto, rachitismo, etc.), peraltro attualmente prevedibili o curabili attraverso un corretto apporto alimentare. Le considerazioni sinora svolte ci indurrebbero a concludere che, attualmente, non esistono problemi, per quanto si riferisce all’approvvigionamento alimentare degli uomini del pianeta; in effetti il mondo che ci ospita è ricco di risorse ed altrettanto grandi sono le conoscenze scientifiche e tecnologiche per offrire cibo a tutti gli esseri umani. Non a caso, dunque, termino, oggi, a questo punto promettendo, ai nostri carissimi amici lettori, che la prossima parte di questa pubblicazione verrà dedicata a:
Gli attuali fattori limitativi alla disponibilità di cibo
ALDO PASTORE |