I conflitti di interesse e la cronica incapacità di confrontarsi sul merito delle cose: così uccidiamo il futuro del paese.
I conflitti di interesse e la cronica incapacità
di confrontarsi sul merito delle cose: così uccidiamo il futuro del paese.
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I conflitti di interesse e la cronica incapacità di confrontarsi sul merito delle cose: così uccidiamo il futuro del paese. |
1 E’ di questi giorni la costituzione, a livello governativo, di un “comitato scientifico porti e logistica” che dovrà proporre valutazioni di carattere tecnico sulla strategicità delle opere infrastrutturali logistiche e portuali da finanziare nell’ambito della previsione dell’art 29 della legge 164/14, la cosiddetta “sblocca Italia”. Per capire di cosa stiamo parlando: nel provvedimento citato era stata salutata con favore da molti la filosofia che, finalmente e con grandissimo ritardo, riconosceva come interesse primario strategico nazionale l’intervento e il finanziamento sulle infrastrutture portuali e logistiche, superando così una competizione tra località che produce un enorme sperpero di denaro pubblico impegnato nella realizzazione di opere non necessarie allo sviluppo economico del paese. Come ho già scritto in precedenti pezzi, siamo arrivati al punto che, prima della grande crisi del 2008, giacevano sul tavolo del MIF progetti per la realizzazione di nuove infrastrutture portuali che avrebbero generato una capacità di movimentazione per circa 38 mln di Teu anno, più che tripla rispetto a quella reale. Con il citato art 29 si introduce quindi il sacrosanto principio che questo genere di investimenti, che si collocano nei confronti del più globale dei mercati, non può rispondere a logiche territoriali, ma deve trovare una sua coerenza sul piano nazionale. Per usare un esempio, volutamente provocatorio, ma che ben esprime il concetto, se si fosse applicata una filosofia di questo genere, non sarebbe stato possibile contemporaneamente realizzare infrastrutture per contenitori tra Genova e Savona capaci di aumentare l’offerta di spazi di piu di 2 mln di teu, portandola oltre i 5 mln di teu, a fronte di una situazione che oggi vede la movimentazione totale dei due porti determinarsi in poco più di 2.2 mln di teu, dei quali il 95% a Genova. Quindi tutto bene circa la nuova filosofia sottesa alla norma. Ma, quando si passa alla applicazione pratica, ecco ricomparire il “gattopardo”. Come è composto il “comitato”? Così, applicando il buon senso, si penserebbe ad un comitato scientifico, quindi composto da studiosi neutrali, in grado di esprimere valutazioni totalmente scevre da interessi di parte e territoriali. E invece: nel comitato siedono diversi esponenti autorevoli di società e autorità portuali direttamente interessate alla realizzazione e/o alla non realizzazione di infrastrutture che dovranno essere valutate. “Absit iniuria verbis”, si tratta di uomini di grande autorevolezza e capacità, in alcuni casi colleghi di grande valore. Persone che conoscono la realtà vera di questo mondo economico, la praticano e la determinano. Ma, con tutto ciò, persone portatrici di interessi locali e particolari avranno difficoltà a produrre valutazioni “obiettive”. Così, partendo da qui, da conflitti oggettivi di interesse, verranno scelte le opere infrastrutturali strategiche per la nazione. 2 Torno sul tema del lavoro portuale, anche qui per raccontare e commentare fatti recenti. Finalmente si è materializzato il Convegno organizzato dalle tre Compagnie Portuali di Genova (Culmv P. Batini e Pietro Chiesa) e Savona (Culp Rebagliati). Si terrà il 5 Dicembre a Genova e sarà portatore di una proposta di modifica della L.84/94 sulla materia lavoro. Una proposta che non si conosce ancora ma che, come tutte le proposte, sarà valutata da tutti con interesse. Con l’interesse che meritano i soggetti proponenti. Nel frattempo a Livorno, la “mia” Livorno, accade un fatto nuovo e certamente degno di attenzione. A Livorno il fornitore di lavoro temporaneo portuale ex art 17 L.84/94 è una agenzia, promossa e autorizzata senza gara dalla AP ai sensi del comma 5 dell’art 17 e quindi costituita da operatori autorizzati e concessionari ex art 16 e 18 del porto medesimo. Non quindi una Compagnia transitata dall’art 21 e 21b e aggiudicatasi la gara prevista dalla procedura di cui al comma 2 dello stesso articolo. A Livorno la struttura del lavoro portuale è definita in modo assai diverso rispetto a Genova e Savona. Infatti a Livorno troviamo una prevalenza di lavoratori inquadrati nei due Art 16 che forniscono appalti di segmento di ciclo operativo, superando la cifra di 400 addetti complessivi, mentre la agenzia fornitrice di lavoro temporaneo raccoglie poco più di 50 addetti. Ciò detto a Livorno, diversamente da Genova, l’operatore può sia appaltare segmenti del proprio ciclo operativo ricorrendo agli art 16, che integrare il proprio organico utilizzando l’art 17. A mio parere, quindi, a Livorno siamo di fronte ad una applicazione della norma vigente più coerente e aderente alla volontà del legislatore, pur in presenza di uno squilibrio evidente tra appalto e fornitura di lavoro. Anche a Livorno la crisi ha morso duramente in questi anni, mettendo in crisi gli equilibri che si erano consolidati. Gli art 16, la Compagnia Portuale e la Unicoop, hanno incontrato gravi difficoltà che si sono tradotte in un piano di risanamento lacrime e sangue, con l’applicazione dei contratti di solidarietà sui dipendenti per la Compagnia Portuale, e alla apertura della liquidazione per la Unicoop. Da quest’ultima, per iniziativa dei soci, è nata riveduta e corretta una nuova Cooperativa denominata Uniport, che ha ottenuto l’autorizzazione art 16 dalla AP. L’art 17, la Agenzia di lavoro temporaneo, a sua volta è stata posta in liquidazione dai 7 operatori che ne detengono la proprietà. In questo scenario, gravido di conseguenze sociali pesanti in una società come quella Livornese che sta conoscendo una fase di drammatica deindustrializzazione, è nata una soluzione che, confermando in pieno l’impianto della L. 84/94, introduce elementi per rimettere in equilibrio il sistema, correggendo i fattori discorsivi che ne hanno prodotto il default , essendosi combinati e sommati con la crisi economica. La soluzione, votata all’unanimità dal Comitato Portuale, che vede entrare per una fase temporanea e definita (6 mesi/1anno) la AP nella agenzia ex comma 5, affiancando con una quota rilevante ma non di maggioranza gli operatori originari cui si affianca la cooperativa Uniport , prevede di fatto un riequilibrio del sistema attuato attraverso la riduzione degli organici degli art 16 fornitori di appalto di segmento agli operatori portuali (Compagnia e Uniport, entrambi socie della agenzia) , riduzione che verrà realizzata attraverso l’incentivazione all’esodo permessa dall’utilizzo dei fondi della AP e disciplinata dalle nuove disposizioni emanate in sede di legge di Stabilità e modificative della L.84/94. Questa situazione consentirà di dare lo spazio alla fornitura di lavoro, consentendo al tempo stesso una maggiore libertà di organizzazione della propria struttura ai terminalisti, che potranno ricorrere meno alla terziarizzazione di parti della propria attività, utilizzando invece la integrazione dei propri organici diretti. Gallanti (Presidente della AP Livorno)
Dall’altra parte gli stessi art 16 fornitori di appalti di segmento potranno godere di un organico non più tarato sul picco di lavoro, ma su una media di attività, ricorrendo loro stessi all’art 17 per coprire i momenti di aumento della attività. Quindi, come detto, questo processo cui si è prestata la AP, dopo il voto unanime del Comitato Portuale, come promotrice dell’agenzia art 17 (comma 5) e come garante e controllante del sistema, ha l’obiettivo di realizzare con pienezza l’attuale assetto della L84/94. Eppure, pur di fronte a questa evidenza, è iniziata la grancassa, tutta politica, dei sostenitori dello stravolgimento della legge sia in direzione favorevole alle Compagnie, sia in direzione contraria. Una rivista specializzata ha addirittura titolato “Gallanti (Presidente della AP Livorno) nazionalizza i camalli” . Questo è l’altro enorme problema di questo paese. La totale assenza della valutazione sul merito, sulla realtà, nel processo di costruzione della dialettica politica, economica e sociale. Anche questo alimenta la mancanza di futuro che percepiamo.
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