I condizionamenti del Codiv-19 sui fruitori di droga
I condizionamenti del Codiv-19 sui fruitori di droga
Da anni dall’analisi dei fiumi che attraversano Milano si determinano i fruitori di droga.Ora sarà interessante vedere come queste analisi saranno influenzate dall’arrivo di Covid-19.
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I condizionamenti del Codiv-19 sui fruitori di droga |
Nell’estate del 2005 il dipartimento di Salute e Ambiente dell’Istituto Mario Negri di Milano, al termine di una lunga ricerca, pubblicò sulla rivista scientifica statunitense Environmental Health un articolo sulla situazione dei fiumi che attraversano Milano: il Seveso, l’Olona e il Lambro. La novità rispetto agli studi precedenti era rappresentata dall’inserimento, tra le sostanze analizzate all’interno delle acque, della benzoilecgonina, particolarmente stabile (non si scioglie nei liquidi) e quindi facile da rintracciare. Questo metabolita viene prodotto dal fegato quando una persona assume cocaina, e viene naturalmente espulso al termine del suo percorso quando si va in bagno a fare la pipì. La sostanza va quindi a finire, tramite le fogne, nei fiumi e per la maggior parte nel Po. Il dottor Ettore Zuccato spiegava nell’articolo che chi fa uso di cocaina “la espelle con l’urina per il 5-6 per cento come cocaina pura, e per il 50 per cento come metabolita” e quindi con apparecchi molto sofisticati si poteva determinare con buona precisione gli abituali fruitori della droga. Oltre ai residui di farmaci di uso comune, prodotti per l’igiene personale, metalli pesanti, Miano scopriva in quei giorni che a valle di Milano e a monte di Pavia, dove erano stati fatti i prelievi, su una base potenziale di 5 milioni di persone, finivano i residui di circa 40 mila dosi al giorno, cioè oltre il doppio rispetto alle 15 mila di uso stimato dal Ministero del Welfare. In pratica, su mille giovani fra i 15 e i 34 anni, circa 27 facevano quotidiano uso di cocaina. La ricerca ebbe una vasta eco e da quell’anno viene ripetuta ogni estate, cosi che la serie storica prodotta consente analisi sul cambiamento delle abitudini dei consumatori, sull’impatto economico che questo mercato ha raggiunto, sulle differenze tra la città meneghina ed altre città europee. Nel 2011 l’analisi delle acque del depuratore di Nosedo rilevò il consumo annuo da parte dei milanesi di oltre 330 kg di cocaina; quantità doppia rispetto alle statistiche nazionali, che calcolavano nell’1,2% della popolazione tra i 15 e i 64 anni (circa 10.000 persone su 1,25 milioni di abitanti) i consumatori abituali, in virtù di un residuo giornaliero medio di 0,5 kg di benzoilecgonina, 200 g di cocaina, 40 g di morfina (derivato dell’eroina) e 25 g di THC (residuo della cannabis). Nella particolare classifica, la canapa risultava la più utilizzata, seguita da coca ed eroina; mentre la cocaina registrava picchi di consumo nei weekend, le altre due avevano consumi regolari nel corso della settimana. Nel 2016 l’analisi si allargava ai tre depuratori della metropoli e al fiume Po, riscontrando un notevole incremento del consumo di cannabis e una stabilità di quello della cocaina a circa 10mila dosi al giorno sniffate nel Milanese, con la comparsa delle prime droghe sintetiche. Queste nuove sostanze, come il mefedrone, non catalogate nelle tabelle ministeriali, hanno ispirato la famosa trilogia di film di Sidney Sibilia (Smetto quando voglio) e serie televisive di successo come Breaking Bad. La ricerca ha invogliato altri istituti occidentali ad effettuare le analisi nei loro fiumi, con risultati interessanti. Ha iniziato l’Istituto di ricerca biomedica e farmaceutica di Nuremberg, che in seguito a prelievi effettuati tra il 29 e il 30 dicembre del 2006 ha scoperto che a Saint-Moritz, in alta stagione, si sniffano fino a 1400 piste di coca da parte del jet set internazionale. Poi, nel 2010 l’istituto Mario Negri è diventato capofila di un progetto finanziato dalla Commissione europea, dipartimento Home and Justice, che dal 2011 al 2017 ha valutato con questa metodologia i consumi di cocaina, amfetamina, metamfetamina ed ecstasy in 120 città di 37 Paesi di Europa, Usa, Canada, Sud America e Australia, su una popolazione di 60 milioni di persone. Lo scorso ottobre sono usciti i dati dello studio, pubblicati dalla rivista scientifica inglese Addiction: i campioni esaminati hanno evidenziato un trend di significativo aumento del consumo di coca nella popolazione nel periodo 2014-2017, rispetto a quello stimato tra il 2011 e il 2013. La coca è di gran lunga la più utilizzata tra le sostanze prese in considerazione e più di otto dosi su dieci consumate sono di «bianca». Il resto se lo spartiscono le droghe sintetiche. I consumi di cocaina a Milano sono simili a quelli di Parigi e Copenaghen e inferiori a Zurigo, Anversa, Barcellona e Londra; un dato in controtendenza (forse perché ora tutte le grandi città europee utilizzano lo stesso metodo milanese di misurazione), visto che nel 2009 le statistiche ufficiali dicevano che a Lugano si raggiungevano 6,2 dosi al giorno per mille abitanti, a Londra 6,9 e Milano staccava tutti a quota 9,1. In Gran Bretagna la diffusione della polvere bianca è sempre più preoccupante: un monitoraggio dei fiumi del Suffolks ha scoperto che cocaina e lidocaina sono i composti più diffusi nei fiumi persino nelle aree rurali, mettendo in pericolo addirittura la sopravvivenza dei gamberi di fiume. In sintesi, a Milano ogni santo giorno ormai circa 15mila cittadini (12 ogni 1000 abitanti: ormai, troviamo habitué anche tra gli anziani over 60) assumono una dose di cocaina e 70mila (40 ogni mille persone) ne assumono una di marijuana. Considerando che una dose di coca viene venduta a 40/50 euro, e una di cannabis 8 euro, parliamo di un business di 500 milioni di euro senza contare gli altri stupefacenti. Tasse, ovviamente, escluse. I loro residui inoltre non sono intercettati dagli impianti di depurazione convenzionali e rimangono nelle acque reflue, utilizzate per l’irrigazione dei campi. Milano scarica già ogni giorno nei fiumi circa 6,5 kg di farmaci, 1,3 kg di disinfettanti e di sostanze chimiche utilizzate per la cura della persona, 200 grammi di sostanze perfluorurate, 600 g di plastificanti, circa 13 kg di nicotina e caffeina, cui si aggiungono 400 grammi di droghe da abuso. Cosa significhi per la nostra agricoltura è evidente. Fortunatamente – si leggeva tempo fa in una nota dell’istituto a commento dello studio – le analisi sull’acqua potabile non hanno mai evidenziato tracce di cocaina”. Finora. Sarà interessante vedere come queste analisi saranno influenzate dall’arrivo di Covid-19. PAOLO MACINA Marzo 2020 Torinese, matematico, funzionario presso una compagnia assicurativa, obiettore di coscienza. Esperto di temi relativi all’economia nonviolenta e alla finanza etica, per sei anni rappresentante dei soci torinesi di Banca Popolare Etica e per tre consigliere della Fondazione Culturale Etica. Ha collaborato con diverse riviste d’area pacifista e nonviolenta. |