Fenomenologia di un fascista deluso

FENOMENOLOGIA DI UN FASCISTA DELUSO

FENOMENOLOGIA DI UN FASCISTA DELUSO

 Sull’ultimo numero di “Trucioli savonesi” il  professor Pier Franco Lisorini commemora la poliedrica figura di Piero Buscaroli (Imola, 21 agosto 1930 – Bologna, 16 febbraio 2016) musicologo, giornalista e scrittore, in due articoli, uno intitolato ”Fenomenologia dell’uomo libero” (memore forse della “Fenomenologia di Mike Buongiorno” di Umberto Eco?); l’altro, semplicemente:  “La lezione di Piero Buscaroli”. Per il professor Lisorini, Piero Buscaroli “raffinato musicologo, profondo conoscitore di Bach, Mozart, Beethoven ma anche uomo ‘enciclopedico’ nella accezione leopardiana, che è tutt’altra cosa   (precisa il professore con la sua consueta vis polemica  ) rispetto ai tuttologi impuniti e impertinenti che occupano redazioni e schermi televisivi, è l’ humanitas dell’uomo di cultura – non lo chiameremo  intellettuale, per carità – opposta all’ auctoritas di chi usa il sapere come un piedistallo e strumento di potere”.

Mi pare evidente che qui il professore faccia riferimento al concetto di “humanitas” come è delineato nel Pro Archia e nel De oratore di Marco Tullio Cicerone, cioè a quell’insieme di formazione e di educazione globale dell’uomo, di padronanza di sé e di rispetto per gli altri, di cultura e di autodisciplina che rende l’uomo al tempo stesso libero  e solidale con gli altri uomini, oltre che capace di un continuo perfezionamento intellettuale e morale; mentre con il termine “auctoritas” si riferisca al significato politico, religioso e giuridico del termine, come, per esempio, la facoltà di un pontefice di condannare dottrine eretiche (e talora anche che le insegna) o quella di un tutore o di un giudice di intervenire  a tutela di un minore o di un soggetto non del tutto in grado di intendere e di volere. Non altrettanto evidente mi è il motivo della connotazione negativa che il professore livornese attribuisce al termine “intellettuale”: che cosa fanno di male gli intellettuali? Non vorrà per caso alludere alla distinzione classista tra “colletti bianchi” e “colletti blu” di cui tratta il sociologo americano Charles Wright Mills? Ma vediamo altri motivi per cui Piero Buscaroli, secondo lui,  rappresenta un raro esempio di uomo libero: “Lo ricordo come storico e saggista, impegnato a documentare il terrorismo aereo angloamericano e a rivendicare con orgoglio la sua estraneità a questa repubblica “nata dalla resistenza”. (Notare l’uso non casuale delle minuscole).


Charles Wright Mills

Ora, sulla libertà di documentare il terrorismo dei bombardamenti angloamericani sulle nostre città che hanno seminato morte tra i civili e distrutto barbaramente anche tante opere d’arte, non mi pare ci sia niente da eccepire; e neppure, a ben guardare, in quella di sentirsi estraneo a questa Repubblica nata dalla Resistenza, credo che ognuno abbia il diritto di non sentirsi a casa propria nel proprio Paese (non per niente tanti disperati fuggono dalla loro inospitali e devastate terre); capisco meno quel “con orgoglio”: caso mai il sentimento dominante di chi si sente straniero in patria dovrebbe essere, mi pare, la tristezza o il risentimento o magari la nostalgia per una patria perduta; mi chiedo perché mai sentirsi orgogliosi di non riconoscersi in uno Stato repubblicano e democratico.

Avrebbe forse preferito vivere sotto una dittatura che non ammette né libertà di opinione, né di stampa, né di orientamento sessuale, né di culto? Ma, si sa, de gustibus disputandum non est. Senonché, qualche dubbio sulla effettiva humanitas di questo “enciclopedico”, eccentrico ed impavido “uomo di cultura”, musicologo, giornalista e scrittore mi sorge quando leggo nell’intervista, reperibile in rete, rilasciata  a Bruno Quaranta e pubblicata su La Stampa (Tuttolibri) del 6 febbraio  2010 – in occasione dell’uscita del suo libro Dalla parte dei vinti (Mondadori), definito dall’autore non  autobiografico ma, caso mai, “autobioptico” – che assolve i carnefici tedeschi di Sant’Anna e di Marzabotto, e affermazioni come quelle che qui trascrivo, per scrupolo di esattezza:


Bruno Quaranta

Quaranta: “Tra politica e cultura, come la si potrebbe definire?”

Buscaroli: “Sono un fascista deluso. Che leggerezza: si entra in guerra disponendosi a non fare alcunché, mettendosi a tavola come commendatori, aspettando la vittoria dell’alleato tedesco. Anche il nazismo mi ha deluso. Hitler non ebbe il coraggio di sbarcare in Inghilterra, la paura della flotta inglese lo trattenne.

Quaranta: “Lei si sofferma a lungo sull’’Olocausto dell’aria’, come chiama i bombardamenti angloamericani. Ma l’olocausto di terra?”

Buscaroli:  “Ritengo che Hitler non sapesse. Ma non mi si annoveri fra i negazionisti. Non voglio approfondire, non voglio credere (corsivo mio)”

Quaranta: “E dire che basterebbe aprire Se questo è un uomo di Primo Levi”

Buscaroli: “Non l’ho letto”

Quaranta: “Ha frequentato almeno la letteratura del ‘vinti’, il Mazzantini di A cercar la bella morte, per esempio?”

Buscaroli: “Neanche…Mazzantini credo fosse un candido. Mentre odio (corsivo mio) il Roberto Vivarelli di Fascismo e storia d’Italia, che rievoca la giovinezza nell’uniforme di Salò. Neanche lui ho letto. Non ho voluto leggere nulla per non inquinare le mie idee e la mia lingua (corsivo mio)”

Si potrebbero aggiungere altre citazioni per completare il quadro sintomatico della personalità di questo “uomo libero” che avrebbe, a suo dire, “tenuto a bada l’Italia, oscena creatura” dedicandosi “per trent’anni, nella sua stanza della musica, alle biografie di Bach, Mozart e Beethoven, le solo lingue che il gorgogliare briaco d’assassini antichi e di rinnegati recenti non potesse condividere (corsivo suo)”, ma mi pare che ci sia già abbastanza “materia” per tentare  di individuare alcuni tratti personologici di questo orgoglioso scrittore e critico musicale, definito dal professor Lisorini “Grande musicologo, il maggiore forse del Novecento” che si sentiva straniero nella patria della musica perché il nazifascismo è stato vinto. Piero Buscaroli avrebbe potuto benissimo scegliere come suo il motto nobiliare frangar non flectar, ma non il terenziano Homo sum, nihil humani a me alienum puto che mal si addice alla sua rigidità moralistica, ad esempio, nei confronti dell’omosessualità e alla sua chiusura pregiudiziale nei confronti di autori di parte avversa come Primo Levi (ma anche, stranamente, abbiamo visto, di autori che hanno militato come lui nella Rsi).


 Sandro Penna e Pier Paolo Pasolini 

E nemmeno depongono a favore della sua humanitas le stroncature di grandi poeti – presenti ormai, tra l’altro, in tutte le antologie scolastiche del nostro Novecento – come Pier Paolo Pasolini e Sandro Penna soltanto perché omosessuali. Insomma, se consideriamo questi atteggiamenti sprezzanti e offensivi nei confronti di autori che si rifiutava persino di leggere “per non inquinare le sue idee e la sua lingua”, il nostro “uomo enciclopedico” tutto di un pezzo, nemico giurato di tutto ciò che sapesse di politicamente corretto o anche solo di buona educazione o di bon ton istituzionale (ha rifiutato con sdegno una onorificenza offertagli – in verità piuttosto incongruamente – dall’ odiata Repubblica democratica fondata sul lavoro e sull’antifascismo), a me pare sia stato afflitto da una specie di sindrome fobica di contaminazione e conseguente chiusura difensiva in una sua personale fortezza caratteriale e culturale che “tenesse a bada” un mondo esterno volgare e nemico (qui, più che Terenzio, sarebbe il caso di citare Orazio: Odi profanum vulgus, et arceo ), lasciandolo libero solo di amare narcisisticamente se stesso, ben isolato nella sua  incontaminata lingua musicale, chiuso in una Casa della vita tutta per sé, possibilmente arredata dal grande e raffinato anglista Mario Praz.

FULVIO SGUERSO 

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