EURO = NEOLIBERISMO = GLOBALIZZAZIONE
L’euro è tuttora quel tabù, foriero di magnifiche sorti e progressive per tutte le nazioni europee? Così ci fu venduto, spingendoci a fare bilanci falsi pur di aderirvi.
Il 1989, con l’implosione dell’URSS, segnò uno spartiacque a senso unico verso quello che sembrava l’unico, naturale sistema economico: quello neoliberista. Il mondo doveva diventare globalizzato, nel senso di libero transito di uomini e merci, con epicentro negli USA e tutte le altre nazioni sue satelliti in virtù dell’indiscutibile superiorità del dollaro, equiparato all’oro come moneta di riserva, nonché di scambio commerciale, e legato al petrolio, materia prima base di uno sviluppo spettacolare.

La caduta del muro di Berlino fu vissuta in Occidente come una rivelazione mistica: il comunismo era la rovina dei popoli; e, per converso, l’unico sistema di governo possibile doveva ricalcare quello americano
Tempo 3 anni, e nel 1992 l’Europa, col Trattato di Maastricht, gettava le basi per una propria moneta unica, l’euro, secondo schemi analoghi al suo modello, il dollaro; e una BCE simile alla Fed americana. Ci vollero 10 anni per concretizzare l’unione monetaria europea, con Ciampi e Prodi, e non solo, che si affiggevano al petto la medaglia di “padri dell’euro”.
In realtà, dimostrarono di capirne poco di politica monetaria, in quanto il principale fruitore dei benefici della moneta unica fu la Germania che, col nuovo cambio favorevole, riuscì a detronizzare l’Italia come nazione fortemente esportatrice, considerato che il nuovo cambio fisso rendeva l’Italia molto meno competitiva sui mercati globali di quando usava la lira, flessibile (svalutabile) a seconda degli interessi nazionali.

Storica foto di un disastro salutato come salvezza nazionale. Glorificati tuttora come grandi economisti, Prodi e Ciampi fissarono un cambio lira/euro sopravvalutando la lira, penalizzando le nostre esportazioni e inducendo un’immediata inflazione, palpabile nel subitaneo raddoppio dei prezzi dei beni di consumo, mentre retribuzioni e pensioni restavano ancorate al cambio fissato dai due sprovveduti
Si aggiunga a ciò l’eliminazione delle barriere doganali protettive nei confronti di nazioni con costi di manodopera ed ambientali incomparabilmente inferiori, causando con ciò la delocalizzazione di molte imprese italiane verso quelle stesse nazioni, deindustrializzando se stessa e creando altrettanta disoccupazione.

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Anche gli Stati Uniti avevano seguito la stessa strada in virtù del dollaro forte, stampato a loro discrezione ed usato per comprare all’estero gran parte delle merci un tempo prodotte in proprio. A suo tempo, li avevo definiti “i pensionati del mondo”.
Si crearono così due grandi centri produttivi di merci esportate in tutto il mondo: la Cina, per articoli di minor pregio; e la Germania, per articoli di alto contenuto tecnologico. Entrambe queste nazioni accumularono un surplus commerciale enorme, soprattutto in dollari, ma anche in altre valute pregiate, tra cui l’euro. Erano insomma diventate le grandi creditrici del resto del mondo. Se la Cina era arrivata a detenere circa $ 3 trilioni (in Treasuries, buoni del Tesoro USA), la Germania aveva, anzi ha, accumulato un avanzo commerciale intorno a € 1 trilione.
Alla fretta con cui si decretò che, con la caduta del comunismo, bocciato dalla storia, non c’era altra economia possibile se non quella neoliberista e finanziaria, e nessun altro sistema se non quello globalizzato, corrisponde oggi un altrettanto rapido declino di quegli assiomi, che hanno dimostrato tutte le loro negatività, per la società e per l’ambiente.
Infatti, il sistema neoliberista, e le monete che ne incarnano lo spirito di base, si regge su uno schema che ricorda quello Ponzi, con le merci al posto dei soldi: se non continua a crescere attraverso nuovi input, si inceppa e implode; con una sinistra similitudine all’implosione del sistema comunista statalizzato. Sacco vuoto non sta in piedi, dice il vecchio adagio. O anche I nodi vengono al pettine.

Dalla pandemia ad oggi si è emessa più moneta che in tutta la storia passata. Risultato: debiti pubblici alle stelle, di pari ai profitti delle grandi banche d’affari, in cui il grosso del denaro è confluito, con nessun vantaggio per le popolazioni. Si pensi che le 73 maggiori città USA sono sull’orlo del default e il debito pubblico statale ha superato i $ 33 trilioni, mentre l’Italia supera i € 2,8 trilioni. Mentre mancano i soldi per le città, la sanità, l’istruzione, i trasporti. E’ la politica neoliberista, bellezza: arricchisce la finanza parassitaria e impoverisce le popolazioni. Un latrocinio legalizzato
E i nodi si stanno infittendo. Non una buona notizia per una moneta come l’euro, che si è retto in parallelo all’affermarsi del neoliberismo globalizzato, essendone un figlio naturale.
I due eventi che hanno progressivamente segnato la svolta sono stati la pandemia prima, e la guerra in Ucraina poi. Se la pandemia ha ricominciato ad erigere barriere infra ed intra Stati, lasciando che a goderne fossero soltanto società di commercio virtuali, come Amazon e Alibaba, la vera mazzata è arrivata con la stolta decisione europea di appoggiare l’Ucraina “senza se e senza ma”, evirandosi per compiacere il commensale che dalla guerra traeva i massimi vantaggi: gli USA. Tanto per non smentirsi.

Noi l’America la immaginiamo così.

Ma, se a Wall Street è un ininterrotto brindare a profitti record, la gente di main street è carica di debiti proprio verso i suoi miliardari. In altre parole, il gigante USA ha i piedi d’argilla, ma pretende di esportare il suo modello al resto del mondo, mentre ne sono, in realtà, i cattivi maestri
E per essere ben certi di non cedere alle tentazioni di continuare a comprare petrolio e gas russi, di ottima qualità e bassi prezzi, qualcuno pensò bene di tranciare il gasdotto Nordstream 2 di cui la Germania era la nazione che ne godeva i maggiori benefici. Come in un giallo da manuale, si trattò di un “colpo dei soliti ignoti”, anche se, seguendo la pista di chi ne traeva i maggiori vantaggi, essa conduceva impietosamente agli “alleati”: i soliti USA. I quali infatti rimpiazzarono il flusso facile da Est con quello macchinoso da Ovest a prezzi almeno tripli e in spregio all’ambiente, su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Non solo l’Italia si trovò a dover fare i conti con un’impennata dei costi energetici. Ne fu colpita anche la Germania, che vide ridimensionarsi parallelamente ciò che aveva fatto di essa la “locomotiva d’Europa”: le esportazioni, in costante calo per i prezzi non più così appetibili per i mercati stranieri.
Adesso corrono voci, ma da corridoi top, che potrebbe essere proprio la nazione che si è arricchita a dismisura grazie all’euro, a volersene disfare, portando a casa gli immensi crediti accumulati nei 3 decenni e più dalla sua instaurazione, ripiegando maggiormente sui consumi interni. [VEDI]

Due processi in fase di sviluppo congiunto: accumulo di oro e vendita di dollari. Gli USA hanno sin qui preteso di essere i professori e i poliziotti del pianeta. A colpi di sanzioni economiche. Ma l’ultimo “colpo” ha superato davvero ogni limite: usare i fondi russi depositati in Belgio per pagare le armi all’Ucraina. Le nazioni che detengono valute occidentali ora temono di subire azioni analoghe e cercano di disfarsene, Cina in testa, comprando un bene molto più sicuro e “neutrale”: l’oro, cresciuto infatti del 40% nell’ultimo anno.
Situazione analoga a quella della Cina, che nell’ultima decade, oltre ad accumulare una montagna di soldi, ha imparato parecchie lezioni. La prima è che un’economia non può reggersi in maniera predominante sulle esportazioni, mentre è troppo esposta al fluttuare dei prezzi delle materie prime non autoctone. La seconda è che lasciando crescere a dismisura il suo credito in una singola valuta, specie il dollaro, rende troppo fragile la sua posizione geopolitica, nel caso il vento cambi direzione e i clienti in campo commerciale diventino nemici a livello militare. Come si è in effetti verificato. La terza è arrivata dalla Russia, che ha visto, oltre a pesanti sanzioni, le sue riserve depositate in banche estere, specie belghe, venire congelate, usando gli interessi maturati contro la loro stessa proprietaria: una sfida a Putin molto oltraggiosa; e pericolosa. Uno spettacolo da far tremar le vene e i polsi di una Cina (e non solo) la cui ricchezza è pesantemente dipendente proprio dalla valuta del suo maggior nemico.

La rozzezza delle misure intraprese dall’Occidente, USA in testa, contro la Russia si stanno rivelando dei boomerang. Non contenti di vietare le importazioni di gas e petrolio russi, gli incompetenti alla guida di USA e UE hanno pensato bene di estendere il divieto ai principali metalli industriali: rame, alluminio e nickel stanno lievitando a ritmo quotidiano. In un contesto simile, è chiaro che le nostre industrie saranno sempre meno competitive a livello mondiale [VEDI]
Quanto basta per iniziare il processo di alleggerimento della valuta estera, tramutandola in particolare in oro, che almeno non porta la firma di nessuno. Un processo chiamato “dedollarizzazione”, attuato d’accordo con altri Paesi, come i BRICS, ed altri in corso di adesione. L’alleggerimento dei dollari non ha potuto che essere spalmato sugli anni, onde non deprezzarne troppo il valore se si fossero buttati sui mercati troppi miliardi in troppo poco tempo. Scopo ultimo: erodere la supremazia americana, basata sul dollaro facile.
Permettetemi una domanda diretta: voi lascereste serenamente sul vostro conto corrente i vostri soldi sapendo che la banca depositaria sta scricchiolando, o che il fisco può metterci mano a suo piacimento? Preoccupazioni non proprio fuori luogo, visti i trascorsi bancari, il crescente appetito del fisco e le ricorrenti tentazioni di usare forzosamente i soldi privati per “sistemare” il debito pubblico.

Una tavola e un grafico più eloquenti di tante parole: alla vendita di Treasuries americani corrisponde il massiccio e crescente accumulo di oro da parte della Cina, anche sulla base delle scriteriate sanzioni che l’Occidente commina alla Russia, estendendo il timore ad altri, preoccupati di subire la stessa sorte. [VEDI]
E la Germania? Ha accumulato circa 1 trilione di euro/dollari di credito estero. Con l’Italia che, grazie al sistema Target 2, è debitrice verso la Germania della metà circa di tale montagna di soldi. La tentazione di passare all’incasso è alta. Ma ciò significherebbe mandare all’aria l’euro e tutto ciò che vi gravita intorno, in primis la stessa BCE.
Per ora si tratta di congetture; ma basate su dati di fatto e sulla constatazione che l’euro fu creato su misura proprio per la Germania. Se però oggi essa vede i contro superare i pro, non è escluso che possa essere proprio la prima ad uscire dall’euro. Mentre noi abbiamo continuato a pensare all’eventuale uscita dell’Italia, considerato che non ne ha tratto alcun beneficio. Anzi. L’impressione è che l’euro non sia più quel tabù intoccabile come ci è stato sinora imposto. E il suo de profundis potrebbe arrivare proprio dal suo maggior beneficiario, la Germania, ex “locomotiva”, oggi economicamente in affanno, soprattutto per le sciagurate misure contro la Russia, che hanno fatto più danni all’Europa che alla Russia stessa.
Marco Giacinto Pellifroni 26 maggio 2024