Energia nucleare

L’avvenire che ci attende   12ª parte  

 

ENERGIA NUCLEARE

Su questo argomento in data 8 giugno 2006 avevo scritto quanto segue avevo scritto quanto segue:

 “Occorre, un nucleare nuovo e, cioè, quello definito di IVª generazione, capace di guarire i mali strutturali di cui soffre il Nucleare Attuale e di proporsi non già come “l’unica soluzione”, bensì come componente di un complesso di soluzioni energetiche”

Nel complesso dell’articolo di allora avevo aggiunto:

Il nucleare di IV° generazione sarebbe stato possibile raggiungere tre traguardi:

 

 – CREARE CENTRALI PICCOLE, POCO COSTOSE E FACILMENTE GESTIBILI;

 

– CREARE CENTRALI INTRINSICAMENTE SICURE;

 

– EVITARE IN TOTO LA PRODUZIONE DI RIFIUTI RADIOATTIVI E, QUINDI, RISOLVERE ALLA RADICE IL PROBLEMA DELLE SCORIE

 

Le ricerche intorno a questo nucleare di nuova concezione sono già iniziate. 

Dall’anno 2000, è operativo il GIF (Generation IV lnternational Forum) costituito da Stati Uniti, Giappone, Canada, Francia, Gran Bretagna, Svizzera, Argentina, Brasile, Corea del Sud e Sud Africa, cui si è aggiunta recentemente l’Unione Europea. 

Il programma ha evidentemente due limiti: il primo è quello di essere soltanto un programma di ricerca, i cui risultati non sono scontati; il secondo limite è rappresentato dall’incertezza dei tempi di realizzazione: è, infatti, un programma che, nella migliore delle ipotesi, potrà iniziare a produrre energia (a basso costo, pulita, sicura e, quindi, accettata) solo dopo il 2030. 

 

E’ comunque, assolutamente doveroso, da parte dell’Italia, partecipare a questa ricerca. 

Infine, va riservata una grande attenzione alle innovazioni scientifiche e tecnologiche che si stanno attuando nel campo della fusione nucleare.

Nei giorni scorsi (sempre, naturalmente, dell’anno 2006) il Commissario Europeo alla Scienza ed alla Ricerca James Potochik, ha salutato l’avvio del PROGETTO ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), al quale aderiscono Grandi Potenze (Unione Europea, Stati Uniti, Cina, Giappone, India, Brasile e Corea del Sud), le quali hanno sottoscritto un accordo che, finalizzato alla costruzione, in Francia di un reattore nucleare di concezione rivoluzionaria, 

Se, infatti, le centrali nucleari tradizionali si basano su un meccanismo di fissione dell’atomo, il PROGETTO ITER si propone, invece, di  ricercare, sulla Terra, un processo analogo a quello, attraverso il quale, sprigiona energia nel sole e nelle stelle, in seguito alle reazioni di fusione tra nuclei di idrogeno. 

 

Questo tipo di fusione non produrrà gas ad effetto serra, non presenterà rischi e non genererà rifiuti radioattivi. 

L’energia, prodotta da ITER, consentirà, allora, di produrre un energia sicura (in quanto eco-sostenibile) ed inesauribile.

Mi permetto di aggiungere che l’Italia ha contribuito attivamente all’evoluzione tecnico scientifica rivolta alla creazione di impianti di fusione nucleare.

Cito in particolare Maria Betti (la quale, dal 2008, è a capo dell’Ufficio di Monaco dell’IAEA (INTERNATIONAL ATOMIC ENERGY AGENCY) e gli ingegneri Aldo Pizzuto ed Alessandro Pinitrato.

  

Ma, per comprendere le prospettive future in tema di energia atomica, pulita e sicura e, soprattutto, proiettata verso una prospettiva ottimistica del futuro dell’umanità e del pianeta terra (che ci ospita) mi permetto di sottoporre alla cortese attenzione dei nostri amici lettori la seguente intervistaconcessa da Yutaka kamada (ingegnere nucleare project leader dell’esperimento jt-60sa9) a Stefano Massarelli (quotidiano La Stampa) in data 12 dicembre 2018.

Il 2050 potrebbe essere “Demo”, il primo reattore a fusione nucleare in grado di portare energia in ogni casa, imitando il processo di combustione del Sole e delle stelle.

Questo impianto avveniristico sarà preceduto da alcuni progetti sperimentali come Iter, il reattore in costruzione nel Sud della Francia, e JT- 60SA, il reattore euro-nipponico che, per primo, accenderà  i motori tra meno di due anni. 

«Quando sarà operativo, nel 2020, JT-60SA sarà il più grande dispositivo sperimentale Tokamak al mondo, fino a quando Iter non entrerà in funzione   attorno al 2025», spiega Yutaka Kamada, “project leader” della mega-iniziativa che vede la luce nella città giapponese di Naka e a cui l’Italia ha fornito un importante contributo. 

 

Che caratteristiche ha questo reattore?

«JT-60SA è un reattore a forma di “ciambella” di tipo Tokamak: ha un’altezza di 16 metri e un diametro di 12 metri per un peso di 2600 tonnellate. All’interno sarà presente un plasma ad altissima temperatura confinato in un campo magnetico fino a 22.500 volte più potente di quello terrestre. Il plasma sarà spinto fino a temperature di 100-200 milioni di gradi kelvin e, quindi, anche 10 volte superiori a quelle del Sole. A queste condizioni è possibile avviare il processo di fusione nucleare». 

 

Quindi produrremo energia imitando il Sole?

«Ci sono alcune differenze: all’interno del Sole quattro atomi di idrogeno si fondono assieme formando un atomo di elio, mentre in un reattore a fusione un atomo di deuterio e uno di trizio (due isotopi dell’idrogeno, ndr) si fondono e formano una molecola di elio e un neutrone. Questa nuova configurazione ha una massa leggermente inferiore rispetto alla configurazione iniziale: la massa mancante viene convertita in energia: ecco il processo di fusione».

 

Come si trasforma l’energia prodotta  in  elettricità per le nostre case?

«Parte dell’energia prodotta dalla fusione viene accumulata dai neutroni che, privi di carica elettrica, sfuggono al campo magnetico e sono catturati dal “mantello” del reattore. Qui l’energia cinetica viene convertita in calore che può essere trasformato in energia elettrica in modo simile a quanto avviene nelle centrali odierne»

 

Quali sono gli obiettivi di JT-60SA rispetto a Iter?

«Iter dovrà dimostrare la capacità di portare avanti una reazione di fusione nucleare per un tempo di 400 secondi e con un guadagno energetico pari a 10. Il reattore JT-60SA ha invece l’obiettivo di supportare la realizzazione di Iter e studiare come ottimizzare il funzionamento delle centrali di futura generazione. Per attrarre il mercato, infatti, le centrali dovranno essere anche economiche».

 

Qual è stato il ruolo della ricerca e dell’industria italiane nel progetto?

«Un contributo fondamentale. Sotto la guida dell’Enea alcune aziende italiane – tra cui ASG Superconductors e Walter Tosto – hanno realizzato metà delle  bobine superconduttive che formano il campo magnetico. L’infrastruttura è inoltre dotata di un sistema di controllo del plasma, chiamato “Resistive Wall Mode”, realizzato in Italia dal consorzio Rfx del Cnr, il quale ha fornito anche la protezione per le bobine superconduttrici. E italiano è il “project manager” della collaborazione europea, Pietro Barabaschi, così come il vice, Enrico Di Pietro».

 

Attesa attenzione e riflessione dei nostri amici lettori con la speranza di essere ancora in vita nel giorno dell’inaugurazione in questo mega impianto, per commentare l’avvenimento insieme a loro.

 Aldo Pastore    3 marzo

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