COSTI E GUADAGNI DI SCELTE TERRITORIALI

COSTI E GUADAGNI DI SCELTE TERRITORIALI 
Dalla richiesta di ampliamento della centrale a carbone di Vado alla eventuale conversione dei gruppi della stessa a inceneritore, dalla cementificazione della costa a Margonara al dissesto idrogeologico di Poggio al sole: costi troppo alti per la collettività e guadagni per pochi. 

COSTI E GUADAGNI DI SCELTE TERRITORIALI 
Dalla richiesta di ampliamento della centrale a carbone di Vado alla eventuale conversione dei gruppi della stessa a inceneritore, dalla cementificazione della costa a Margonara al dissesto idrogeologico di Poggio al sole: costi troppo alti per la collettività e guadagni per pochi.
 
Prima puntata- Centrali e industrie.
 
Si fa un gran parlare in questi giorni di positive ricadute economiche sul territorio che giustificherebbero scelte progettuali come l’ampliamento della centrale a carbone di Vado, la più grande e inquinante della Liguria.

I posti di lavoro quantificati come spesso accade in modo strumentale, ripropongono l’annoso ricatto occupazione –salute, diventato ormai efficace mezzo di convinzione per un sindacato che, conscio del numero esiguo dei reali nuovi occupati dal potenziamento della centrale( qualche decina), accetta la quantificazione sull’indotto, (250?) oggettivamente meno verificabile e dichiaratamente non stimabile.

Le ricadute positive sul territorio, dichiarate dal Presidente dell’Unione Industriali Atzori, a maggior ragione in questo caso, mal si conciliano con una realtà savonese costituita da industrie dismesse per lasciare il posto a investimenti immobiliari che arricchiscono solo quei soggetti che le promuovono. Un territorio dove si spostano aziende per scelte urbanistiche speculative, si lasciano andare in cassa integrazione operai di aziende come, ultimamente, la Piral che invece di continuare ad essere fiore all’occhiello di una cultura produttiva del territorio, non solo non è stata tutelata, ma rischia di essere( come era previsto da tempo!) l’ultimo regalo agli imprenditori immobiliari.

Il guadagno delle lobby, quello sì, ha costituito asse portante delle scelte e non-scelte economiche e territoriali di un’intera Provincia : quella savonese.

Capolavori di fallimenti industriali come: la Glass proprio a Vado o, nella vicina Valbormida, Ferrania o la Rolam di Altare trasferita in Polonia perché lì più competitiva.

Storie di trasferimenti importanti come la Piaggio, dettati da chissà quale ricaduta positiva sul territorio del finalese.

Tutti seguono un copione già visto.

Le scelte furono scelte anche ai tempi dell’ormai noto ”fallimento perfetto” dell’Omsav quando sindacati, forze politiche e imprenditoriali strinsero un’asse ancor più perfetto perché ciò accadesse.

Né sindacati né forze politiche sono scesi in piazza per contrastare quanto accadeva perché le scelte sono scelte e anche in quel caso erano imposte dal mercato.

Così quando, anni fa, i lavoratori della centrale di Vado scesero di centocinquanta unità, nessun sindacato gridò allo scandalo, neppure le grandi forze politiche della sinistra, che allora governavano stabilmente, si opposero. Eppure la centrale inquinava indisturbata. Le ricadute sul territorio di malattie e morte sono testimoniate dalla storia dolorosa di molte, troppe famiglie.

Che cosa hanno fatto le forze politiche di sinistra e di destra per contrastare tutto questo?

Chi avrà il coraggio di affermare che ciò sia accaduto per le retrive posizioni dei soliti ambientalisti, continui oppositori allo sviluppo del territorio?

Le opinioni ambientaliste non hanno mai pesato, in maniera determinante, sulle scelte savonesi che se non stimolate da gruppi o associazioni presenti sul territorio, a livello di forze politiche sono state assenti.

Hanno avuto più peso le posizioni del più grande partito della sinistra che localmente ha governato, non senza complicità trasversali.

Proprio con questa consapevolezza, anche in questi giorni, per la centrale a carbone, gli industriali chiamano all’appello i sindacati che, a detta del presidente Gosio, hanno le competenze per valutare positivamente il progetto.

Un progetto scellerato dell’ulteriore potenziamento di una centrale a carbone che da quarant’anni, inquina indisturbata un territorio il cui unico guadagno si può quantificare in malattie e mortalità, in quantità di ambienti compromessi sotto il profilo atmosferico e agricolo, con la complicità di chi lo governava.

Le ricadute sul territorio sono state e sono gli enormi e dolorosissimi costi sociali e ogni famiglia, non solo vadese, lo può testimoniare.

Maresa Meneghini

Ma i sindacati possono fare la differenza e gli industriali lo sanno.

Loro potranno anche far digerire alla gente che i gruppi vetusti della centrale, quelli che non possono essere tecnologicamente ristrutturati come previsto dalle più moderne tecnologie, quelle che rendono anche meno e che per decine d’anni sono stati responsabili del disastro ambientale, possano venire un giorno convertiti addirittura in inceneritore.

No non è terrorismo da parte di scrive ma è la Meneghini della Cisl a sostenerlo, tradendo una profonda e inquietante ignoranza sulle implicazioni che questa scelta comporterebbe.

Oggi, però, la storia potrebbe finire in un altro modo. Le amministrazioni locali non sono malleabili come lo furono i Sindaci dei decenni passati e l’azienda, che ne è conscia, attende che la Regione li riporti al “buon senso”, che faccia loro capire che la salute dei cittadini è una variabile ancora troppo trascurabile per il bene di chi continua a bruciare il conveniente carbone.

La salute dei cittadini può continuare a essere “difesa” da controlli e valutazioni che l’azienda auto produce e che, lungi dalla trasparenza che i cittadini dovrebbero esigere per legge, non sono rese pubbliche.

Chi è a non volere il confronto con chi ha dati scientifici alla mano? Con chi motiva la sua opposizione con analisi dettagliate che provano come i costi sociali siano ben superiori ai guadagni paventati.

L’autopromozione e la propaganda di un’apertura mirata della centrale non hanno sortito i benefici che l’azienda sperava e non poteva esserlo, perché la vera apertura di un’azienda al dialogo e la seria discussione con le realtà territoriali, che si promuove intorno a un tavolo con tutte le realtà che, da anni, dibattono e promuovono incontri con scienziati e presenze politiche di alto livello.

Non serve a nulla promuovere la visita guidata alla centrale come fosse un supermercato che apre per i saldi di fine stagione o diffondere immagini di ambienti sterilizzati dove tecnici si muovono con altrettanta “asetticità”: le emissioni contaminanti vanno oltre quelle immagini.

 

Così, in questi giorni, per convincere che i guadagni non sono solo di chi continua a bruciare il carbone, una fonte fossile che ancora per poco sarà a buon mercato e che produce più danni che benefici, che i guadagni non sono solo di Tirreno Power, di Debenedetti e di realtà come Sorgenia che partecipa, tacitamente, all’operazione per proporsi poi come realtà ambientalista, si gioca la carta della minaccia.

Come abbiamo già assistito ormai troppe volte, in Italia, le aziende minacciano di chiudere.”E’ il mercato che ce lo impone!” afferma in un’intervista Gosio che, per rendere credibili le scelte di mercato, ventila di trasferirsi in un territorio ben più “competitivo” e malleabile dal punto di vista ambientale come può esserlo l’Albania.

 

    ANTONIA BRIUGLIA                 12 settembre 2010

 

Le informazioni sono state tratte da interviste su quotidiani locali della settimana trascorsa.

 

Dedicato alla Maresa Meneghini a cui chiederei, da donna a donna, di documentarsi meglio sui danni che un inceneritore può causare sui bambini e ancor prima sui feti.

I dati li potrà sempre chiedere alla dottoressa Gentilini.

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