Cinema: State of play

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
State of play
(In spagnolo L’ombra del potere; in italiano L’imbroglio di Stato)

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
State of play
(In spagnolo L’ombra del potere; in italiano L’imbroglio di Stato)
 

Titolo Originale: STATE OF PLAY

Regia: Kevin Macdonald

Interpreti: Russell Crowe, Ben Affleck, Rachel McAdams, Helen Mirren, Wendy Makkena, Katy Mixon, Viola Davis, Jeff Daniels, Maria Thayer, Harry Lennix, David Harbour, Rob Benedict, Zoe Lister Jones, Gregg Binkley, Arabella Field, Robin Wright, Jason Bateman

Durata: h 2.05

Nazionalità:  USA 2008

Genere: thriller

Al cinema nel Maggio 2009

Recensione di Biagio Giordano

 State of play è un thriller di buona qualità, come da tempo non se ne vedeva in TV. La pellicola riesce a fondere, con notevoli risultati di coinvolgimento  emotivo e intellettivo, l’espressività con i contenuti, la forma con la cruda materia in gioco, donando allo spettatore  momenti di grandi emozioni e originali spinte riflessive sulla realtà che lo avvolge.

Le emozioni all’uscita dalla sala lasciano il posto a domande intorno a problematiche di  forte attualità, di cui il film, in un certo senso, suggerisce la reazione più opportuna.

Gli aspetti migliori del film, pesati e selezionati all’interno di alcune logiche della critica cinematografica, sono molteplici, essi riguardano l’efficacia dello spettacolo in sé che è indubbiamente sopra le righe, le soddisfazioni finali delle principali attese create dal film sugli spettatori, pulsioni che raggiungono puntualmente la loro meta gratificando anche parte dell’inconscio, il funzionamento estetico della scrittura filmica fotografica la cui infaticabile ricerca formale lascia stupiti per precisioni e novità visive.


 Sono qualità queste il cui valore espressivo che le caratterizza contribuisce a dare  maggior drammaticità  e rilievo ai numerosi contenuti  socio-istituzionali di cui il film è intessuto.

Ciò che il film racchiude problematicamente è di estremo interesse, e per lo più è anche originale, esso riguarda un  presente molto difficile che il cinema non poteva ormai più ignorare. Sono contenuti che rilasciano allo spettatore alla fine del racconto messaggi di severo allarme,  su questioni sociali, economiche, politiche, giudiziarie, etiche, e sulla sempre più estesa conflittualità armata nel mondo, che appaiono oggi sempre più complesse.

Gli argomenti espressi, comunicati pregevolmente in una forma letteraria verista postmoderna, danno allo spettatore una emozione di richiamo etico appartenente indubbiamente ai più pregevoli valori umani dell’occidente, e la certezza  di aver attraversato con la fiction un reale problematico – in un genere filmico da lui scelto – come se fosse una copia perfetta del vero.


 L’argomento principale del film, riguarda, nei particolari, i mostruosi corollari che le caotiche guerre americane rilasciano da tempo. Come ad esempio, nella guerra con l’Iraq, il fatto che essa ha fatto sorgere subito numerosi centri di potere economico speculativo di compravendita di mercenari, associazioni del tutto illegittime che erano interessate, in simbiosi con la corruzione politica, a trarre dalla guerra nuovi giganteschi profitti di gruppo.

Un’altra questione interessante presente nel film, ha per oggetto la lotta tra i due super mass media in cui si è un po’ tutti immersi: da una parte la carta stampata ormai al tramonto ma con ancora un forte potenziale umano desideroso di contribuire alla giustizia magari ricercando, con grandi rischi, prove schiaccianti sull’abuso di potere, e dall’altra la rete internet, con i suoi molteplici e ambigui social network nonché la sua comodità di scrittura anonima  macchiata da soprusi e fantasmagorie di ogni genere, inarrestabile nella sua ascesa immaginifica come pseudo potere democratico e del tutto priva di un’anima collettiva chiaramente identificabile.


 Nel film solo i rapporti e le azioni fisiche tra persone messi in moto dalla stampa ad inchiostro riusciranno a costruire una struttura tale da riuscir a smascherare i misfatti del potere politico, consegnando alla giustizia i responsabili dei reati. Perché questo? Per la forte volontà dei giornalisti, quelli più sensibili, di riuscire in un’impresa etica, ad ogni costo e rischio; una volontà forgiata dalle difficoltà che hanno oggi le testate giornalistiche a sopravvivere. Giornalisti con una  grande pulsione eroica, che l’indignazione che li anima potenzia allargando a dismisura i confini delle loro azioni…


Un film che suscita intelligenti e inquietanti interrogativi sui limiti etici della rete, dominata in alcuni punti da veri e propri centri di potere fantasmagorici. Una rete  che  messa in relazione al fatto oggettivo della grande crisi di vendita della stampa cartacea, vera fonte fisica della democrazia, non può che far pensare anche alla  forza distruttiva che emana, e al caos disinformativo che impone in vaste sue zone, sempre più legato alla mancanza di regole e controlli autorevoli.

Il regista, Kevin Macdonald, al terzo suo film, ha dimostrato con questa opera tutto il suo valore. Ne  sentiremo parlare ancora a lungo…

    Biagio Giordano  

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