Cinema: Il grande sonno
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Il grande sonno
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RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Il grande sonno
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Titolo Originale: THE BIG SLEEP
Regia: Howard Hawks
Interpreti: Humphrey Bogart, Lauren Bacall, John Ridgely, Martha Vickers, Dorothy Malone, Peggy Knudsen
Durata: h 1.54 Nazionalità: USA 1946
Genere: thriller
Tratto dal libro “Il grande sonno” di Raymond Chandler
Al cinema nell’Agosto 1946
Recensione di Biagio Giordano
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Il vecchio generale Sternwood (Charles Waldron) si rivolge al detective privato Philip Marlowe (Humphrey Bogart), già collaboratore della Procura in diverse occasioni, perché ponga fine a delle gravose forme di ricatto che l’eccentrica figlia minore Carmen (Martha Vikcers) sta subendo: probabilmente a causa di debiti di gioco.
Marlowe risolve in breve tempo la questione del ricatto, liberando il generale da alcune apprensioni, ma scopre, lungo le sue acute indagini, un intrigo di relazioni umane cupe, animate da comportamenti criminosi. E’ un mondo quello che gli si para davanti dalle belle apparenze ma in realtà dominato nel più profondo da una cinica malvagità umana, egoistica, incorniciata da atmosfere oscure, che si pone di fatto al di là di ogni più ovvio confine etico, esaltando perciò ogni trasgressione fine a se stessa. Il detective privato rischia ripetutamente la vita ma decide di andare al fondo delle brutte cose che via via scopre, viene a conoscenza di omicidi misteriosi a volte privi di movente, come quello dell’autista del generale Sternwood finito annegato con l’automobile che si rovescia nell’acqua. Marlowe scopre in quel mondo la presenza anche di bische clandestine, sale da gioco, episodi da banditismo subdolo, e che a capo di tutto ciò c’è il boss appartenente alla Los Angeles bene, Eddie Mars (John Ridgely), un uomo avente a che fare per diversi motivi con la stessa famiglia Sternwood.
Il detective privato si cala affascinato, seppur turbato, e con un forte senso del dovere, in un mondo dagli omicidi facili, quasi abitudinari, dominato da un male senza colpa: perciò più difficile da combattere. Il film non scioglie gran parte dei nodi che costruisce, e perciò le scene via via sembrano divenire sempre più autonome, separate da un filo conduttore preciso e coerente, ma questo non è un difetto in assoluto, è soprattutto una questione di scelte fatte in termini di invenzione di nuove tecniche narrative, in questo caso si è preferito dare maggior importanza alla costruzione delle atmosfere, con risultati fotografici occorre dire eccezionali. E’ come se si fosse voluto rappresentare con la più elevata potenza espressiva e tempi lenti, soprattutto i colori e i toni dei particolari di quell’inferno umano così esteso, per trasmettere l’idea di essere presenti a un vero e proprio cancro nella metropoli statunitense. Il film non verrà a capo, nel finale, di quanto mostrato e costruito di più problematico con ii suoi personaggi nella prima parte, quasi a lasciar intendere allo spettatore che quel mondo così sporco sarà destinato a continuare a sopravvivere e forse a prosperare, anche dopo l’uscita di sala, accompagnando senza sosta i pensieri meditativi sul film. Il grande sonno è un esempio di film noir confuso, verboso, per nulla funzionale allo spettacolo e alle emozioni del genere giallo; è un film preoccupato per lo più di creare emozioni surreali-estetiche esaltando il mito della star, cose perciò lontane da soluzioni narrative reali e immediate e da spiegazioni precise dei fatti che accadono nel film stesso. Il film ha comunque buone scene splendidamente sorrette dalla fotografia e dal grande carisma di Bogart.
Questo film è un racconto messo su senza legare logicamente bene le cose che accadono, trascurando quindi la costruzione di dettagli ad incastri significanti precisi, rinunciando cioè alla fin fine a un montaggio dagli effetti di scorrevolità rilevanti, che sarebbe stata in grado di contribuire a generare curiosità e vie soddisfattive di essa. |
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