Cinema: Il Casanova, di Federico Fellini

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Il Casanova, di Federico Fellini

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Il Casanova, di Federico Fellini

  Il Casanova, di Federico Fellini, con Donald Sutherland, Tina Aumont, 1976, Italia, drammatico, 165 minuti.

 Film per lo più girato in Cinecittà, a Roma. Fellini si avventura alla grande nel settecento, tra Venezia e Roma, traendo spunti, adatti visivamente al cinema di qualità, dalle “Memorie” di Giacomo Casanova. Ne scaturisce il ritratto di un uomo colto, letterato, dotato di capacità anche ingegneristiche, alla ricerca, nelle “nobili corti” di lavoro creativo e fama.

Casanova era un atleta del sesso suo malgrado, in quanto il suo bel fisico veniva per lo più usato in giochi erotici con regole dettate dai nobili componenti delle “corti”, sofferenti di impotenza coniugale.

Il Casanova che propone Fellini, non è un cialtrone, né un volgare libidinoso amante fissato sul sesso, ma un uomo raffinato, educato, che usava l’erotismo nella speranza di ottenere un lavoro creativo, cioè qualcosa di cui aveva bisogno e che poteva avere in cambio dello spettacolo che procurava a chi desiderava osservare.

Un uomo che amava e rispettava le donne filosofeggiandone la superiorità sull’uomo in termini di grazia, bontà d’animo, desiderio di pace. Di Casanova Fellini ama comunicare, col linguaggio visivo del cinema, le gioie, le euforie, le soddisfazioni, ma anche le suicidarie crisi di identità, i rancori verso il mondo popolaresco ritenuto ignorante e brutale verso i diversi più raffinati, e, aspetto essenziale, la sorpresa nel personaggio di Casanova di veder nascere in sé un piacevole pensiero creativo: quello che dà sensazioni di leggerezza onnipotenti per il tramite della poesia, togliendo per lungo tempo il potere di presenza ingombrante, nell’immaginario, della morte.

Casanova spinto da quegli eventi sfavorevoli che non gli consentivano di finalizzare qualcosa con dei progetti legati al tempo dell’orologio, trova molto di più, di altro: il tempo dell’artista: ossia, la sensazione di una eternità senza numeri.

Splendidi costumi e scenografie teatrali, i primi vinsero l’Oscar.

  Biagio Giordano      

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