CINEMA: I tre giorni del Condor

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
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I tre giorni del Condor

   Titolo Originale: Three Days Of The Condor

Regia: Sydney Pollack

Interpreti: Faye Dunaway, Max von Sydow, Cliff Robertson, Robert Redford, Carlin Glynn, John Houseman

Durata: h 1.57

Nazionalità: USA 1975

Genere: thriller

Tratto dal libro “I sei giorni del condor” di James Grady

Al cinema nell’Agosto 1975

Recensione di Biagio Giordano

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  I tre giorni del Condor   è un appassionante film thriller di genere spionistico, uscito nel 1975 e diretto con mano sicura da Sidney Pollack che si avvale di un soggetto ben scelto tratto dal libro di James Grady dal titolo omonimo.

Trama. Joe Turner ( Robert Redfort) detto Condor é al suo primo impiego, lavora come ricercatore nella sezione CIA di New York la cui sede viene camuffata con una targa riportante la scritta: Associazione di ricerca storica e letteraria di New York. Il suo lavoro consiste nell’interpretare e selezionare notizie significative per la sicurezza del suo paese, informazioni che ricava da giornali, da certi fumetti comici, riviste e multimedia vari.


 

Un giorno, intorno alle 11, come sua abitudine, Condor si reca in un Bar per fare colazione e  comprare dei sandwich anche per i suoi colleghi. Turner decide, per via della pioggia di uscire prendendo una scorciatoia  utilizzando    una porta situata nel retro del palazzo, cosa che più in là gli salverà la vita.

Al ritorno in sede  troverà i suoi sei colleghi di sezione tutti crivellati di pallottole con le telescriventi ancora rumorosamente in funzione  quasi a voler banalizzare  il contrasto morte-normalità, Turner intuisce cosa può essere successo e viene preso dal panico,  a un certo punto dopo aver notato tra le dita di un cadavere una sigaretta ancora accesa gli viene il sospetto che gli assassini possano essere nei dintorni magari per uccidere proprio lui, il che lo porta, anziché a far domande a una donna rimasta  in vita, a fuggire disperato tra le vie della città.

Da un una cabina pubblica Turner chiamerà il dipartimento superiore di appartenenza per informarlo dei fatti. Dopo il riconoscimento in codice gli viene proposto, per ricevere protezione,  un appuntamento in una via fatiscente della città. Turner  dal tipo di domande che gli fanno al telefono intuisce che nella CIA possa esserci qualcosa di losco e quindi  accetta l’appuntamento solo alla condizione che sia presente nel luogo d’incontro un suo vecchio amico.


All’appuntamento il suo amico è presente, ma è ignaro di quello che sta effettivamente accadendo,  insieme a lui,  conosciuto da Condor solo in codice,  c’è  il  coordinatore di servizio CIA della zona, quest’ultimo  è  armato e cerca di eliminare Condor, ma il primo colpo va a vuoto al che  Turner, anche lui armato, risponde al fuoco ferendolo mortalmente, dopo di che scappa rifugiandosi presso Kathy, una ragazza in automobile a cui chiede aiuto per strada. La donna, dapprima infastidita, appare poi coinvolta dalla situazione in gioco e decide di aiutarlo.

Condor via via comprende, fino al punto di non avere più dubbi, che nella CIA sono attivi dei servizi segreti deviati, gli stessi  che hanno organizzato il massacro, la cui lista nera con le persone da eliminare era comprensiva del suo nome.

Verrà fuori che il suo ufficio aveva intercettato un falso documento creato ad arte, che giustificava un intervento militare americano nel medio Oriente, cosa che metteva in gioco, a favore di qualche gruppo finanziario legato alla produzione di prodotti bellici, i vantaggi economici che le  guerre procurano.

 Con l’aiuto di Kathy diventata sua amica, Condor riesce a mandare a vuoto diversi attentati contro di lui e a scoprire il responsabile principale del sanguinoso agguato: Leonard Attwood, coordinatore dei servizi CIA in Medio Oriente e mandante della strage.  Riuscirà Condor a rimanere in vita e a incastrare pubblicamente Leonard Attwood e i suoi complici, rendendo un grande servigio al suo Paese?


Commento. Questa opera di Pollack non si differenzia molto dalle altre dello stesso genere se non per un modo di narrare che ha dell’elettrizzante, soprattutto per come riesce a tenere desta negli spettatori l’attenzione e a incrementare via via le tensioni fino a farle giungere a un apice che la perseveranza etica  che impregna l’azione di Condor scioglie poi in modo semplice, quasi spontaneo, rilasciando negli spettatori, dopo tanto aver patito  per una lunga identificazione col protagonista, soddisfazioni  piene, legate al senso della giustizia più comune.

  Gli attori si calano molto bene nelle loro parti, così pure  i doppiatori italiani, quest’ultimi  confermano la bravura della scuola italiana di doppiaggio di quel periodo tanto da meritare di essere considerati dei veri e propri attori, le cui voci dagli infiniti toni interpretano con grande efficacia le svariate vicende drammatiche di questo film.


Questo film fa anche scuola di thriller, è un chiaro esempio di che cos’è  il suspense cinematografico rispetto a quello creato nei libri, un meccanismo che coinvolge senza possibilità di interruzione tutti e cinque i sensi (olfatto, apparato gustativo e tatto allucinati), una situazione scenica che non dà scampo evasivo alla concentrazione attivata in sala, abbinata com’è  la scena a  una sala al buio dove lo spettatore si trova  in una condizione psicologica di regressione ipnotica, un tutto ambientale che favorisce forme varie di allucinazioni di origine inconscia appena percepite dalla coscienza.

Un film quindi,  quasi riuscito in ogni particolare,  un vero thriller mozzafiato che si impone ancora, pur visto a distanza di molti anni, come capolavoro del genere lasciando stupiti per la scorrevolezza, l’intelligenza narrativa degli intrecci, la fotografia-linguaggio minuziosa  e loquace e la media temporale alta delle apprensioni spettacolari in grado di catturare gli spettatori

 BIAGIO GIORDANO
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