CINEMA: Effetti Collaterali
RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona
Effetti Collaterali |
RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona
Effetti Collaterali |
Titolo originale: Side Effects
Nazione e Anno: U.S.A., 2013
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 108 minuti.
Regia: Steven Soderbergh
Cast: Channing Tatum, Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Vinessa Shaw, Mamie Gummer, David Costabile, Greg Paul, Andrea Bogart, Kerry O’Malley
Distribuzione: M2 Pictures
Produzione: 1984 Private Defense Contractors, Di Bonaventura Pictures, Endgame Entertainment.
Recensione di Biagio Giordano
In sala in Provincia di Savona
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Emily Taylor (Rooney Mara) è una giovane donna che soffre di depressione. Il marito Martin (Channing Tatum) ha appena scontato una pena di quattro anni per insider trading (compravendita di titoli finanziari, azioni, del tutto illecita perché favorita dal furto di informazioni segrete di borsa). La riacquistata libertà del marito anziché migliorare lo stato psicologico di Emily lo peggiora, tanto che un giorno, nel garage condominiale, la donna, che appare fuori di sé, sale alla guida dell’automobile e anziché uscire sulla strada va a sbattere volontariamente contro un muro interno dell’autorimessa.
Ricoverata in ospedale la donna risulterà in condizioni non gravi: l’intervento dell’airbag le ha protetto la testa. Al suo risveglio si fa vivo lo psichiatra di turno, il dottor Bank (Jude Law), che, intuita l’intenzione suicida della donna, si accerta con molta delicatezza delle sue condizioni psicologiche offrendosi alla fine di assisterla. Emily è lusingata dalla gentilezza dell’uomo e accetta volentieri di dialogare con lo lui. Uscita dall’Ospedale la donna, che in precedenza aveva già portato a termine una cura psichiatrica, precisamente con la dottoressa Victoria Siebert (Catherine Zeta-Jones), inizia un lungo rapporto in studio con il giovane dottor Banks, un medico dall’aspetto rassicurante ma che si rivelerà presto uno psichiatra sfuggente, ambiguo, molto più interessato a se stesso che al bene della cura, e animato da desideri di giungere anche a compiere male affari sanitari. L’uomo inizia a curare Emily con degli psicofarmaci noti, dal funzionamento collaudato, per lo più affermatisi da tempo sul mercato, e dotati di un grado di sicurezza elevato. Sono farmaci i cui effetti collaterali risultano ben conosciuti. Successivamente il dottor Banks passa a delle medicine nuove, del tutto sperimentali di cui non si possono conoscere gli effetti indesiderati sull’organismo. La casa farmaceutica produttrice di questi nuovi farmaci ne promuove la distribuzione in modo scorretto. I suoi amministratori fanno pressione sugli psichiatri con del denaro, inducendo i medici alla corruzione, portandoli a prescrivere i farmaci senza più pensare ad alcuna strategia di cura, riducendo il loro compito esclusivamente allo studio dei medicinali, cioè a un preciso resoconto del loro effetto terapeutico abbinato a una valutazione, per lo più descrittiva, delle conseguenze non desiderate sull’organismo.
I pazienti rimangono del tutto ignari della sperimentazione, sia per quanto riguarda gli aspetti legati alla corruzione, che sono alla base della diffusione della possibile cura, sia per la pericolosità stessa dei farmaci.
Emily con i nuovi farmaci non sembra affatto migliorare, anzi un giorno, all’improvviso, e cogliendo di sorpresa lo stesso spettatore, uccide con il coltello il marito Martin; lo fa in cucina durante l’ora della colazione, mentre finge di essere indaffarata ai fornelli e lo fa proprio nel momento in cui sta per ricevere un bacio dal marito. L’uomo viene trovato esanime dalla polizia sul pavimento, in una pozza di sangue, la donna che ha chiamato la forza pubblica ammetterà poi alle autorità preposte di non riuscire a capire come sia potuto accadere tutto ciò. Gli indizi scoperti conducono inevitabilmente subito alla moglie Emily perché ha lasciato impronte ovunque, ma lei con molta decisione dice di non essere cosciente di aver compiuto l’omicidio, forse sperando di essere graziata per infermità mentale, oppure perché effettivamente non ricorda quanto da lei compiuto, in tal caso può essere insorto una sorta di handicap, una psicotizzazione sopraggiunta a seguito dell’assunzione dei farmaci sperimentali, cosa che se provata metterebbe seriamente nei guai lo psichiatra e la casa farmaceutica produttrice. Lo spettatore a questo punto sa con certezza due cose importanti, primo che il marito è stato ucciso dalla moglie Emily, secondo che la cosa è avvenuta durante la fase di cura di Emily con i nuovi farmaci sperimentali prescritti dal suo psichiatra Bank, non sa quindi se quanto espresso da Emily alla polizia sia vero. Da questo momento lo spettatore tende a percepire Emily come una vittima e lo psichiatra Bank, insieme alla casa farmaceutica, come dei malavitosi. La sua commozione va quindi tutta per Emily anche se è consapevole che diverse cose sono ancora da chiarire.
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Nel successivo sviluppo del film, e qui sta buona parte della grandezza del regista Soderbergh e della efficacia letteraria della sceneggiatura, intervengono svelamenti di fatti e episodi nuovi tali da ribaltare il giudizio dello spettatore, a tal punto che egli si trova immesso nella dirittura d’arrivo finale in una posizione osservativa privilegiata che esalta lo spettacolo, una situazione insolita che gli procura un particolare godimento voyeuristico legato alla trasgressione in cui viene trasportato, alle sue conseguenze pulsionali inarrestabili che lo fanno sbalzare fuori dai codici etici più comuni, già incarnati, presenti nel suo immaginario sociale e di costume in relazione con una tradizione di lunga data, adagiandolo per qualche istante in un soffice manto di perversione ammessa. Quale mistero racchiude il presunto peggioramento psichiatrico di Emily? E quali sono nell’omicidio di Martin le effettive responsabilità professionali del giovane psichiatra Bank e della casa farmaceutica produttrice dei farmaci sperimentali? Soderbergh con questo film conferma di saperci fare con il thriller, riuscendo ad inventare sempre qualcosa di nuovo sia nei codici visivi che nei meccanismi letterari e contenutistici della narrazione. Di quest’ultimi sono da sottolineare maggiormente quegli aspetti che coinvolgono lo spettatore sul piano della risoluzione degli intrecci costruiti durante il percorso narrativo, come le parti del film che si approssimano al finale. Soderbergh riesce spesso a stupire e a sorprendere gli spettatori per qualcosa che in qualche modo va a porsi molto piacevolmente al di là di un luogo comune di costume o di buon senso ben prospettato e caldeggiato nella prima parte del film e che lui sa appartenere a buona parte degli spettatori. Non è comunque questo un modo facile di risolvere l’intreccio del film, perché occorre sedurre lo spettatore e ciò può avvenire solo con una finzione credibile, in grado cioè di aprire in lui un gioco pulsionale di rilievo, di risvegliare quella parte dell’inconscio idonea ad entrare in simbiosi con l’immagine-fantasma, come può accadere per quelle rappresentazioni più legate a un desiderio antico rimosso abbandonato dall’oggetto causa che lo sosteneva che si è in qualche modo perso, dileguato creando delusione ma la cui sembianza giace sempre lì in una zona oscura della psiche pronta a ritornare attiva se richiamata da un immagine tipo: combinandosi logicamente con il fantasma desiderante di più profonde origini. BIAGIO GIORDANO |