CINEMA: E’ stato il figlio
RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO
in sala nella Provincia
E’ stato il figlio
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RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO
in sala nella Provincia
E’ stato il figlio
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E’ stato il figlio Regia: Daniele Ciprì
Uscita Cinema: 2012
Genere: Drammatico
Sceneggiatura: Miriam Rizzo, Daniele Ciprì, Massimo Gaudioso
Attori: Toni Servillo, Giselda Volodi, Fabrizio Falco, Aurora Quattrocchi, Benedetto Raneli, Piero Misuraca, Alfredo Castro, Giacomo Civiletti, Pier Giorgio Bellocchio
Fotografia: Mimmo Caiuli, Daniele Ciprì
Montaggio: Francesca Calvelli
Musiche: Carlo Crivelli
Produzione: Alessandra Acciai, Giorgio Magliulo, Luciano Stella Per Passione, In Collaborazione Con Raicinema, Palomar E Babe Films
Distribuzione: Fandango
Paese: Italia 2012
Durata: 90 Min
Formato: Colore
Note: In Concorso Al Festival Di Venezia 2012
Recensione di Biagio Giordano
In sala nella provincia di Savona
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Siamo nel palermitano intorno agli anni ‘70, Busu (Alfredo Castro) è un anziano signore a cui piace raccontare episodi curiosi di paese. Lo fa stando seduto tutto il giorno nell’accogliente ufficio postale; il suo modo di raccontare è lento, suadente, accompagnato da un tono di voce calda ma leggera, tanto da suscitare tra i presenti un buon interesse.
Busu ama riportare spesso i fatti avversi di cui è stata vittima la famiglia Ciraulo, colpita da due gravi lutti in un breve periodo di tempo. Il capofamiglia Nicola Ciraulo (Toni Servillo) oltre a fare l’operaio recupera piccoli componenti di arredo e ferro vecchio dalle navi in demolizione, insieme al padre già anziano, e al figlio giovane. Al ritorno a casa lo aspettano per cena il figlio, la madre, la moglie, la piccola Serenella e l’anziano padre. Un giorno sul lavoro Nicola disputa violentemente con un giovane parente, sospetto mafioso, che gli contesta l’importo dell’assegno lavorativo di giornata giudicato misero, i due, dopo essersi a lungo fronteggiati, sembrano sciogliersi ma il giovane si allontana con un tono di voce ancora un po’ intimidatorio. Il giorno seguente lo stesso parente si fa vivo nei pressi della abitazione di Nicola, accompagnato da due killer armati che sembrano interessati a una anziana persona vestita di nero ferma tra diverse automobili, ma che invece, con estrema freddezza, sparano e uccidono la piccola Serenella (Alessia Zammitti).
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Il padre Nicola cade nella disperazione, ma viene informato da un collega di lavoro che può essere risarcito dallo Stato di una grossa somma, prevista per i parenti delle vittime di mafia. I Ciraulo presentano domanda di risarcimento, nel frattempo, per vivere, continuano a fare debiti e cercano di capire, in vista dell’arrivo dei soldi, di quali acquisti potrebbero aver veramente bisogno.
Una volta risarciti e pagati i debiti, i Ciraulo decidono, su volere del capofamiglia di comprare una Mercedes.
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La Mercedes, in stile ‘presidenziale’, è una scelta feticcio, una sorta di simbolo sconfessione di una castrazione in realtà già avvenuta con le gravi umiliazioni subite dal capofamiglia nel suo sociale precario.
L’auto viene consacrata alla memoria della piccola Serenella uccisa. Ciò avviene attraverso un battezzo in acqua santa effettuato dal parroco del paese che si avvale in ciò di un inedito rituale cristiano. L’automobile finirà per diventare il simbolo di un riscatto sociale della famiglia, un affrancamento però del tutto impossibile, perché paradossale: ricercato cioè individualmente in un territorio socialmente assente, privo di tutto.
Per questo film la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2012 ha dato un premio a Daniele Cipri. La motivazione è la seguente: ” Per aver dato con il suo Film il miglior contributo tecnico alla fotografia”. Il Nicola di Toni Servillo incarna l’inguaribile infantilismo di frange di un’umanità relegata ai margini del sistema sociale, in un territorio praticamente senza Stato, desertificato di ogni vera istituzione. Un infantilismo destinato a sfociare nella criminalità, perché segnato in una accezione psicanalitica, dal senso di colpa inconscio per l’uccisione del padre, qualcosa di pulsionale che è rimasto atavico: non stemperato, successivamente, dal civile. In un territorio dove i deboli, quelli più orgogliosi, divenuti esempi di una libertà interiore di possibile fecondità sociale soggiacciono a ogni genere di ricatti da parte della criminalità organizzata, subendo umiliazioni e annichilimenti di ogni genere. Un mondo confuso, con gli abitanti caratterizzati da una gestualità spesso caricaturale, grottesca, eccessiva, caotica, che si muovono disorientati, come mostri feriti alle gambe che vanno confusamente in cerca di aiuto, cercando disperatamente un favore negli sguardi anche ostili di chi incontrano. Una umanità destinata a sopravvivere nel terreno spettrale della morte di periferia, pronta ad illudersi per ogni nuovo potere con cui entra in contatto giornalmente, capace di affrontare anche ciò che di mortale può spuntare all’improvviso da un angolo della strada: muovendosi lungo una interminabile catena di sangue all’interno della quale sono i figli giovani a dover sostenere l’impatto esistenziale più irruento, ad essere poi sacrificati dai genitori stessi sull’altare del proprio benessere precario. |
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BIAGIO GIORDANO |