Cinema: Chernobyl

Chernobyl (2019) è un film televisivo statunitense e britannico, relegato nella tipologia “serie”, ma che è in realtà, per linguaggio fotografico e tempi e spazi di scrittura visiva, un vero e proprio film.
La sceneggiatura è creata e scritta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck per HBO e Sky Atlantic.

Attenzione, questo commento contiene spoiler

Il film racconta con grande verismo fotografico e un ricco studio sui fatti, la storia del disastro di Černobyl’, ponendo l’accento, tra le tante cose, anche sugli uomini e le donne che si sono maggiormente sacrificati per limitare i danni all’Europa e al territorio contaminato intorno alla centrale, abitato da più di 50.000 persone.

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Le vicende raccontate attingono anche dalle testimonianze degli abitanti di Pryp”jat’, raccolti dalla scrittrice Svjatlana Aleksievič nel suo libro Preghiera per Černobyl’, e da alcuni scritti sul disastro elaborati da Andrew Leatherbarrow.
Il film mette a nudo però, sopratutto la debolezza manifestata dai maggiori responsabili delle istituzioni politiche e degli amministratori tecnici della centrale nel analizzare tempestivamente sul luogo interessato ciò che una violenta esplosione poteva aver creato.
Il ritardo nell’accertamento dei fatti avrà conseguenze disastrose sia per la messa in sicurezza della popolazione di Pryp”jat’ (50.000) abitanti) sia per le misure che avrebbero dovuto essere prese in tempo per lo spegnimento del nocciolo del reattore in fiamme.
Verrà accertato che la causa del disastro era dovuta a un test molto rischioso (che diverse altre centrali, per ragioni di sicurezza non si erano azzardati a fare) condotto da ingegneri elettrotecnici e non nucleari, che prevedeva, con la simulazione di un black out nella centrale, di verificare se l’inerzia conseguente delle pale in movimento della turbina priva di corrente, consentiva ancora, per un tempo di 50 secondi (che sarebbe il tempo necessario ai gruppi elettrogeni per avviarsi in caso di black out) alle pompe di raffreddamento del nocciolo di funzionare; non fu così, l’acqua di raffreddamento evaporò per mancanza della sua circolazione e il nocciolo si surriscaldò fino ad esplodere.
Ci fu un tentativo, prima dell’esplosione, di calare le barre di grafite che regolano la potenza del nocciolo per spegnerlo, ma non si riuscì a farlo per mancata risposta ai comandi (furono accertati gravi problemi di progettazione del nocciolo stesso che non prevedeva manovre in situazioni simili di emergenza, cioè con già temperature alle stelle).
Un film molto premiato, con atmosfere di grande impatto drammatico, ciò grazie ai colori di una fotografia slavata, semibuia, e ai dialoghi, sempre veri, credibili per il tono modulato delle parole, in grado quest’ultime di comunicare la preoccupazione e la disperata speranza che animava i personaggi in gioco, dialoghi che ben contribuivano (negli spettatori) a sfumare con la loro aderenza alla situazione il confine tra finzione e realtà…

 Biagio Giordano

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