Cartoline dall’Islanda III

Cartoline dall’Islanda III
(Viaggio di Delfo Pozzi e Sofia Fresia)

Cartoline dall’Islanda  
(Viaggio di Delfo Pozzi e Sofia Fresia)

III

Se dopo l’asfalto inizia il mare

Breve riposo ci ha regalato la Danimarca.
Dopo la coda usciti dall’autostrada a Genova, gli autogrill chiusi della Svizzera, i veloci curvoni delle autobahn tedesche su e su a disegnare verso nord l’infinito nastro grigio (e ardesia e gainsboro e platino e forse – ad un’occhio più attento – persino talpa) grazie Danimarca: ti volevamo, e davvero ci volevi.
Qualche ora e si riparte: solo 300 km per arrivare al mare.


Reso l’ultimo tampone negativo a chi di dovere, entrati nel porto, non restava che lasciarsi trasportare, dagli eventi, dalla nave, dal suo equipaggio: per qualche giorno non avremmo dovuto decidere alcunchè.
Certo, a ben pensarci a scegliere sarebbe stato anche qualcun altro.


No, loro non scelgono: loro disegnano il cielo.
 

Guccini, nella Canzone della bambina portoghese, traccia con la sua eccezionale delicatezza il confine tra terra e oceano, chiamando “un punto al limite di un continente“ il luogo, o forse la persona, che di fronte a sé non ha altro se non un deserto di onde spumeggianti e la loro immensa forza.

E poi… nella realtà ti trovi davanti il Mare del Nord a marzo, la prima notte, oscura e bellissima.

 


 

E poi… la poesia, passate le Shetland, prende prende il ritmo di onde alte due piani (fuori terra, molto fuor di metafora), e la nave fiera alza la testa ma presto, mesta, s’inchina, e così frangente dopo frangente, ora dopo ora, per due giorni interi.
C’è chi si gode lo spettacolo maestoso di questo mondo in continuo rimescolio, chi vomita, chi sta al chiuso sen- za quasi proferire parola aspettando, guardando un muro di ferro, pregando o bestemmiando.

Di mezzo tra noi e l’Islanda solo le Fær Øer, porto sicuro in cui lasciamo sfilare il vento più forte prima di prose- guire.

 

 

Una sera ancora:

 
 
 
 
 
 
e l’indomani arriva
 

 
 

 
 


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