Aumenta il rischio povertà

IL VOLTO DELLA MEMORIA
(Quarantatreesima parte)
AUMENTA IL RISCHIO POVERTA’

IL VOLTO DELLA MEMORIA
(Quarantatreesima parte)

Come comunicato nella precedente puntata, pubblichiamo, in data odierna, l’Articolo di ALDO PASTORE, datato 22 FEBBRAIO 1996, avente per titolo:

AUMENTA IL RISCHIO POVERTA’

Il Dipartimento Politiche Sociali della C.I.S.L. ha recentemente elaborato uno studio sulla situazione economica delle famiglie residenti nella provincia di Savona.

Lo studio, per la serietà e l’attendibilità della fonte, merita di essere conosciuto ed adeguatamente analizzato, soprattutto per le implicazioni di carattere sociologico che possono derivare, all’intera nostra collettività, dall’esame dei dati in esso contenuti.


 

Vediamo, allora, di procedere con ordine:

– Nel 1992 erano presenti, in provincia di Savona, 119.500 famiglie; nel 1995 il numero si è ridotto a 118.000;

– Nel 1992 le famiglie con un reddito mensile inferiore a Lire 1.500.000 erano 35.400 (pari al 29,6% del totale); nel 1995 tale numero è salito, in cifra assoluta, a 38.800 ed, in percentuale, al 32,9%;

– Nel 1992 le famiglie con un reddito mensile inferiore a Lire 3.000.000 erano 44.800 (in percentuale 37,5%); nel 1995 le famiglie con un reddito mensile sino a 3.500.000 erano salite a 48.500 (pari a141,1 % del totale);

 – Nel 1992 le famiglie dotate di un reddito mensile superiore a Lire 3.000.000 erano 39.300 (in percentuale 32,9%); nel 1995 le famiglie con un reddito mensile superiore a Lire 3.500.000 sono discese sino al numero di 30.700 (pari al 26% del totale).


 

Quali conseguenze immediate trarre dall’ analisi di questi dati?

Sostanzialmente tre:

1) I poveri (anziani e famiglie monoreddito), in questi ultimi quattro anni, sono diventati sempre più poveri;

2) I benestanti tendono a diminuire in cifra assoluta; in effetti stiamo assistendo ad una progressiva erosione numerica delle famiglie facoltose ma, all’interno di questa fascia, è facile scoprire che i pochi ricchi stanno diventando sempre più ricchi;

3) Per i 48.500 nuclei familiari che possono contare su introiti mensili fino a tre milioni e mezzo di lire, è altrettanto facile arguire (come fa giustamente rilevare Reginaldo Vignola) che “il futuro riserverà un peggioramento delle loro condizioni di vita, spingendo molte famiglie verso una nuova povertà, non potendo contare su mensilità sufficienti a soddisfare i loro bisogni essenziali”; in altri termini stiamo assistendo (o assisteremo) ad un progressivo decadimento economico del cosiddetto “ceto medio” (operai, commercianti, artigiani, professionisti) con conseguenze deleterie per l’intera nostra collettività.

I dati riportati dal Dipartimento Politiche Sociali della C.I.S.L. sono, dunque, estremamente importanti e significativi; essi, peraltro, non fanno altro che confermare le risultanze, ricavate, a livello nazionale, dall’Eurispess nel suo “Rapporto Italia ’96”; in questa pubblicazione l’Eurispess ha evidenziato due fenomeni che, più di ogni altro, caratterizzano la situazione sociale del nostro Paese:

IL PRIMO: gli anziani stanno diventando, complessivamente, una categoria a rischio crescente di povertà;

IL SECONDO: va profilandosi un numero sempre più consistente di famiglie o di soggetti, appartenenti alla classe media esposti a quel medesimo rischio; un semplice mutamento dei fattori-base attorno ai quali è strutturata la vita della classe media può significare, per molti, un drastico crollo di status.


 

Credo sia dunque necessario un attento studio sociologico di tali fenomeni, cercando, per quanto possibile, di individuare le cause che stanno alla base di questo crescente pauperismo che sta caratterizzando, attualmente, la vita del nostro Paese.

Ma l’impresa non è facile, perchè la povertà è un’Idra dalle cento teste; è infatti, assai riduttivo legare il processo di impoverimento, che contraddistingue gran parte della nostra società, unicamente a condizioni di mera carenza materiale e finanziaria.

Intendiamoci: nessuno può o deve sottovalutare l’importanza della crisi economica che sta attraversando tutto il mondo industrializzato e nessuno può ignorare fenomeni quali la disoccupazione, la sottoccupazione, il lavoro nero che caratterizzano, purtroppo, gran parte della nostra Italia; non v’è dubbio che tutti questi elementi diventano fattori decisivi per l’insorgere e il radicarsi dei fenomeni di pauperismo.

Tuttavia, mi sembra doveroso sottolineare il carattere multiplo e complesso della povertà insorgente, oggi, in Italia.


Diceva recentemente Chiara Saraceno (autrice, assieme a Nicola Negri, del libro “Politiche contro la povertà in Italia”) che «in tema di povertà in Italia abbiamo già realizzato il federalismo; tipicamente italiano non è tanto il forte squilibrio territoriale (che condividiamo con altri Paesi), quanto l’addensamento di tutte le povertà in certe aree del Paese: dove c’è la disoccupazione, c’è anche la scuola che non funziona, la sanità inefficiente, i servizi scadenti; in sintesi là dove lo Stato si presenta più povero, più marcata è la povertà»

Quello che dunque colpisce ed indigna nella situazione italiana è questo raddoppiarsi dei colpi per cui ad una situazione strutturale di disoccupazione si sovrappone una povertà di interventi che si appiattiscono sulla realtà esistente ed, alla fine, aumentano la povertà, anziché contrastarla.

Chi è senza lavoro non ha per sé (e per la sua famiglia) scuole, case, ed assistenza funzionanti; manca quel QUID che possa restituire a queste persone il senso dell’appartenenza, la convinzione di essere cittadini di uno Stato, con gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini e non già un “cliente” di qualche altro potere (più o meno occulto), a cui” le cose” possono arrivare o meno.


Si badi bene: questo mio ragionamento non riguarda soltanto alcune zone o alcune regioni del Sud dell’Italia, ma può assumere carattere di rilevanza anche in altre aree del Paese ed, addirittura, alla luce dei dati sopracitati e dello stato dei nostri servizi territoriali, può interessare, forse, la nostra Città e la nostra Provincia.

Si pone, quindi, il problema del “come intervenire”; non posseggo purtroppo la carta vincente o risolutiva; mi pare tuttavia, di poter dire che, proprio per le caratteristiche di estrema complessità che sta assumendo il problema della povertà nell’ intera nostra società, non si possa rispondere con proposte isolate o settori ali e meno che mai congiunturali; abbiamo bisogno di un Governo dell’Italia e del Mondo che sappiano volare in alto e sappiano offrire risposte convincenti alla crisi strutturale del nostro tempo.

Ritengo personalmente che sia possibile coniugare la lotta alla povertà con l’esigenza di salvaguardare la vita del nostro Pianeta e degli uomini che in esso vivono: è questa la grande sfida degli anni 2000.

Ma per ottenere questo risultato è forse necessario dimenticarci dell’industriale tessile del secolo XIII, Pietro Bernardone, per seguire, invece, l’esempio di suo figlio, Francesco d’Assisi: è giunto, forse, il momento di risvegliare l’archetipo di Francesco che si è addormentato dentro di noi ed inaugurare un nuovo cammino per l’umanità e per la Terra.

Savona, 22 febbraio 1996

Aldo Pastore

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