L’onorevole Peppone di guareschiana memoria starà rigirandosi nella tomba all’assistere alle prodezze dei suoi nipoti
Avanti o poppolo!

Marco G. Pellifroni

Eh, certo siamo ben lontani dalle radici storiche di un comunismo seppellito sotto le macerie del muro di Berlino! L’onorevole Peppone di guareschiana memoria starà rigirandosi nella tomba all’assistere alle prodezze dei suoi nipoti, con Bersani a guidare la riscossa, non già degli (ex)comunisti, ma degli alfieri del neoliberismo, al quale si sono rapidamente convertiti.

Dunque, appurata la scarsa (?) presenza di pompe di benzina è scattata la “protezione civile” del Governo per porre fine a questa nuova calamità. Le automobili, ormai padrone assolute di ogni angolo urbano ed extra-urbano, devono trovare distributori almeno con la frequenza dei semafori. Ma mentre ci si è accorti che ai semafori si può ovviare con le rotonde, i distributori invece devono moltiplicarsi in ragione della domanda. Ma quale domanda, in verità? Tra i servizi capillarmente distribuiti sul territorio, a fianco di bar, ristoranti e negozi di abbigliamento, possiamo senz’altro annoverare i distributori di carburante. E’ pur vero che il parco auto, p. es. a Roma, secondo gli ultimi rilievi, cresce di 3 unità all’ora, col record europeo di 730 ogni mille abitanti, ma agevolare questa crescita sottraendo altro spazio per le auto, quando già hanno occupato città e campagne, vuol dire continuare ad alimentarne la domanda e andare contro le prediche che pretenderebbero di favorire il trasporto pubblico. Eppure, ecco i neoliberisti impegnarsi nel rilascio di nuove licenze di stazioni di servizio, guadagnando il plauso di Casini e, in prospettiva, persino quello del Cavaliere.

Obiettivo: maggior concorrenza, prezzi più bassi. Elementare; è la regola del 9 della destra mercantile (perché c’è anche una destra diversa, lontana da questa impostazione, ma ne parleremo in altre pagine).

Ma quale concorrenza, please? Andiamola semmai a cercare tra le 7 sorelle petrolifere: lì sì che davvero non c’è. Avete mai notato qualche significativa differenza di prezzo tra un distributore e l’altro? E se non c’è, la colpa è forse dell’uomo che vi sta servendo? Quello che su un litro a € 1,30 guadagna 3 (tre!) centesimi lordi e ci deve pure campare? Mentre lo Stato non molla un centesimo delle accise e altre scandalose rimanenze di misteriosi enti inutili ed una tantum passate, per un totale di oltre il 60%? Mentre le compagnie petrolifere sono sempre sorde ai cali del dollaro e del greggio, ma prontissime ad adeguarsi ai loro aumenti? Ma non è grottesco che lo Stato, cioè proprio quello che si pappa come un parassita il 60% e più di ciò che diamo al benzinaio, proclami risparmi sulla pelle dell’unica delle 3 parti in causa che, lavorando duramente ogni giorno, guadagna i pochi spiccioli che appena gli permettono di sopravvivere?

Ma la regola è: Stato e compagnie non si toccano; il primo perché con le tasse abbatte, sia pur minimamente, il debito pubblico (che, come già visto in... €uro$ervi ... è in realtà un debito fasullo verso i banchieri, oltre che lo specchio delle faraoniche spese dell’apparato statale); le seconde perché fanno parte delle lobbies finanziarie (ergo ancora banche) che ci controllano sempre di più, mentre ci infiammano il petto con elogi alla libertà. Libertà di scannarci tra noi, ai livelli bassi, per un posto di lavoro legittimamente precario. Libertà di evadere la concorrenza, ai livelli alti, con le nostre aziende che si “delocalizzano” in Paesi, come la Cina, dove non esistono regole sindacali né ambientali, diventando così corree nel saccheggio del territorio e nell’impoverimento delle popolazioni; per poi venderci, senza diritti doganali, sempre in nome della libera circolazione delle merci, quegli stessi beni che avremmo potuto produrre in Italia con maggiori garanzie di tutela sia del territorio che dei lavoratori.

Discorso di sinistra massimalista, o forse di destra? Distinzioni ormai appassite, mentre le idee che accomunano i parlamentari dentro e fuori il Palazzo sono quelle yes-global, quelle che, in nome dell’uniformità di leggi e monete, stanno divorando il pianeta, coi primi risultati sul clima ormai ben evidenti a tutti. Altri seguiranno. Ma il sogno imperiale della bancocrazia rimane intatto: una sola banca centrale che emetta un’unica moneta mondiale. Ovviamente privata, nelle sue mani e, soprattutto, insindacabile.

Ma torniamo alla protesta dei distributori, dei sopravvissuti dopo la chiusura di tante stazioni per impossibilità di continuare, con proventi da fame. E’ questo il destino che attende coloro che ne apriranno di nuove, tranne quelle attigue ai supermercati, vero obiettivo del Governo cosiddetto di centro-sinistra.

Non posso quindi che sentirmi al fianco dei benzinai nella loro protesta, perché solo l’unione fa la forza. E l’unione è proprio ciò che manca ai piccoli imprenditori, come gli esercenti di bar e negozi vari, che infatti stanno subendo l’immissione di licenze a valanga, con i soliti  supermercati mimetizzati nel mucchio, per costringere in prospettiva tutti (super e iper esclusi) alla chiusura, dopo un’estenuante guerra tra poveri. Tutto questo per un risparmio irrisorio, dalle tasche dei benzinai (da chi altro se no?), ferme restando le imposte statali e i profitti dei petrolieri. Alle associazioni dei consumatori, dico invece: attente a non fare il gioco dei nostri nemici. La benzina è una merce a sé, primo per l’incidenza abnorme delle imposte; secondo perché, quanto ai prezzi, per i petrolieri non fa differenza quante stazioni di servizio ci siano. 

Marco G. Pellifroni

Finale Ligure, 19 gennaio 2007