Un’autorevole risposta ci
viene da un articolo scritto nei primi Anni
Settanta da Adriano Romualdi, ironicamente
intitolato ”Perché non esiste una cultura di
Destra”: “……mentre l’uomo di sinistra ha anche
degli elementi di cultura di sinistra, e
orecchia Marx, Freud, Salvemini, l’uomo di
destra difficilmente possiede una coscienza
culturale di destra. Egli non sospetta
l’importanza di un Nietzsche nella critica della
civiltà, non ha mai letto un romanzo di Junger o
di Drieu La Rochelle,
ignora
Il tramonto dell’occidente,
né dubita che la rivoluzione francese sia stata
una grande pagina nella storia del progresso
umano.” (Da
Una cultura per l’Europa).
Quindi è evidente che esiste una cultura di
destra, ancorché negletta da tanti, da troppi
“uomini di destra”; ed è ancora più evidente
dopo il bel saggio di Furio Jesi, del 1979,
intitolato appunto
Cultura di destra.
Ma quali sono le sue note caratteristiche, i
suoi tratti dominanti e distintivi, i suoi
propri valori? Uno di questi è senza dubbio la
fedeltà alla Tradizione: “L’unica cosa che
promette la saldezza dell’avvenire è quel
retaggio dei nostri padri che abbiamo nel
sangue; idee senza parole.” (O. Spengler)
Ora,
osserva Jesi, il linguaggio delle idee senza
parole -
tramandato ed
elaborato all’interno della cultura borghese -
lo si ritrova sovente anche nei riti e nelle
cerimonie della sinistra. Come si spiega? “Nei
secoli scorsi la cultura custodita e insegnata è
stata soprattutto la cultura di chi era più
potente e più ricco, o più esattamente non è
stata, se non in minima parte, la cultura di chi
era più debole e più povero.E’ inutile e
irragionevole scandalizzarsi della presenza di
questi residui, ma è anche necessario cercare di
sapere da dove provengono. Una cultura non
consiste certamente solo delle incrostazioni del
linguaggio che in essa ricorre; ma la
sopravvivenza indisturbata di queste
incrostazioni è per lo meno sospetta, dal
momento che una cultura e un linguaggio
significano anche un’ideologia e un assetto ben
definito di rapporti sociali.” Le idee senza
parole dunque non vengono usate solo a destra,
il modello dei rituali e
del
culto religioso è stato adottato dal potere
politico in grande stile all’epoca della
Rivoluzione francese,
et pour cause:
“Il cerimoniale permette a un gruppo di
comportarsi in un modo simbolicamente
decorativo, così da dare l’impressione di
rivelare un universo ordinato; ogni particella
acquista la sua identità mediante la semplice
interdipendenza con le altre.”(Erik Erikson
citato da George L. Mosse in
La nazionalizzazione delle
masse,1974). La
liturgia nazifascista
- ma anche, sia ben
chiaro, quella sovietica – non faceva che
seguire le indicazioni così bene espresse dal
conte Mirabeau: “Come in Grecia e a Roma, le
cerimonie civili devono guidare, poco a poco, il
popolo a percepire un’armonia tra la propria
fede e il governo”. E’ la totalità, l’insieme,
di volta in volta chiamato patria, nazione,
stato, classe, partito, che integra le
particelle altrimenti disgregate e disperse, per
mezzo del culto religioso o
civile,
dei suoi riti e dei suoi miti. Si vede come la
“cultura di destra” non solo esista ma
addirittura, per certi aspetti,
permei di sé anche
la cultura dei suoi nemici: “Per cui vi sono
buone ragioni di allarmarsi
- scrive Jesi –
quando in numerosi discorsi celebrativi proprio
della Resistenza ricompare il linguaggio delle
idee senza parole”. Non sarà che la famosa e
ormai archiviata “egemonia della Sinistra”, non
sia stata che una pia illusione, e la vera
cultura dominante sia stata, e sia tuttora,
quella della destra, cioè “quel retaggio dei
nostri padri che abbiamo nel sangue, idee senza
parole”?
Per la verità, di parole ne
circolano fin troppe. Quelle che mancano sono le
idee. Di destra? Di sinistra? Di centro? Ma le
idee non occupano spazio, se non quello
impalpabile dell’anima. Purché non sia un’anima
morta.
FULVIO SGUERSO
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