TRUCIOLI
SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
SULLA CULTURA DI DESTRA
Per
impostare un discorso appena appena storicamente (e
filologicamente) corretto e sensato sulla cultura di destra sarebbe
opportuno anzitutto specificare in quale senso si adopera il termine
“cultura” , in quale senso il termine “destra” e in quale senso
l’espressione “cultura di destra”. E’ noto, infatti, che il significato
del termine “cultura” varia a seconda del contesto: un conto, per
esempio, è il suo significato antropologico; un altro quello classico,
riferito alla formazione della persona e corrispondente al concetto
della “paideia” greca e dell’humanitas latina; un altro ancora
quello che si intende in francese con civilisation e in tedesco
con Kultur (cfr. le Betrachtungen, del 1918,
di Thomas Mann). Anche riguardo al termine “destra” andrebbe
specificato di quale destra si intende parlare; se di quella storica, di
quella parlamentare, di quella extraparlamentare, di quella italiana o
francese o tedesca, conservatrice o “rivoluzionaria”, ecc. Da
questa prima veloce panoramica si comprende che sotto l’etichetta
“cultura di destra” coabitano culture diverse e diversi orientamenti non
facilmente omologabili, tanto che viene spontaneo chiedersi: ma esiste
una cultura di destra ? E perché analoga domanda suonerebbe strana se
rivolta alla sinistra? Un’autorevole risposta ci viene da un articolo
scritto nei primi Anni Settanta da Adriano Romualdi, ironicamente
intitolato ”Perché non esiste una cultura di Destra”: “……mentre l’uomo
di sinistra ha anche degli elementi di cultura di sinistra, e orecchia
Marx, Freud, Salvemini, l’uomo di destra difficilmente possiede una
coscienza culturale di destra. Egli non sospetta l’importanza di un
Nietzsche nella critica della civiltà, non ha mai letto un romanzo di
Junger o di Drieu La Rochelle, ignora Il
tramonto dell’occidente, né dubita che la rivoluzione francese sia
stata una grande pagina nella storia del progresso umano.” (Da Una
cultura per l’Europa). Quindi è evidente che esiste una cultura di
destra, ancorché negletta da tanti, da troppi “uomini di destra”; ed è
ancora più evidente dopo il bel saggio di Furio Jesi, del 1979,
intitolato appunto Cultura di destra. Ma quali sono le sue note
caratteristiche, i suoi tratti dominanti e distintivi, i suoi propri
valori? Uno di questi è senza dubbio la fedeltà alla Tradizione:
“L’unica cosa che promette la saldezza dell’avvenire è quel retaggio dei
nostri padri che abbiamo nel sangue; idee senza parole.” (O. Spengler)
Ora, osserva Jesi, il linguaggio delle idee senza parole -
tramandato ed elaborato all’interno della cultura borghese - lo
si ritrova sovente anche nei riti e nelle cerimonie della sinistra. Come
si spiega? “Nei secoli scorsi la cultura custodita e insegnata è stata
soprattutto la cultura di chi era più potente e più ricco, o più
esattamente non è stata, se non in minima parte, la cultura di chi era
più debole e più povero.E’ inutile e irragionevole scandalizzarsi della
presenza di questi residui, ma è anche necessario cercare di sapere da
dove provengono. Una cultura non consiste certamente solo delle
incrostazioni del linguaggio che in essa ricorre; ma la sopravvivenza
indisturbata di queste incrostazioni è per lo meno sospetta, dal momento
che una cultura e un linguaggio significano anche un’ideologia e un
assetto ben definito di rapporti sociali.” Le idee senza parole dunque
non vengono usate solo a destra, il modello dei rituali e del
culto religioso è stato adottato dal potere politico in grande stile
all’epoca della Rivoluzione francese, et pour cause: “Il
cerimoniale permette a un gruppo di comportarsi in un modo
simbolicamente decorativo, così da dare l’impressione di rivelare un
universo ordinato; ogni particella acquista la sua identità mediante la
semplice interdipendenza con le altre.”(Erik Erikson citato da George L.
Mosse in La nazionalizzazione delle masse,1974). La liturgia
nazifascista - ma anche, sia ben chiaro, quella
sovietica – non faceva che seguire le indicazioni così bene espresse dal
conte Mirabeau: “Come in Grecia e a Roma, le cerimonie civili devono
guidare, poco a poco, il popolo a percepire un’armonia tra la propria
fede e il governo”. E’ la totalità, l’insieme, di volta in volta
chiamato patria, nazione, stato, classe, partito, che integra le
particelle altrimenti disgregate e disperse, per mezzo del culto
religioso o civile, dei suoi riti e dei suoi miti. Si vede
come la “cultura di destra” non solo esista ma addirittura, per certi
aspetti, permei di sé anche la cultura dei suoi
nemici: “Per cui vi sono buone ragioni di allarmarsi
- scrive Jesi – quando in numerosi discorsi celebrativi proprio della
Resistenza ricompare il linguaggio delle idee senza parole”. Non sarà
che la famosa e ormai archiviata “egemonia della Sinistra”, non sia
stata che una pia illusione, e la vera cultura dominante sia stata, e
sia tuttora, quella della destra, cioè “quel retaggio dei nostri padri
che abbiamo nel sangue, idee senza parole”?
Per la verità, di parole ne circolano fin troppe.
Quelle che mancano sono le idee. Di destra? Di sinistra? Di centro? Ma
le idee non occupano spazio, se non quello impalpabile dell’anima.
Purché non sia un’anima morta.
Fulvio Sguerso
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