L’appuntamento di
famiglia e degli amici, l’8 dicembre, nella cappella votiva
Marmoreo, in vendita “Villa Roveraro”?
Intanto il parroco annuncia: <Vi lascio…>
Don Ferrando dalle cronache nazionali a monsignore archimandrita. Ma anche
cappellano delle “Guardie d’onore” dell’ex re Umberto.
Cronaca e documenti
![]() Gianmario Roveraro |
Marmoreo (Casanova Lerrone) – L’appuntamento dell’Immacolata nella piccola, silenziosissima, cappella si è rinnovato anche quest’anno. Con due momenti di commozione. Per il quarto anno resta un grande, incolmabile vuoto: la sedia davanti all’altare che era solito occupare Gianmario Roveraro, albenganese, ex primatista italiano e olimpionico di salto in alto. Finanziere di successo, trucidato tra i misteri e che, come ha scritto Fabio Tamburini sulle pagine de Il Sole 24 Ore, “osò sfidare Cuccia e Mediobanca con il lancio di Sige e Akros”. E aggiunse: <Akros, che era partita nel modo migliore, non funzionò. Sia perché Roveraro era un finanziere esperto e abile, ma non un organizzatore. Sia perché investimenti elevati nell’immobiliare si rilevarono clamorosamente sbagliati. E la caduta di Akros segnò il tramonto di Roveraro>. Riprenderemo più avanti questi aspetti. |
Parliamo subito della seconda novità scaturita dall’appuntamento. Il parroco celebrante don Giovanni Ferrando ha annunciato alla piccola comunità di fedeli, agli amici più cari e sinceri della famiglia Roveraro, proprietaria del pittoresco santuario della Vergine Immacolata, che presto lascerà la missione pastorale nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. Un centinaio di anime, sparse tra manciate di case, ricche di pietre a vista e di storia contadina; molte dimore trasformate in gioiello grazie alla passione di nuovi acquirenti (cittadini tedeschi soprattutto), ma anche di origine locale. Don Giovanni lascia, ha ricordato, dopo che il vescovo di Albenga e quello di Acqui Terme (il parroco fa il pendolare domenicale e nelle feste comandate tra Ovada dove abita e Marmoreo) hanno raggiunto un accordo. Dall’altare senza pretese, lindo, pulito, ordinato, don Giovanni ha ringraziato tutti. Ha parlato della figura dell’illustre ed amatissimo parrocchiano assente. Gianmario appunto. L’uomo semplice, buono, che tra gli abitanti di Marmoreo era quasi “venerato”. Il suo ricordo, le sue opere di bene terrene, ci accompagnano, ci sono di esempio e di ammonimento. Nella Marmoreo che pur a soli otto chilometri dalla più opulenta e chiassosa costa, resta la bomboniera-laboratorio del passato contadino, di tante favole legate alle origini, alle tradizioni, ai valori e ai sudori di una terra strappata palmo a palmo alla collina. |
Marmoreo: alcune immagini della "casa-tenuta Roveraro" immersa nella natura. |
A Marmoreo è rimasta intatta l’ammirazione e la venerazione per il “ricco finanziere” arrivato da Albenga, e per tutta la famiglia, la moglie Silvana Canepa, donna di grandi virtù, moglie e mamma eccezionale, per il figlio, le due figlie. Ed ora i nipoti, le nipoti. C’era tutta la famiglia dei Roveraro, a pregare in occasione della Messa vespertina nella ricorrenza dell’Immacolata. Mancava soltanto un nipotino, influenzato ed assistito dalla mamma. C’erano in tutto una quarantina di persone, la chiesetta ne può ospitare non più di una trentina. Non mancavano gli amici più cari e d’infanzia di Gianmario Roveraro, l’albenganese che forse non tutti sanno, in silenzio, nella discrezione, ha aiutato tanta gente. Dalle persone più sfortunate della vita (diversamente abili), a qualche imprenditore, oggi tra i fiore all’occhiello dell’imprenditoria ingauna (mobilificio Fiorin, tanto per citarne uno tra i più noti ai media locali). Gianmario se n’è andato – ucciso dalla più spietata barbarie umane – lasciando qualche contraddizione sociale proprio nella sua città natale. Fummo testimoni in poche circostanze, qualche telefonata all’epoca in cui iniziavano a divorare le campagne di Regione Bagnoli ed aree circostanti. C’era pressioni fortissime in merito agli strumenti urbanistici, alla destinazione d’uso (contestati gli insediamenti residenziali che facevano da sponda a quelli commerciali e artigianali). Ai cronisti savonesi, come all’autorità giudiziaria (molte inchieste finirono peraltro in una bolla di sapone, prescrizioni incluse) arrivavano “soffiate”, indiscrezioni sul ruolo di alcuni personaggi, su attività di lobby a proposito di aree. Società create ad hoc. Prestanomi. Terreni venduti, acquistati, rivenduti, edificati, spesso a prezzi da capogiro. Decine di persone hanno realizzato vere e proprie fortune. |
Il senso delle telefonate (quattro o cinque in tutto) sull’onda dei ricordi di Gianmario primatista italiano e gloria, vanto sportivo di Albenga, con un interrogativo: <E’ vero che dietro alcune operazioni immobiliari agivano, col vento in poppa, persone vicine all’Opus Dei, a Comunione e Liberazione e altre consorterie, e nei rapporti con la pubblica amministrazione sarebbe emerso, a garante, proprio il potente finanziere albenganese?>. Le risposte: <…sempre e comunque nel rispetto della legalità…alle chiacchiere non diamo retta…i rapporti col Comune di Albenga sono improntati alla massima trasparenza…non intendo parlare di ciò che non deve essere messo in piazza nel rispetto della riservatezza…non abbiamo nulla di cui vergognarci o da nascondere…del resto ci sono anche indagini…>. Roveraro sempre gentile, educato, molto stringato, mai una parola di troppo, difficilmente si negava al cronista, ma non era neppure l’uomo delle passerelle. La riservatezza, del resto, è comune a tanti imprenditori e uomini d’affari di un successo costruito giorno dopo giorno. Non è un caso se la comunità di Marmoreo, dai giovani ai più anziani, conserva di Gianmario un ricordo-legame fortissimo, disinteressato. I suoi immancabili pantaloni di velluto, quella semplicità, serenità che li metteva sempre a proprio agio. Il legame scaturito dall’acquisto di “casa Laureri” (civico 143). Un fabbricato di campagna, sepolto nel verde e tra gli uliveti, simbolo di un surreale presepe, che un cittadino scapolo, lasciò in eredità ad un nipote di Onzo, da questi venduto alla famiglia Roveraro. E’ in questo “paradiso” della natura e del buon gusto che il finanziere forse ha trascorso le giornate più serene della sua vita, nonostante chi l’ha conosciuto meglio di noi racconti: <Nell’anniversario della morte molti interrogativi rimangono senza risposta…Gli esecutori materiali del delitto, Marco Baldi e Emilio Toscani, con Filippo Botteri indicato come la mente del gruppo assassino, sono stati processati e condannati. Un delitto atroce per le modalità, con il corpo tagliato a pezzi e fatto ritrovare sotto un ponte…Ma il mistero, al di là delle condanne di primo grado, resta. In particolare i rapporti, coltivati per anni, di Roveraro abituato a frequentare l’alta finanza, con personaggi di confine con il mondo della criminalità economica>. E
ancora, sempre dal “no comment” di
Fabio Tamburini
dalle colonne dell’autorevole giornale della
Confindustria:
<Chi lo conosceva bene ricorda il sorriso buono (ma
anche spesso un po’ ironico e disincantato) e la
fede di cattolico convinto, con tanto di
adesione all’Opus
Dei.>. Una piccola intrusione, farina del nostro sacco. Chi è interessato legga i libro “Opus Dei Segreta” di Ferruccio Pinotti, terza edizione 2006, ma anche “ Vaticano Spa” di Gian Luigi Nuzzi, sesta edizione luglio 2009. Non siamo esperti della materia. Conosciamo, in piccola parte, alcune realtà che si sono create nel tempo nel savonese e nell’imperiese, e filoni genovesi. Puerile mettere tutti nello stesso calderone, ma ci sono personaggi che emanano per i loro affari, per la loro cerchia, con odori davvero sgradevoli, con consorterie altrettanto sgradevoli, spesso utilizzando quel “Cristo” rappresentato da un certo clero, lontano dai sacerdoti eroi e santi che molti di noi hanno avuto la fortuna di conoscere, frequentare. Prelati compresi. Nulla, possiamo dire di Roveraro finanziere nel savonese, perché nulla a quanto ci risulta è stato reso pubblico da eventuali inchieste. Si sa, dalle cronache, che i rapitori-aguzzini (forse solo nelle mani della mafia sarebbero stati costretti a vuotare il sacco) avrebbero pedinato Roveraro per quasi un anno, arrivando sino ad Albenga, forse nel “bueno retiro” di Marmoreo. A rivelarlo agli inquirenti, gli stessi imputati-belva Marco Baldi ed Emilio Toscani, condannati con rito abbreviato a 30 anni di carcere. Baldi, se non mente, sostiene che il “capo della gang assassina” Filippo Botteri ha incontrato più di una volta un misterioso personaggio di nazionalità russa. Forse un banchiere. Nota di cronaca casuale. Si parla di notevoli investimenti di “big russi” in alcuni acquisti nei costruendi porti turistici della riviera ponentina. Arrivano ed investono con le valige piene di soldi (sporchi?). |
La cappella dove anche lo scorso 8 dicembre è stata ricordata, per tradizione, la festa dell'Immacolata |
Scriveva Tamburini: <Di sicuro il finanziere va ricordato, al di là del giallo, per almeno due grandi operazioni di cui è stato protagonista. Prima il lancio della Sige (l’investment banck dell’Imi che a cavallo tra gli anni ’70 e 80 ha messo in discussione la leadership di Mediobanca), poi la nascita di Akros…Progetti che hanno visto Roveraro protagonista e, come tale, contraltare dell’allora delfino di Enrico Cuccia a Mediobanca, Vincenzo Maranghi. Due banchieri con personalità fatte apposta per non capirsi.>. Ed
infine: <<…C’erano
le condizioni per
l’attacco finale a
Mediobanca,
ma
Roveraro
venne bloccato. E ne attribuì la responsabilità
all’allora presidente dell’Imi,
Luigi Arcuti,
sempre molto
rispettoso nei confronti di
Cuccia.
Finì con le dimissioni di
Roveraro…il
lancio di una
investment bank che battezzò con il nome di
Akros.
La scelta di contare su una pluralità di
azionisti….Agnelli,
De Benedetti,
Ferruzzi
(morto poi suicida
ndr) ed altri
imprenditori della ricca provincia
italiana…portarono
a Roveraro
una dote davvero significativa per quegli anni,
260 miliardi di lire…>. Sul fronte savonese, Gianmario Roveraro per cinque anni, sino al gennaio 2006, ha fatto parte del consiglio della Fondazione “De Mari” (Cassa di Risparmio di Savona), presenze saltuarie alle riunioni..>. Ha dichirato l’allora presidente della Fondazione, Luciano Pasquale (oggi è presidente della banca stessa), al giornalista Gianlugi Cancelli sul Secolo XIX del 14 luglio, pagina 31: <…nei cinque anni Roveraro non ha mancato di fornire suggerimenti ed indicazioni veramente preziosi; si tratta di una persona dotata di una grande umanità>. |
Nella Fondazione l’aveva designato la Comunità Montana Ingauna. Ancora Luciano Pasquale quando non si conosceva la sorte terribile: <…Persona molto competente, dotata di grandissime conoscenze in campo finanziario…>. E tra le telefonate del cronista, con difficoltà a trovarlo, il ricordo di una domanda: <Dottor Roveraro, da cronista di provincia e di campagna, se continuiamo a far ingoiare dal cemento le aree agricole della nostra piana, del primo entroterra, faremo sicuramente la fortuna di qualcuno, ma è un incentivo spaventoso per privarsi di quella che resta una ricchezza futura, la coltivazione dei campi, con ciò che rappresenta per l’umanità…la materia prima….finiremo che la piana agricola anziché vendere i suoi prodotti…nelle nostre cucine, nei negozi, nei supermercati acquisteremo tutto proveniente dall’estero…Perché le banche, ad iniziare da quelle savonesi e liguri, non privilegiano interventi di disincentivo alla speculazione immobiliare, con incentivi concreti alle aziende agricole, con supporti finora inesistenti, ad iniziare dall’assenza totale di un piano strategico di commercializzazione dei prodotti…>. Non è facile sintetizzare lapidarie risposte, assai più stringate nel ricordo di quando il cronista aveva esordito nella prima redazione albenganese de Il Secolo XIX, dicembre 1969, in piazza Petrarca, uffici famiglia Lengueglia (autolinee), con lo storico corrispondente locale Fassino. Con i commenti alle olimpiadi di Melbourne. Il “Roveraro pensiero” era pressappoco questo: <Idee giuste, condivisibili, ma l’economia ha le sue leggi di mercato, distorsioni comprese…non si può lottare contro i mulini a vento>. Dispiace dottor Roveraro, ma la storia e la sorte dell’agricoltura della piana, tra qualche secolo, diranno chi aveva torto o ragione. O meglio l’esito dei benefici e dei danneggiati a livello sociale, collettivo. I campi sono fonte di vita, non altrettanto si può dire di chi semina cemento.
FORSE IN
VENDITA “CASA E TENUTA LAURERI” Tra i sussurri che si rincorrono, in questi giorni, a Marmoreo c’è la messa in vendita della incantevole casa dei Roveraro, un gioiello sia per come è stata ristrutturata, viene mantenuta, sia per il parco alberato che la circonda, l’oasi di pace incontaminata. Sarebbe un’occasione da non perdere se un turismo di qualità (ormai smarrito per il “cementificio della costa ed aggressioni fino alla prima collina) potesse investire i capitali sapendo che fruttano il dovuto. Pensiamo alla trasformazione in “relais" di lusso. Ma difficile realizzare due milioni di euro, somma richiesta per un alloggio fronte mare nel vecchio borgo di Varigotti ed andato a ruba. Con la crisi immobiliare che ha investito pure l’entroterra ingauno, bisogna davvero chiamarli fortunati quanti hanno, a suo tempo, venduto alla comunità di tedeschi interessata all’acquisto, alla vendita della case in pietra vista della borgata Ghiglioni; qui il tedesco è la lingua più parlata soprattutto in alcuni mesi dell’anno. Hanno ristrutturato pietra su pietra, con passione, amore, buon gusto. Se la vedova Silvana Canepa ( originaria di Onzo, una sorella a Salea) resta una donna esemplare ed ammirevole, difficile credere che pensi di trascorrere l’ultimo percorso di vita lontano dalle comodità della casa di Albenga. Un figlio abita tra Monza e Milano, una figlia, a sua volta, tra Roma e Milano, una terza figlia a Cenesi. I quattro nipoti coltiveranno i loro interessi. E poi
c’è un patrimonio da amministrare, in tempi
difficili (vedi…paragrafo
delle società). Una famiglia unita, comunque, e la presenza alla tradizionale messa della cappella Laureri, è la testimonianza del legame a Marmoreo, alle scelte dello sfortunato capofamiglia.
LA
PARTENZA (ANNUNCIATA DAL PULPITO) DEL PARROCO Don Giovanni Ferrando, oggi settantenne, dovrebbe lasciare la parrocchia di Marmoreo, stando al suo annuncio. Un commiato che ha alle spalle una lunghissima scia di polemiche, chiacchiere, tensioni, articoli di giornali. Verità e bugie. Chi scrive si è occupato pure di aspetti giudiziari. Ma non è il caso, né utile rinvangare. Acqua passata. Del resto può essere utile (vedi….) l’articolo che nel 2003 pubblicò l’autorevole Corriere della Sera. Alla festa dell’8 dicembre (abbiamo evitato l’intrusione fotografica nel rispetto dovuto alla famiglia Roveraro) don Ferrando si è presentato in talare, fascia-cinta rossa, anello. Ottimo umore, fedele al suo cliché, come del resto è descritto in occasione della cerimonia (vedi…) per iniziativa dell’Unione Monarchica Italiana, domenica 23 novembre 2008 nella chiesa della Madonna del Carmine di Alessandria. Cerimonia a ricordo del 25 esimo anniversario della scomparsa di Re Umberto, l’ultimo sovrano d’Italia in esilio. Promotore Carmine Passalacqua, responsabile dell’Unione monarchica italiana e consigliere comunale ad Alessandria, con la partecipazione di 700 fedeli e dell’onorevole Franco Strabella. (Vedi foto…). Tra i
concelebranti, recita il comunicato ufficiale
che riproduciamo <monsignor
Archimandrita don
Giovanni Ferrando,
cappellano delle delegazione delle Guardine
d’Onore alessandrine e che ha ricordato le virtù
cristiane di
Re Umberto,
la sua devozione alla chiesa cattolica, fino al
lascito della
Sacra Sindone al S. Padre…ha
elencato la schiera di beati e venerabili della
Real Casa di Savoia,
che sono esempio per tutti noi>. Dopo tante “battaglie” tra Garlenda, l’episcopato di Albenga, tra le ferite non proprio emarginate ed i ricordi dei parrocchiani, dei fedeli, don Ferrando ha accettato un ragionevole compromesso. Del resto per un sacerdote che ha nel suo bagaglio un decennio di cappellano militare, sa che senza l’obbedienza ogni istituzione finisce per sfasciarsi. E’ archimandrita (ordine monastico) grazie ad un titolo onorifico ricevuto a Roma. Per la chiesa romana non è monsignore, anello e fascia rossa sono “abusivi”, ma non è un peccato. Non cambia la storia. Ha al suo attivo 4 anni di cappellano nell’esercito, tre anni nella polizia, tre anni nella finanza. Al quarto incarico triennale ha ottenuto una piccola pensione di “invalidità di servizio” e la “prebenda mensile” dovuta al titolare della parrocchia di Marmoreo. A questo si aggiunga che, nella vita, la fortuna è rimasta al suo fianco.
Luciano
Corrado
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