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Il “gran carnevale” da sfascismo scolastico

Le ultime asinerie del ministro Gelmini

(E a Savona agli esami di maturità è arrivato anche il “contratto di ripartizione”)


Il Ministro Gelmini

Savona - Cose che capitano a Roma: in piena estate 2008 il governo presenta un decreto-legge con il quale si autoattribuisce la delega in materia di scuola. Il decreto viene convertito in legge e il Parlamento si trova completamente estromesso da ogni processo decisionale sulle politiche scolastiche: sulla base di quella legge il governo può emanare una serie di regolamenti che modificano le leggi e che incideranno pesantemente sulla qualità del nostro sistema scolastico nazionale, senza che le Commissioni di Camera e Senato possano neppure esprimere un parere.

 Questi ultimi diventano ufficialmente sei (ma abbiamo già visto, vedi Trucioli Savonesi n. 206, che in realtà la riduzione è poco più di uno specchietto per le allodole); gli istituti tecnici sono divisi in due settori e undici indirizzi, i professionali in due settori e sette tra indirizzi e articolazioni.

Le scelte relative alle materie d'insegnamento sono, a dir poco, curiose: nel primo biennio del liceo delle scienze umane,  le quattro ore settimanali di "Elementi di psicologia, sociologia e statistica" presenti nel vecchio liceo socio-psico-pedagogico (vale a dire le discipline portanti dell'indirizzo) vengono sostituite con niente.

Proprio all'inizio del percorso di studi, in cui ai discenti appena arrivati dovrebbero essere fornite solide basi in vista dell'approfondimento delle tematiche a carattere sociale, psicologico e pedagogico che avviene nel triennio, si decide che, per i primi due anni, chi ha scelto un liceo delle scienze umane, di scienze umane non ne dovrà sentire parlare! Non è l'unico esempio: destini simili seguono gli insegnamenti di chimica, i laboratori e parecchio altro.

Negli schemi di regolamento anche il diritto e l'economia spariscono come insegnamento curricolare  dai licei - con la sola eccezione del liceo-economico-sociale - e da quasi tutti i trienni dei tecnici (e pazienza se i nostri figli non sapranno nulla sulla globalizzazione o la tutela del consumatore) mentre la nuova disciplina “Cittadinanza e Costituzione” viene assegnata agli insegnanti di materie letterarie, che non hanno mai dovuto sostenere (non si dice un corso di studio ma) neppure un esame sugli argomenti che dovranno trasmettere agli studenti. Che cosa pensereste di una scuola in cui i rapporti tra Leopardi e il Romanticismo europeo vengono spiegati dal professore di diritto, a cui è stato fatto fare, al più, un frettoloso minicorso di qualche ora sulla letteratura italiana dalle origini ai giorni nostri? Eppure, a parti inverse, è ciò che accadrà.

Le Commissioni parlamentari hanno chiesto più volte al ministro della pubblica istruzione di spiegare nel merito i regolamenti, ma Gelmini ha sempre declinato l'invito: alla fine, a un'interrogazione parlamentare presentata il 26 febbraio da Manuela Ghizzoni, capogruppo PD in Commissione Cultura, il ministro ha dato una risposta tutt'altro che rassicurante. Il responso, pervenuto il 16 luglio, è infatti il classico tranquillante che non tranquillizza nessuno: il Governo afferma che la riduzione d’orario per le discipline non avverrà, ma si guarda bene dal dire chi insegnerà tali materie e, anzi, annuncia di aver previsto, già per l'anno scolastico 2008-09 “azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse”.

Il messaggio è chiaro: dei docenti di Diritto possiamo fare a meno perché abbiamo i "surrogati": i docenti di altre discipline che in qualche modo avranno orecchiato qualche articolo della Costituzione. Con tanti saluti alla specializzazione degli insegnamenti e ai tanti docenti di diritto che devono quotidianamente battersi contro molti colleghi - ignari della stessa normativa scolastica, ossia del corpus regolamentare che regola il luogo dove lavorano -  perché nella scuola italiana vengano rispettate le leggi dello Stato: saranno i secondi, infatti, a dover spiegare l'educazione alla legalità!

Questo è ciò che è accaduto nell'ultimo anno. Non sono stati a vario titolo d'accordo, in ordine di protesta: il presidente dell'Associazione Italiana Costituzionalisti, Alessandro Pace, il rettore della facoltà di giurisprudenza di Genova Paolo Comanducci, almeno una dozzina di docenti universitari in facoltà giuridiche ed economiche, oltre duemila persone - della più diversa estrazione culturale – che a suo tempo hanno sottoscritto l'appello lanciato dal Coordinamento dei Docenti di Diritto ed Economia e, ultimo ma non per ultimo, l'ordine degli avvocati del Triveneto, il superordine dei professionisti forensi che in un comunicato-stampa rileva che “la soppressione dell'insegnamento di 'Diritto ed Economia' rappresenta un oggettivo impoverimento del patrimonio culturale indispensabile per la formazione di giovani che aspirano alla completezza di preparazione propria della scuola media superiore e, al contempo, un arretramento rispetto ad una formazione che considera il complesso delle competenze e cognizioni relative alle regole del vivere sociale elemento indefettibile per la crescita complessiva della persona e della sua cultura” e lamenta che il venir meno per gli studenti delle scuole medie superiori della possibilità, concreta, di acquisire quelle conoscenze sia pure elementari del diritto che possano consentire loro una meditata scelta del successivo percorso formativo universitario. In altri termini, la soppressione dell'insegnamento del diritto nei licei impedisce agli studenti di tali scuole di formarsi un'idea e una consapevolezza circa l'oggetto e il metodo degli studi del diritto, in siffatta guisa finendo per limitare la stessa capacità e potenzialità di scelta del successivo sbocco universitario”.

Cioè: l'abolizione dell'insegnamento del diritto e dell'economia è un danno sia per il futuro universitario sia per il giovane cittadino: una presa di posizione che, tra l'altro, riprende quella, datata dicembre 2006, del Parlamento Europeo. Insomma: gli stessi colleghi (sia pure di regione diversa) della Gelmini non sono d'accordo con quello che ha fatto il ministro in carica.

Non è d'accordo (e questa è storia recentissima) neppure il vicepresidente dell'Associazione Italiana Direttori del Personale, Paolo Iacci, che dalle pagine di Italia Oggi del 17 agosto si fa una domanda molto semplice: come si fa a colmare il gap scuola-lavoro e avvicinare l'istruzione al mondo dell'impresa (uno degli obiettivi dichiarati della riforma) diminuendo del 64 per cento le ore di diritto ed economia nelle superiori? “E' troppo – si chiede Iacci chiedere che si dedichi al diritto e all'economia lo stesso spazio dedicato al latino”? Bella domanda.

Intanto, la Corte Costituzionale stabilisce che il governo non può emanare norme sulla rete scolastica e il TAR del Lazio sospende la procedura di nomina degli organici di diritto (leggi: professori e maestri che saranno in carica a partire da settembre) perché il governo avrebbe emanato delibere senza che ci fosse una norma autorizzativa:  ce n'è abbastanza per capire che, forse, qualche decisione andrebbe rivista. Davvero? Sentite questa: il TAR del Lazio stabilisce in una sentenza (condivisibile o meno che sia) che i precari che si iscrivono nelle graduatorie di un'altra provincia debbano essere immessi nelle posizioni stabilite dal punteggio che avevano ottenuto nella provincia di partenza e non in coda, ma il Ministero, in una recentissima nota, invita gli Uffici Scolastici Provinciali (gli ex Provveditorati) a non tener conto della decisione di un tribunale dello Stato (vedi  articolo de L'Espresso) e poi stabilisce che ogni Ufficio può fare ciò che vuole: con tanti saluti alla parità di trattamento...   

Dulcis in fundo: quando, nel 2005, l'allora ministro Letizia Moratti annunciò che intendeva ridurre l'insegnamento di diritto ed economia negli istituti tecnici, 16 (sedici) associazioni di categoria del mondo produttivo -  nell'ordine: Abi, Agci, Ania, Casartigiani, Cia, Coldiretti, Claai, Cna, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confetra, Confindustria, Confservizi e Legacoop – criticarono la decisione sostenendo che tra gli obiettivi del secondo ciclo si doveva garantire, oltre ai saperi dei diversi indirizzi, “le conoscenze giuridiche e la conoscenza dell'assetto istituzionale-economico-giuridico dei sistemi occidentali”: che cosa è cambiato da allora?

PS. Cose che capitano a Savona: agli ultimi esami di maturità alcune esterrefatte studentesse di un liceo (che portavano all'esame i nuovi contratti di lavoro) si sono sentite rivolgere un quesito (ci sono i testimoni) sul “contratto di ripartizione” che (ma questo la commissaria lo ignora):

1.      non è un nuovo contratto di lavoro,

2.      non è neppure un contratto di lavoro,

3.     è un contratto, vecchio come il cucco, di diritto della navigazione in cui due (o più) linee di navigazione concordano di mettersi reciprocamente a disposizione un numero prestabilito di spazi di carico su determinate navi o rotte;

4.     è un contratto che le studentesse di un liceo non si sono mai sognate di studiare e che non è in alcun programma dell'Istituto;

5.     è un contratto che non ha nulla in comune con il “contratto di lavoro ripartito” cui, pare di capire, la Commissaria voleva riferirsi. Confondere il primo con il secondo è come confondere la glicolisi con  la nitroglicerina: due cose che hanno una qualche assonanza linguistica ma che non c'entrano nulla l'una con l'altra. E se qualche studentessa volesse fare ricorso contro la mancata promozione, che si fa? Cribbio, se c'è bisogno dei professori di diritto (almeno di quelli bravi, intendo...)