Questo
significa che l’evangelizzazione è sempre di
attualità, naturalmente in forme e in modi
diversi, secondo i luoghi e i tempi in cui
avviene. Significative, a questo proposito, le
parole dei Francescani Minori di Pecorile: “Con
il Concilio Vaticano II la Chiesa ha superato l’idea di
missione come attività particolare di alcune
persone ed ha recuperato la visione teologica
che fa della missione un elemento costitutivo
della Chiesa stessa: l’affermazione di Cristo
evangelizzatore e di una Chiesa evangelizzata ed
evangelizzatrice indica l’abbandono del modello
espansionistico dell’età coloniale e
l’assunzione del modello evangelico della
testimonianza. “ Nel Vangelo però si parla anche
del regno dei cieli come di un tesoro nascosto:
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro
nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo
nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e
vende tutti i suoi averi e compra quel campo”
(Mt 13, 44) Perché mai, vien fatto di chiedersi,
“lo nasconde di nuovo” invece di condividerlo
immediatamente con il suo prossimo?
E’
quello che si domanda anche don Claudio Doglio,
e si risponde così: “Anzitutto possiamo pensare
al mondo come creazione: nella realtà del creato
è nascosta la sapienza creatrice di Dio.
Restringendo il campo, possiamo considerare il
mondo della nostra vita concreta, cioè la nostra
realtà, le relazioni e le attività: lì dentro è
nascosto un tesoro.” Un tesoro, par di capire,
di cui non sospetteremmo nemmeno l’esistenza se
non ci fosse rivelata da qualcuno che lo ha
trovato, o addirittura da chi lo ha messo nel
mondo per gli uomini, ma il mondo
lo
ha nascosto “fin dalla sua fondazione”. Di qui
la necessità del Vangelo, dell’annuncio, della
buona notizia portata dal Figlio di Dio agli
uomini: “Tutte queste cose Gesù disse alla folla
in parabole e non parlava ad essa se non in
parabole, perché si adempisse ciò che era stato
detto dal profeta:
Aprirò la
mia bocca in parabole / proclamerò cose nascoste
fin dalla fondazione del mondo.” (Mt 13,
34). E molte di queste cose continuano a
rimanere nascoste, è ancora don Doglio a
ricordarcelo: “Ma possiamo restringere ancora il
campo: quel mondo sono io, la mia persona, la
mia testa e il mio cuore, il mio carattere.
Dentro ognuno di noi è nascosto un tesoro. Così
la sapienza di Dio è presente nella nostra vita;
è presente, ma in modo nascosto”. Lo aveva ben
detto Agostino:
in
interiore hominis habitat veritas. E
nondimeno, perché costa tanta fatica scendere
nel profondo di noi stessi per trovare il tesoro
lì nascosto
fin dalla
fondazione del mondo? Sembra quasi che
potenze avverse ci vogliano impedire di
conoscere la verità. Evangelizzare non significa
solo annunciare il Vangelo, significa anche -
ma le due cose non
sono in realtà separabili – viverlo nella
pratica, cioè testimoniarlo con la propria vita.
E
testimoniare il
Vangelo significa soprattutto dedicarsi ai
poveri, agli ultimi, agli emarginati, ai
carcerati, agli offesi, agli umiliati, insomma a
tutti quelli che precederanno i potenti del
mondo, i Cresi e gli Epuloni, gli scribi e i
farisei nel regno dei cieli. Almeno così attesta
la Parola. Certo
la Parola stessa non va sempre
presa alla lettera (altrimenti quante volte
dovremmo cavarci gli occhi o tagliarci una
mano!), ma nemmeno adattarla alle nostre
convenienze e ai nostri interessi: si pensi
all’abuso che si fa, ad esempio, del “Date a
Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è
di Dio”, che cosa dovremmo dare a Cesare,
secondo il Vangelo? Un talento? Due? Tre? E poi?
A chi deve dare tutto il cristiano? Pensiamoci,
e cerchiamo di stare ascolto della Parola di Dio
piuttosto che delle nostre parole umane, troppo
umane. Ma ora non vorrei moraleggiare
indebitamente, mi riferisco alla alte e profonde
parole che Enzo Bianchi ci ha affidate nel
pomeriggio di domenica ventun giugno, proprio
all’inizio di questa estate, in San Francesco da
Paola: non è il modo corretto di ascoltare la Parola proiettare i nostri
desideri nella figura del Figlio di Dio, non è
Lui che deve assomigliarci, adattandosi alle
nostre esigenze, ai
nostri giudizi o pregiudizi, ma proprio il
contrario; anche perché le nostre parole vanno e
vengono, mentre le sue, pur recepite in contesti
diversi, rimarranno parole di vita eterna: “Il
cielo e la terra passeranno, ma le mie parole
non passeranno” (Mt 24, 35). Alla luce delle
cose dette fin qui, converrà allora correggere
la domanda iniziale nel modo seguente:
“L’Evangelo: tesoro nascosto
e
rivelazione”,
sostituendo la congiunzione disgiuntiva con la
copulativa, proprio per rendere giustizia al
fatto che Dio non parla direttamente all’uomo:
Vere tu es absconditus, ha scritto Pascal, ma si è anche rivelato
per mezzo dei profeti. Dio rimane dunque
nascosto all’uomo, ma non sempre e non del
tutto: “Se non fosse apparsa mai alcune
manifestazione di Dio, questa eterna privazione
sarebbe equivoca e potrebbe essere interpretata
sia come assenza di ogni divinità sia come
indegnità dell’uomo a conoscerla; ma dal momento
che esso appare qualche volta, e non sempre,
ogni equivoco resta eliminato. Se è apparso una
volta significa che esiste sempre; non si può
fare a meno di concludere che c’è un Dio e che
gli uomini non ne sono degni” (fr. 559).
Forse
è per questo che la rivelazione non può dirsi
del tutto compiuta e che la Chiesa, in quanto
depositaria della tradizione apostolica, non ha
esaurito la sua missione evangelizzatrice (ma
potrà mai, e quando, esaurirla?).
Fulvio Sguerso
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