TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
L’EVANGELO: TESORO NASCOSTO O RIVELAZIONE
DI DIO
AGLI UOMINI DI BUONA E CATTIVA
VOLONTA’?
Questa domanda riecheggia quella del titolo scelto
per il Convegno Diocesano sul tema dell’evangelizzazione oggi: “Il
Vangelo: un tesoro da condividere. Come crederemo se nessuno annuncia?”
e, in particolare, l’affermazione di don Claudio Doglio: “Senso della
nostra vita ecclesiale è comunicare ad altri il tesoro che abbiamo
ricevuto”. Evangelizzare significa, infatti, annunciare al mondo la
“buona notizia” della venuta del Figlio di Dio sulla terra e della
salvezza che, per mezzo della sua Passione, della sua morte in croce e
della sua resurrezione, ogni creatura avrebbe potuto finalmente
ricevere. E tuttavia, a quanto pare, non tutte le creature sono state
ancora raggiunte da questo lieto annuncio, tanto che l’evangelizzazione
continua a essere un compito, anzi, il compito fondamentale della Chiesa
di oggi, come nel giorno in cui lo Spirito Santo discese sugli apostoli
riuniti nel cenacolo. Questo significa che l’evangelizzazione è sempre
di attualità, naturalmente in forme e in modi diversi, secondo i luoghi
e i tempi in cui avviene. Significative, a questo proposito, le parole
dei Francescani Minori di Pecorile: “Con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha superato l’idea di missione come
attività particolare di alcune persone ed ha recuperato la visione
teologica che fa della missione un elemento costitutivo della Chiesa
stessa: l’affermazione di Cristo evangelizzatore e di una Chiesa
evangelizzata ed evangelizzatrice indica l’abbandono del modello
espansionistico dell’età coloniale e l’assunzione del modello evangelico
della testimonianza. “ Nel Vangelo però si parla anche del regno dei
cieli come di un tesoro nascosto: “Il regno dei cieli è simile a un
tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo,
poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo”
(Mt 13, 44) Perché mai, vien fatto di chiedersi, “lo nasconde di nuovo”
invece di condividerlo immediatamente con il suo prossimo? E’
quello che si domanda anche don Claudio Doglio, e si risponde così:
“Anzitutto possiamo pensare al mondo come creazione: nella realtà del
creato è nascosta la sapienza creatrice di Dio. Restringendo il campo,
possiamo considerare il mondo della nostra vita concreta, cioè la nostra
realtà, le relazioni e le attività: lì dentro è nascosto un tesoro.” Un
tesoro, par di capire, di cui non sospetteremmo nemmeno l’esistenza se
non ci fosse rivelata da qualcuno che lo ha trovato, o addirittura da
chi lo ha messo nel mondo per gli uomini, ma il mondo lo
ha nascosto “fin dalla sua fondazione”. Di qui la necessità del Vangelo,
dell’annuncio, della buona notizia portata dal Figlio di Dio agli
uomini: “Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non
parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era
stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole / proclamerò
cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.” (Mt 13, 34). E molte
di queste cose continuano a rimanere nascoste, è ancora don Doglio a
ricordarcelo: “Ma possiamo restringere ancora il campo: quel mondo sono
io, la mia persona, la mia testa e il mio cuore, il mio carattere.
Dentro ognuno di noi è nascosto un tesoro. Così la sapienza di Dio è
presente nella nostra vita; è presente, ma in modo nascosto”. Lo aveva
ben detto Agostino: in interiore hominis habitat veritas. E
nondimeno, perché costa tanta fatica scendere nel profondo di noi stessi
per trovare il tesoro lì nascosto fin dalla fondazione del mondo?
Sembra quasi che potenze avverse ci vogliano impedire di conoscere la
verità. Evangelizzare non significa solo annunciare il Vangelo,
significa anche - ma le due cose non sono in realtà
separabili – viverlo nella pratica, cioè testimoniarlo con la propria
vita. E testimoniare il Vangelo significa soprattutto
dedicarsi ai poveri, agli ultimi, agli emarginati, ai carcerati, agli
offesi, agli umiliati, insomma a tutti quelli che precederanno i potenti
del mondo, i Cresi e gli Epuloni, gli scribi e i farisei nel regno dei
cieli. Almeno così attesta
la Parola. Certo
la Parola stessa non va sempre presa alla lettera
(altrimenti quante volte dovremmo cavarci gli occhi o tagliarci una
mano!), ma nemmeno adattarla alle nostre convenienze e ai nostri
interessi: si pensi all’abuso che si fa, ad esempio, del “Date a Cesare
quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, che cosa dovremmo dare
a Cesare, secondo il Vangelo? Un talento? Due? Tre? E poi? A chi deve
dare tutto il cristiano? Pensiamoci, e cerchiamo di stare ascolto della
Parola di Dio piuttosto che delle nostre parole umane, troppo umane. Ma
ora non vorrei moraleggiare indebitamente, mi riferisco alla alte e
profonde parole che Enzo Bianchi ci ha affidate nel pomeriggio di
domenica ventun giugno, proprio all’inizio di questa estate, in San
Francesco da Paola: non è il modo corretto di ascoltare la Parola proiettare i nostri
desideri nella figura del Figlio di Dio, non è Lui che deve
assomigliarci, adattandosi alle nostre esigenze, ai
nostri giudizi o pregiudizi, ma proprio il contrario; anche perché le
nostre parole vanno e vengono, mentre le sue, pur recepite in contesti
diversi, rimarranno parole di vita eterna: “Il cielo e la terra
passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24, 35). Alla luce
delle cose dette fin qui, converrà allora correggere la domanda iniziale
nel modo seguente: “L’Evangelo: tesoro nascosto e
rivelazione”, sostituendo la congiunzione disgiuntiva con la copulativa,
proprio per rendere giustizia al fatto che Dio non parla direttamente
all’uomo: Vere tu es absconditus, ha scritto Pascal, ma si è
anche rivelato per mezzo dei profeti. Dio rimane dunque nascosto
all’uomo, ma non sempre e non del tutto: “Se non fosse apparsa mai
alcune manifestazione di Dio, questa eterna privazione sarebbe equivoca
e potrebbe essere interpretata sia come assenza di ogni divinità sia
come indegnità dell’uomo a conoscerla; ma dal momento che esso appare
qualche volta, e non sempre, ogni equivoco resta eliminato. Se è apparso
una volta significa che esiste sempre; non si può fare a meno di
concludere che c’è un Dio e che gli uomini non ne sono degni” (fr. 559).
Forse è per questo che la rivelazione non può dirsi del
tutto compiuta e che la Chiesa, in quanto
depositaria della tradizione apostolica, non ha esaurito la sua missione
evangelizzatrice (ma potrà mai, e quando, esaurirla?).
Fulvio Sguerso
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