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E SE BERLUSCONI…

  Marco Giacinto Pellifroni

 


Marco Giacinto Pellifroni

…fosse il minore dei mali? Osservo con crescente perplessità l’ondata di riprovazione morale per le notti brave di B. Trovo persino scontato che un uomo di oltre 70 anni, che dalla vita ha avuto già tutto, cerchi di pagare la prosecuzione di questo stato di grazia con una briciola dei suoi miliardi, consapevole che non potrà portarseli nella tomba.  

Comunque, ammesso che le convitate nelle sue residenze fossero maggiorenni, e deprecata l’ipocrita pretesa delle nostre leggi che la prostituzione, anche se decisa autonomamente dalle sue praticanti, non abbia diritto di esistere, non vedo la logica, se non appunto quella di destabilizzare l’attuale assetto governativo, di tutto questo scandalo e pruderie.

Agli effetti degli interessi nazionali fa qualche differenza se il rapporto sessuale tra il premier e maggiorenni consenzienti avvenga, fuori orario di “servizio”, per infatuazione, amore o denaro? Il risvolto della vicenda che invece mi indigna è che B abbia barattato i mille euro evidentemente pattuiti a soddisfacente “consumazione” effettuata (dopo la “caparra” di altrettanti) per la concessione edilizia di un residence su un terreno a vocazione agricola. Solo a questo punto si sarebbe verificato il conflitto tra fatti privati e interesse pubblico, tanto più grave se a compierlo è la massima autorità dello Stato. Sempre che non si pretenda di immolare il suolo nazionale sull’altare del business politico-finanziario, come sembra oggi normale, anzi, quasi doveroso. Per non dire delle promesse di inserimento in liste elettorali asseritamente fatte dal capo del governo alla sua ospite di una notte. Ma allora avrebbe ragione l’ex moglie Veronica a parlare di contaminazioni nella politica del PdL di “ciarpame”, di donne fatte deputati o ministri in base alle loro capacità orali (termine in uso per la sala ovale all’epoca di Clinton). Un criterio di selezione non dissimile da quello usato per designare d’imperio, stante l’attuale legge elettorale, gli avvocati di B, da Previti a Pecorella a Ghedini, nonché pregiudicati di ogni sorta a deputati di Forza Italia e poi del PdL.  

L’ipocrisia in campo sessuale, sarà per la presenza centrale del Vaticano (che pure ne subisce le conseguenze con gli scandali dei preti pedofili), non riesce proprio a cedere il passo ad un più aperto e disincantato approccio. È dal 1955, se non erro, che ci tocca subire il riversamento della prostituzione nelle strade, con tutti i pericoli sanitari e di ordine pubblico ad esso connessi. Con l’aggiunta della gogna mediatica a quanti, da posizioni di privilegio, come il mondo della moda o dello spettacolo, vengono sospettati di profittarne per indurre giovani e prestanti “aspiranti” a condividere il proprio talamo: vedi i polveroni su Gigi Sabani, Valerio Merola, Lele Mora e Fabrizio Corona (e addirittura il principe savoiardo Vittorio Emanuele), poi finiti in una bolla di sapone. Come in ogni altro campo, leggi sorte per proteggere le ragazze dallo sfruttamento di spietati lenoni, finiscono per intrappolare persone la cui attività porta ad una reciproca complicità con le presunte vittime, rendendo poi difficile decidere chi sia il soggetto o l’oggetto del sedurre; anche se, per una forma mentis ancestrale, la parte del seduttore spetta sempre all’uomo, molto più esposto alle denunce-ricatto di ragazze spesso tutt’altro che “cappuccetti rossi”.

Nei paesi islamici i capi sono stati così furbi da legalizzare la poligamia e gli harem, qui da noi i potenti gli harem li hanno, ma sono costretti a tenerli ben nascosti (le elette di Palazzo Grazioli dovevano alzare i finestrini oscurati prima di entrarvi).

Morale (o immorale, secondo i punti di vista): per conto mio, il nostro B sia libero di trastullarsi con tutte le escort (maggiorenni e consenzienti) che vuole, purché: a) faccia debitamente “filtrare” chi gli scivola nel letto: è protetto a vista da schiere di gorilla e non sa proteggersi da possibili ricattatrici!; b) i suoi affari di alcova non tracimino nel pubblico.

Sarà una mia ossessione, ma sono convinto che i paletti tra pubblico e privato debbano restare ben fissi; pena, in caso contrario, il passare da repubblica ad oligarchia. Quale, appunto, quella in cui ormai siamo, dove i vertici considerano lo Stato loro proprietà privata./p>

E ciò mi dà l’estro per concludere queste mie considerazioni con un timore: che tutto il battage contro B serva a promuovere personaggi del tipo di Mario Draghi, come si vocifera. Un uomo che ha fatto del salto tra pubblico e privato il distintivo della sua carriera: da direttore generale del Tesoro, presiedendo alla svendita delle aziende pubbliche italiane allo straniero*, a vice-presidente di Goldman Sachs per l’Europa (all’epoca di una sua colossale frode fiscale scoperta dall’Agenzia delle Entrate di Pescara),** e poi all’attuale poltrona di governatore di Bankitalia, ossia a custode degli interessi del grande capitale internazionale, che continuerebbe ovviamente a difendere anche come capo dell’esecutivo, privatizzando tutto.

Una carriera da farmi preferire, sia pure obtorto collo, l’attuale presidente del consiglio, soprassedendo alle sue prestazioni erotiche romane o sarde. Tremo al pensiero di un governo “tecnico” con Draghi al suo vertice. Ne abbiamo già provato uno, con un altro governatore di Bankitalia, Ciampi, su quella poltrona: anche lui uomo dalle due divise, ma quella pubblica in subordine a quella privata, con sopra lo stemma del sodalizio bancario sopranazionale, al quale consegnò a suo tempo la sovranità dello Stato italiano. Come tremerei al ritorno al potere di triadi smaccatamente filo-bancarie come quella dell’ultimo centro-sinistra: Prodi, Padoa Schioppa, Visco.

P.S. Purtroppo, anche a fianco di B, come di Obama, la cupola bancaria ha affiancato un suo sodale: Gianni Letta, advisor di Goldman Sachs; e Timothy Geithner, ex presidente della Fed di New York, rispettivamente. Capi di governo, sì, ma con relativi cani da guardia al fianco. Non si sa mai.

 

* Cfr. l’intervista TV di Francesco Cossiga, che lo definisce “un vile affarista […] liquidatore dell’industria pubblica italiana, dopo la famosa crociera sul Britannia. […] Immagina cosa farebbe da presidente del Consiglio: svenderebbe quel che rimane, Finmeccaniva, Enel, Eni.”

** Cfr. Elio Lannutti, Interrogazione in Senato del 17/06/2008, Atto 4-00170.

  

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                   21 giugno 2009