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           L’ECOMOSTRO CHE E’ IN NOI

Antonia Briuglia

L’ecomostro di Palmaria è imploso, sembra quindi che dopo Punta Perotti , anche a Palmaria si sia ristabilita la legalità ambientale.

Un’altra costruzione- simbolo dell’incompatibilità ambientale è stata cancellata da un territorio che, per quaranta lunghi anni, aveva offeso.

La lista degli ecomostri è, però, ancora lunghissima e forse neanche tutta conosciuta, ma sarà possibile ”buttarli tutti a terra “?

E poi, siamo certi che sia possibile individuare quelli che si possono definire tranquillamente  tali per l’orrendo impatto, per l’ingiustificata collocazione nel territorio, ma soprattutto perché sono frutto di scelte speculative, in un’Italia dove, da tempo, la speculazione sembra essere legalizzata?

Per chi vive in Liguria e in provincia di Savona, ad esempio, è ormai quasi impossibile fare un’identificazione dell’ecomostro con tali parametri, specie quando si cerca l’illecito edilizio.

Urbanistica contrattata, Piani Regolatori contraddetti in deroga e puntualmente vanificati, Accordi di Programma che giustificano un’edilizia dissennata, sono la prova evidente di un’assenza di regia dove chi possiede un’area contratta con chi dovrebbe pianificare, governare un territorio per il bene della collettività. Una collettività che, dopo, si vede puntualmente scaricare addosso i costi di infrastrutture assenti, di una crescita urbana disorganica, di una sempre più scarsa qualità della vita.

Gli ecomostri, proprio qui in Liguria, sono spesso autorizzati, come fu proprio Palmaria, nel 1969, addirittura dalle Sovrintendenze che con il loro scellerato avvallo, hanno scaricato, oggi, sulla collettività un costo di abbattimento di due milioni di euro.


Disegno di Serena Salino

Ruggeri sostiene che” in periodi di difficoltà economica, sembrerebbe azzardato dedicare tante risorse all’abbattimento di edifici, ma siamo sicuri che si tratti di un fortissimo investimento produttivo per la valorizzazione di quest’area, secondo un criterio che ci sembra valido per tutto il territorio regionale”.

Bene se così è, in Provincia di Savona proprio Ruggeri che ha lasciato, in qualità di Sindaco, l’incarico di realizzare altrettanti ecomostri come ad esempio il Crescent , nato su un “fallimento perfetto”, la torre Margonara, progettata da privati su una discutibile concessione demaniale e altri esempi disseminati sul territorio, si potrà presto applicare questo criterio.

Vorrà, infatti, dire che se, come egli stesso dichiarò, lo sviluppo della città  impone oggi di edificare anche ecomostri, nuovi investimenti produttivi potrebbero  prevedere, domani, la loro implosione.

Per gioire totalmente bisognerebbe, però, poter sperare che i costi  di questa perversa operazione, potessero essere addebitati a politici e funzionari che la promuovono, Sovrintendenze incluse.

Queste, mentre oggi si ergono promotrici e “paladine” dei progetti di demolizione nelle Cinque Terre, nel 1969 furono responsabili e conniventi delle edificazioni con pareri favorevoli che giustificavano le stesse autorizzazioni.

 Solo questo giustificherebbe l’immediata delegittimazione delle Sovrintendenze, ormai dannose e inutili come provato dalle ripetute posizioni assunte sui progetti degli ecomostri attuali.

Motivazioni incredibilmente positive sul grattacielo alla Margonara, sul biscione  Crescent, su tutta la cementificazione residenziale del lungomare savonese e dei territori limitrofi che ha previsto anche l’abbattimento di edifici d’epoca o il loro parziale smantellamento.

 Fu proprio il sovrintendente Rossini, a giustificare il progetto della torre di 120 metri di Fuksas tra gli scogli della Margonara, mentre il grande architetto definiva, in un incontenibile spinta all’autoreferenzialità, “ecomostro” la fortezza del Priamar: la storia di Savona.

Lo stesso Rossini che oggi, a distanza di quarant’anni, spiega le motivazioni dell’assenso dei suoi predecessori sul progetto di Palmaria.

In quel punto si trovavano i resti di una cava e l’opera (8.000 metri cubi di cemento) doveva sanare una ferita aperta sulla collina.”

Con lo stesso criterio possiamo aspettarci che la Sovrintendenza autorizzi ecomostri legittimi, nelle cave di Albisola Superiore, come d’altronde si sta già facendo nelle cave Ghigliazza della vicina Finale.

Così le cave, che dovrebbero per legge essere rinaturalizzate da chi per anni le ha sfruttate con costi irrisori, diventano, a tutti gli effetti, siti da facili appetiti edificatori puntualmente legalizzati.

Le Sovrintendenze hanno perso, da tempo,  la competenza e l’autorevolezza del loro ruolo, soprattutto nei grandi progetti di trasformazione, proprio quelli che alimentano le rendite fondiarie nelle nostre città. Hanno smarrito, insieme alle altre istituzioni preposte, il concetto di etica del territorio, demandando la soluzione alle cariche esplosive di nitroglicerina.

Quante “Palmaria” dovranno nascere ancora per mettere, finalmente, a nudo l’ecomostro che è in noi?

                                                        ANTONIA BRIUGLIA