L’ECOMOSTRO CHE E’
IN NOI.
L’ecomostro di
Palmaria è imploso, sembra quindi che dopo
Punta Perotti , anche a Palmaria si sia
ristabilita la legalità ambientale.
Un’altra costruzione-
simbolo dell’incompatibilità ambientale è stata
cancellata da un territorio che, per quaranta
lunghi anni, aveva offeso.
La lista degli
ecomostri è, però, ancora lunghissima e forse
neanche tutta conosciuta, ma sarà possibile
”buttarli tutti a terra “?
E poi, siamo certi
che sia possibile individuare quelli che si
possono definire tranquillamente tali per
l’orrendo impatto, per l’ingiustificata
collocazione nel territorio, ma soprattutto
perché sono frutto di scelte speculative, in
un’Italia dove, da tempo, la speculazione sembra
essere legalizzata?
Per chi vive in
Liguria e in provincia di Savona, ad
esempio, è ormai quasi impossibile fare
un’identificazione dell’ecomostro con tali
parametri, specie quando si cerca l’illecito
edilizio.
Urbanistica
contrattata, Piani Regolatori contraddetti in
deroga e puntualmente vanificati, Accordi di
Programma che giustificano un’edilizia
dissennata, sono la prova evidente di un’assenza
di regia dove chi possiede un’area contratta con
chi dovrebbe pianificare, governare un
territorio per il bene della collettività. Una
collettività che, dopo, si vede puntualmente
scaricare addosso i costi di infrastrutture
assenti, di una crescita urbana disorganica, di
una sempre più scarsa qualità della vita.
Gli ecomostri,
proprio qui in Liguria, sono spesso autorizzati,
come fu proprio Palmaria, nel 1969, addirittura
dalle Sovrintendenze che con il loro
scellerato avvallo, hanno scaricato, oggi, sulla
collettività un costo di abbattimento di due
milioni di euro.
Ruggeri
sostiene che” in periodi di
difficoltà economica, sembrerebbe azzardato
dedicare tante risorse all’abbattimento di
edifici, ma siamo sicuri che si tratti di un
fortissimo investimento produttivo per la
valorizzazione di quest’area, secondo un
criterio che ci sembra valido per tutto il
territorio regionale”.
Bene se così è, in
Provincia di Savona proprio Ruggeri che ha
lasciato, in qualità di Sindaco, l’incarico di
realizzare altrettanti ecomostri come ad esempio
il Crescent , nato su un “fallimento
perfetto”, la torre Margonara, progettata
da privati su una discutibile concessione
demaniale e altri esempi disseminati sul
territorio, si potrà presto applicare questo
criterio.
Vorrà, infatti, dire
che se, come egli stesso dichiarò, lo sviluppo
della città impone oggi di edificare anche
ecomostri, nuovi investimenti produttivi
potrebbero prevedere, domani, la loro
implosione.
Per gioire totalmente
bisognerebbe, però, poter sperare che i costi
di questa perversa operazione, potessero essere
addebitati a politici e funzionari che la
promuovono, Sovrintendenze incluse.
Queste, mentre oggi
si ergono promotrici e “paladine” dei progetti
di demolizione nelle Cinque Terre, nel 1969
furono responsabili e conniventi delle
edificazioni con pareri favorevoli che
giustificavano le stesse autorizzazioni.
Solo questo
giustificherebbe l’immediata delegittimazione
delle Sovrintendenze, ormai dannose e inutili
come provato dalle ripetute posizioni assunte
sui progetti degli ecomostri attuali.
Motivazioni
incredibilmente positive sul grattacielo alla
Margonara, sul biscione Crescent, su tutta
la cementificazione residenziale del lungomare
savonese e dei territori limitrofi che ha
previsto anche l’abbattimento di edifici d’epoca
o il loro parziale smantellamento.
Fu proprio il
sovrintendente Rossini, a giustificare il
progetto della torre di 120 metri di Fuksas
tra gli scogli della Margonara, mentre il grande
architetto definiva, in un incontenibile spinta
all’autoreferenzialità, “ecomostro” la fortezza
del Priamar: la storia di Savona.
Lo stesso Rossini che
oggi, a distanza di quarant’anni, spiega le
motivazioni dell’assenso dei suoi predecessori
sul progetto di Palmaria.
“In quel punto
si trovavano i resti di una cava e l’opera (8.000 metri cubi
di cemento) doveva sanare una ferita aperta
sulla collina.”
Con lo stesso
criterio possiamo aspettarci che la
Sovrintendenza autorizzi ecomostri legittimi,
nelle cave di Albisola Superiore, come
d’altronde si sta già facendo nelle cave
Ghigliazza della vicina Finale.
Così le cave, che
dovrebbero per legge essere rinaturalizzate da
chi per anni le ha sfruttate con costi irrisori,
diventano, a tutti gli effetti, siti da facili
appetiti edificatori puntualmente legalizzati.
Le Sovrintendenze
hanno perso, da tempo, la competenza e
l’autorevolezza del loro ruolo, soprattutto nei
grandi progetti di trasformazione, proprio
quelli che alimentano le rendite fondiarie nelle
nostre città. Hanno smarrito, insieme alle altre
istituzioni preposte, il concetto di etica del
territorio, demandando la soluzione alle cariche
esplosive di nitroglicerina.
Quante “Palmaria”
dovranno nascere ancora per mettere, finalmente,
a nudo l’ecomostro che è in noi?
ANTONIA BRIUGLIA
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