Dovrei ringraziarlo
di questo "accanimento terapeutico" che mi ha posizionato nel centro
dell'evento che era in corso, creando attesa verso la mia risposta.
Marta Vincenzi -che faceva
da moderatrice dell'incontro, mi ha infatti immediatamente dato la parola, visto
l'attacco, che purtroppo però Vittorio non ha potuto ascoltare perché in fuga
verso un altro appuntamento.
Quindi, riproporrò qui la
mia risposta.
Non su quotidiani nazionali
o locali, che mi ignorano e, perfino nelle cronache locali, mi oscurano (forse a
Finale Ligure hanno troppi candidati alle Europee per dare spazio a tutti:-), ma
nella libertà del nostro blog.
Spero arrivi al mittente!
Agnoletto si riferiva, oltre
che a me -che per lui sono soprattutto l'autrice dell'apprezzato
DossierG8- a Vattimo, Zipponi e altri esponenti "di sinistra", candidati nei
vari collegi dall'IdV.
La questione fondamentale,
più che il partito italiano, riguarderebbe la famiglia politica europea in cui
l'IdV confluisce con Radicali e Repubblicani Europei, ovvero l'ELDR, Partito
liberale democratico riformista europeo, che -ci ricorda con veemenza Agnoletto-
ha votato a favore di numerose leggi liberiste e antisolidali.
Fuori microfono mi aveva
detto: "lo fate perché pensate che Di Pietro sia il carro vincente".
Ora, mi rendo più che mai
conto che la sinistra, sia quella radicale -perché è radicale- che quella
moderata- perché è moderata, non riesce a scrollarsi di dosso la "sindrome del
traditore", che spesso -non è certo il caso di Vittorio- si trasforma in
strategia punitiva, voglia di "farla pagare".
Ma di questo e di altro mi
ripropongo di parlare dopo le elezioni, magari intitolando lo scritto:
"psicopatologia del potere quotidiano".
Per quanto mi riguarda, io
parto da una convinzione storico-filosofica (e mi si scuserà se mi intratterrò
un po' a livello teorico ma quando "ce vò ce vò", perché la realtà senza
teoria è cieca e le teorie senza realtà sono vuote).
Credo che determinati
soggetti, come gli Stati nazionali e i partiti politici -che hanno svolto una
funzione importate nell'800 e parte del 900- siano oggi inadeguati a raccogliere
le sfide di un mondo caratterizzato dalla complessità, da affrontarsi con una
governance allargata e pluralistica, che rende auspicabile il costituirsi di
un'Europa federale più forte, pluralista e democratica.
Ma tra i pilastri che
vacillano includo anche le ideologie, cui dobbiamo grandi cose della storia
passata ma che contengono una visione sintetica e, per ciò stesso, esclusiva e
semplificata di una realtà -lo ripeto- resa complessa dalla globalizzazione,
dalla tecnologia, dalle nuove forme comunicative: è questa e non un' altra la
realtà che si ha la responsabilità di conoscere, comprendere e governare.
Questo è sempre stato il mio
pensiero e ad esso mi mantengo fedele, nel segno di un liberalismo responsabile,
figlio di Locke oltreché di Marx e soprattutto del Marx di Gotha.
Del resto, da nana, siedo
sulle spalle di numerosi e differenziati giganti del pensiero, compresi i più
recenti: A. Senn, H. Arendt, M. Nussbaum e J. Tronto.
Mi spiace se non sono stata
capita, se qualcuno ha visto in me un'affinità ideologica che, se c'era, non era
totale, ma questo credo configuri un altro difetto della sinistra: la
convinzione di detenere il monopolio indiscusso della solidarietà, anzi del
bene.
Nella fattispecie denunciare
l'agire sovversivo e impunito della polizia nel caso Diaz significa essere di
Rifondazione.
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Ma torniamo alla
cosa.
Una delle spinte
fondamentali all'impegno politico europeo mi
viene dalla constatazione delle politiche
illiberali italiane, attraverso leggi come la 40
o l'attuale testo sul testamento biologico.
Guardo con preoccupazione al deficit di libertà,
che attesta il nostro paese in un suo medioevo
di ritorno innanzitutto anticostituzionale e che
rende l'Italia incapace di governare il
pluralismo sociale e culturale.
Ho sempre
guardato con grande simpatia etica le battaglie
civili dei Radicali - di cui siamo tutti
debitori - e le ho spesso condivise, con la
collaborazione, la raccolta firme, la sintonia
con l'Agenda Coscioni.
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Ma ho sempre sentito
distante e carente la politica sociale dei Radicali e la tendenza
liberista, che per me finisce per essere antiliberale, in quanto, specie
in assenza di tutele socio-culturali, il mercato tutto ci vuole tranne
che liberi.
Ho guardato con speranza il
nascere della Rosa nel Pugno e con desolazione il suo sfiorire, dinanzi a
rapacità amministrative socialiste ed elitarismo radicale.
Quando si è prospettata la
candidatura europea con di Pietro, ho controllato i programmi e i comunicati
stampa e ho visto che si esprimevano con chiarezza: no al nucleare, no agli
inceneritori, sì alla laicità, impegno nell'occupazione e nel sociale, no alla
privatizzazione dell'acqua, no al reato di clandestinità. In altra occasione mi
occuperò dei relativi "sì".
E' vero che IdV votò contro
la commissione parlamentare d'inchiesta sul G8, cosa che per me rappresenta un
grave errore, ma è anche vero che mi si è data -da parte dello stesso Di Pietro-
libertà di esprimermi e operare in piena autonomia di giudizio, nel
riconoscimento della mia Indipendenza.
Non credo che qualcuno che
mi conosce possa sinceramente pensare che getterei giù dalla Torre le vittime
della brutalità degli sbirri (i veri e nobili tutori dell'ordine devono
poter essere ben distinti da quei capi, addirittura promossi)!
Ma parlavo di indipendenza
ideologica e partitica, non certo indifferenza verso le cause: credo alla
politica delle cause e alla politica dell'agire e diffido della politica dell'
"essere".
Anzi, in generale, gli
uomini vanno chiamati a rispondere dei propri pensieri e delle proprie azioni o
orientamenti ad agire, non del proprio essere, il contrario origina razzismo,
pregiudizio ed è umanamente invasivo.
Ma torniamo all'accusa
relativa al carro del vincitore.
A parte il fatto che
occorrerebbe
l'umiltà -lo dico per
inciso- di andare a vedere il percorso di chi si accusa, non in
supervisione panoramica ma nella trama locale dell'impegno e poi magari si potrà
riparlare dei carri vincenti. Del resto dov'è stata e come RC nella mia storia?
A parte il fatto che ci si
deve interrogare sui motivi per cui non si allarga l'elettorato, se non ci si
vuole crogiolare in una forma snob di autismo e narcisismo ideologico. I giovani
di RC sono pieni di slancio e convinzione ma non sono tutti i giovani d'Italia!
Né gli unici politicamente e virtuosamente impegnati.
Ma, e qui sta il punto,
credo che ci si debba finalmente far carico delle conseguenze oltre che dei
principi.
Insomma: lasciamo perdere
il processo alle intenzioni da parte di Vittorio, mi pongo nell'ordine delle
conseguenze e lo invito a fare altrettanto.
Dovrebbe, credo, rallegrarsi
se persone che hanno una forte sensibilità etico-politica di tipo solidaristico
si troveranno su un carro che può risultare vincente, nel senso della
crescita di consenso, perché sapremo capitalizzare nel segno delle cause comuni
l'eventuale vittoria e spostare "a sinistra" i partiti che hanno fatto spazio a
tali sensibilità, sia italiani che europei.
Personalmente, da
Indipendente, mi propongo all'elettore con la mia coscienza, la mia storia
e la mia grande o piccola capacità di discernimento.
So del resto che la
responsabilità spinge a volte a scegliere ciò che non piace, per agire in
riduzione del danno ma so che il danno, pur ridotto, è sempre danno e va evitato
all'origine. Riduzione è già sconfitta.
Nella strana situazione di
risultare estremista per alcuni del PD o di IdV (che per questo suggeriscono di
non votarmi) e "migliorista" per altri, desidero precisare che non mi riconosco
né nel radicalismo come prassi univoca, anche a dispetto delle conseguenze, né
nel moderatismo come atteggiamento dovuto, a dispetto dei principi.
Dico no al narcisismo
ideologico e no al trasformismo: dico sì all'assunzione di responsabilità in
prima persona.
Se ci sarà spazio per
difendere responsabilmente la solidarietà nel partito liberale -che tanto fa in
nome dei diritti, come lo stesso Agnoletto ha riconosciuto- lo vedremo solo
"vivendoci" (ovviamente se...), certi di poter provare a influire sugli
indirizzi e, se non ci sarà altra possibilità, io tra lealtà ai gruppi e lealtà
alle cause e alla mia coscienza sceglierò la seconda. Non perché parto con la
volontà di saltare da un gruppo all'altro -anche questo fa parte del processo
alle intenzioni da parte di Agnoletto - ma perché potrei trovarmi un
giorno -se quanto ci dice sarà confermato dall'esperienza- nella
condizione di dover riposizionare la mia lealtà.
Il dovere che sento di
assumermi con assolutezza è quello di comunicare sempre le scelte che farò (in
Europa se ci andrò o ovunque decida di impegnarmi) e i motivi per cui le farò a
chi rappresento, ovvero ai cittadini, oltre che a chi mi ha candidata.
Quanto a Di Pietro, come ho
già scritto la volta scorsa, ha un grande asso nella manica: molti, come ha
detto Agnoletto, da sinistra si stanno spostando verso di lui.
Ma, caro Tonino, ora tocca a
te: il successo è responsabilità e oggi IdV ne ha molta, perché i tempi, i
giovani, gli onesti hanno bisogno di un vero rinnovamento all'insegna dei valori
e potrebbe non esserci una seconda chance.
Gloria Bardi