TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni
Risposta a Vittorio Agnoletto Venerdì scorso, in occasione di un incontro
organizzato dal Movimento Federalista Europeo, con la
partecipazione di diversi candidati, Agnoletto mi ha ripetuto il
predicozzo, sia -e con una certa asprezza- nel saluto che ci
siamo scambiati prima della conferenza, sia nel corso del suo
intervento, dove l'IdV è rimasto il suo principale obiettivo
polemico. Dovrei ringraziarlo di questo "accanimento
terapeutico" che mi ha posizionato nel centro dell'evento che
era in corso, creando attesa verso la mia risposta. Marta Vincenzi -che faceva da moderatrice
dell'incontro, mi ha infatti immediatamente dato la parola,
visto l'attacco, che purtroppo però Vittorio non ha potuto
ascoltare perché in fuga verso un altro appuntamento. Quindi, riproporrò qui la mia risposta. Non su quotidiani nazionali o locali, che mi
ignorano e, perfino nelle cronache locali, mi oscurano (forse a
Finale Ligure hanno troppi candidati alle Europee per dare
spazio a tutti:-), ma nella libertà del nostro blog. Spero arrivi al mittente! Agnoletto si riferiva, oltre che a me -che per
lui sono soprattutto l'autrice dell'apprezzato
DossierG8- a Vattimo, Zipponi e altri esponenti "di sinistra",
candidati nei vari collegi dall'IdV. La questione fondamentale, più che il partito
italiano, riguarderebbe la famiglia politica europea in cui l'IdV
confluisce con Radicali e Repubblicani Europei, ovvero l'ELDR,
Partito liberale democratico riformista europeo, che -ci ricorda
con veemenza Agnoletto- ha votato a favore di numerose leggi
liberiste e antisolidali. Fuori microfono mi aveva detto: "lo fate
perché pensate che Di Pietro sia il carro vincente". Ora, mi rendo più che mai conto che la
sinistra, sia quella radicale -perché è radicale- che quella
moderata- perché è moderata, non riesce a scrollarsi di dosso la
"sindrome del traditore", che spesso -non è certo il caso di
Vittorio- si trasforma in strategia punitiva, voglia di "farla
pagare". Ma di questo e di altro mi ripropongo di
parlare dopo le elezioni, magari intitolando lo scritto:
"psicopatologia del potere quotidiano". Credo che determinati soggetti, come gli Stati
nazionali e i partiti politici -che hanno svolto una funzione
importate nell'800 e parte del 900- siano oggi inadeguati a
raccogliere le sfide di un mondo caratterizzato dalla
complessità, da affrontarsi con una governance allargata e
pluralistica, che rende auspicabile il costituirsi di un'Europa
federale più forte, pluralista e democratica. Ma tra i pilastri che vacillano includo anche
le ideologie, cui dobbiamo grandi cose della storia passata ma
che contengono una visione sintetica e, per ciò stesso,
esclusiva e semplificata di una realtà -lo ripeto- resa
complessa dalla globalizzazione, dalla tecnologia, dalle nuove
forme comunicative: è questa e non un' altra la realtà che si ha
la responsabilità di conoscere, comprendere e governare. Del resto, da nana, siedo sulle spalle di
numerosi e differenziati giganti del pensiero, compresi i più
recenti: A. Senn, H. Arendt, M. Nussbaum e J. Tronto. Nella fattispecie denunciare l'agire
sovversivo e impunito della polizia nel caso Diaz significa
essere di Rifondazione. Ma torniamo alla cosa. Una delle spinte fondamentali all'impegno
politico europeo mi viene dalla constatazione delle politiche
illiberali italiane, attraverso leggi come la 40 o l'attuale
testo sul testamento biologico. Guardo con preoccupazione al
deficit di libertà, che attesta il nostro paese in un suo
medioevo di ritorno innanzitutto anticostituzionale e che rende
l'Italia incapace di governare il pluralismo sociale e
culturale. Ho sempre guardato con grande simpatia etica
le battaglie civili dei Radicali - di cui siamo tutti debitori -
e le ho spesso condivise, con la collaborazione, la raccolta
firme, la sintonia con l'Agenda Coscioni. Ma ho sempre sentito distante e carente la
politica sociale dei Radicali e la tendenza liberista, che per
me finisce per essere antiliberale, in quanto, specie in assenza
di tutele socio-culturali, il mercato tutto ci vuole tranne che
liberi. Non credo che qualcuno che mi conosce possa
sinceramente pensare che getterei giù dalla Torre le vittime
della brutalità degli sbirri (i veri e nobili tutori
dell'ordine devono poter essere ben distinti da quei capi,
addirittura promossi)! Anzi,
in generale, gli uomini vanno chiamati a rispondere dei propri
pensieri e delle proprie azioni o orientamenti ad agire, non del
proprio essere, il contrario origina razzismo, pregiudizio ed è
umanamente invasivo. Ma torniamo all'accusa relativa al carro del
vincitore. l'umiltà -lo dico per inciso- di andare a
vedere il percorso di chi si accusa, non in supervisione
panoramica ma nella trama locale dell'impegno e poi magari si
potrà riparlare dei carri vincenti. Del resto dov'è stata e come
RC nella mia storia? A parte il fatto che ci si deve interrogare
sui motivi per cui non si allarga l'elettorato, se non ci si
vuole crogiolare in una forma snob di autismo e narcisismo
ideologico. I giovani di RC sono pieni di slancio e convinzione
ma non sono tutti i giovani d'Italia! Né gli unici politicamente
e virtuosamente impegnati. Insomma: lasciamo perdere il processo
alle intenzioni da parte di Vittorio, mi pongo nell'ordine delle
conseguenze e lo invito a fare altrettanto. Dovrebbe, credo, rallegrarsi se persone che
hanno una forte sensibilità etico-politica di tipo solidaristico
si troveranno su un carro che può risultare vincente, nel
senso della crescita di consenso, perché sapremo capitalizzare
nel segno delle cause comuni l'eventuale vittoria e spostare "a
sinistra" i partiti che hanno fatto spazio a tali sensibilità,
sia italiani che europei. Dico no al narcisismo ideologico e no al
trasformismo: dico sì all'assunzione di responsabilità in prima
persona.
|