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MARGONARA: L’OSTINATA PROTERVIA DELL’ARCHITETTO


di Antonia Briuglia

Il pennarello e l’icona

 

Due scarabocchi a pennarello: “così prende forma il nuovo bacino della Margonara.” Fuksas, intervistato da Bruno Lugaro, sul Secolo XIX del 3 aprile, dichiara in modo compiaciuto che quello il nuovo progetto di variante al porto turistico con torre annessa, sarebbe scaturito dalla sua mano mentre era al telefono, con non ricorda quale amico.

GENIALE! Si potrebbe asserire se fossimo in un’aula magna davanti ad ignari e ingenui studenti o in qualche Convegno promosso per incensare il Maestro.

La realtà invece è un’altra.

I “ maltrattamenti “ degli ambientalisti (più di diecimila savonesi), le stoppate di alcuni importanti politici e le bocciature delle commissioni tecniche regionali, non hanno dissuaso l’architetto che continua ad essere strumento indissolubile di un certo tipo di politica, permeata di interessi che nulla hanno a che fare con l’architettura contemporanea, ma che si coniugano con la legge del profitto e dell’inutile e sgradevole cementificazione.

Fuksas rifiuta l’etichetta di cementificatore, assegnatagli dai savonesi sostenendo che la sua storia testimonia l’esatto contrario. Ma non basta essere, paradossalmente, tra i primi firmatari contro il Piano casa di Berlusconi per diventare il paladino dei difensori del territorio e della buona architettura: la storia personale si fa con le azioni di tutti i giorni e con l’atteggiamento di rispetto verso i luoghi, dove si è chiamati a intervenire.

L’architetto sembra continuare ad essere tragicamente scollegato al luogo d’intervento, tutto intento a lasciare il proprio segno, o meglio, come lui ama chiamarla, la propria “ICONA” che ritiene, quasi in un drammatico delirio, avere un senso e una propria edificante riconoscibilità, anche senza una funzione vera e propria.

Insomma anche se si costruirà per nulla, egli avrebbe, comunque, deciso che debba diventare il futuro simbolo di Savona.


Disegno di Serena Salino

L’architettura e il luogo.

 

Nel sostenere questo, continua a difendersi dagli attacchi, dichiarando che nello specchio acqueo della Margonara, egli non vuole distruggere nulla, ma costruire.

Come può un architetto sostenere ciò?

Da secoli chi studia e fa architettura sa che “l’architettura deve coniugarsi con paesaggio, studiare il clima locale, i venti, la vegetazione, le luci e le diverse stagioni. Deve tenere conto delle culture locali e dei modi di costruire”.

La bella architettura è quella che ”progetta con atteggiamento leggero, utilizzando le potenzialità e le tecnologie avanzate in intima relazione con la natura….e per far ciò deve saper ascoltare le voci dei luoghi. L’architettura è società, non esiste senza la gente con le sue aspettative, i suoi bisogni e le sue passioni.” ( Renzo Piano) 

Fuksas, a Savona, sembra andare in un’altra direzione e nella determinata intenzione di imporre il suo segno o meglio il suo modo di pensare, banalizza intenzionalmente i termini del dibattito. L’opportunità o meno di edificare più di diciassettemila metri quadrati di cemento si anteporrebbe a un ingenuo epopolare attaccamento a quella che, intenzionalmente, chiama “Madonnina”, assimilando i savonesi ad aridi bigotti attaccati a una “statuetta votiva”.

Nell’intenzione di andare inesorabilmente avanti, perché così si è deciso, dichiara che 120 metri di altezza non sono nulla e sicuramente sono pochi per chiamare il suo spillo, grattacielo, senza tradire la minima sensibilità o dubbi sulla dimensione del territorio savonese e sul livello di sostenibilità della sua proposta.

 

Fuksas ha fatto di più, mentre noi poveri mortali, al telefono disegniamo semplici freccette, cuoricini o volute incomprensibili conformemente alle casistiche di semplici test psicoanalitici, lui riesce distrattamente a produrre un progetto di variante che rivede l’assetto delle banchine e dei moli, ridefinisce la collocazione della torre, propone un diverso e credibile studio del moto ondoso e riprogetta il tutto in un più concreto ambito di salvaguardia della zona marina protetta.

Ho fatto un esercizio e alla fine mi sono trovato tra le mani un’idea di cui sono soddisfatto”.

Sarà difficile, ora, convincere i nostri studenti di architettura che,  anche in un progetto di massima, devono essere riconoscibili gli elementi di progetto che siano banchine, torri o quant’altro, che la linea della costa non deve essere alterata e confusa soprattutto quando costituisce l’elemento sensibile del progetto.

Sarà difficile far capire che anche per le archistar  progettare, significa elaborare planimetrie, prospetti, sezioni e studi di particolari costruttivi, anche quando i progetti devono essere presentati a Commissioni Tecniche  Regionali che ne devono valutare l’importante impatto ambientale. 


Massimiliano Fuksas

Fuksas e i savonesi

 

I savonesi mi hanno detto le cose peggiori!” sostiene Fuksas nella stessa intervista.

Forse i cittadini savonesi, una cosa nuova l’anno fatta: hanno messo in discussione il suo potere, quello di un architetto che con dichiarata presunzione e arroganza, con irriverenza e con smaniosa libidine, pretende di lasciare il suo segno sulla città per sempre.

Pretende, nel suo desiderio di trasgressione creativa e di brillante sperimentazione (cassata a San Pietroburgo), di imporre per sempre la sua opera.

Un’imponente opera che ci toccherà vedere tutti giorni, mentre percorreremo l’Aurelia, quando passeggeremo nelle Albissole o sul lungomare, quando saremo sotto l’ombrellone o immersi nelle acque delle nostre spiaggie, con la pioggia o con il sole: senza che il nostro occhio riesca mai a farci l’abitudine.

Fuksas pretende d’imporre una visione del mondo che, proprio in prima persona criticava aspramente, molto tempo fa, sull’Espresso e cioè quel mondo formato da città completamente appiattite a causa di una progettazione che le rende identiche le une alle altre.

E’ comunque comprensibile come la coerenza tra ciò che si sostiene pubblicamente e ciò che poi si mette in pratica, sia facilmente labile davanti a parcelle da un milione e mezzo di euro.

Quei savonesi sono convinti che, anche se il porto e la torre Margonara saranno approvati con le loro Delibere e le relative Autorizzazioni, saranno e resteranno una sfida al gusto, alle tradizioni, alla  intelligenza e alla cultura di un’intera città.

 

A nulla varrà scambiare quest’atteggiamento come conformista, antiquato, antiprogressista, è semplicemente il pensiero e la convinzione di chi si rifiuta di dare cambiali in bianco in mano ad Autorità Portuali, a imprenditori e tanto meno a progettisti.

E’ il pensiero di si rifiuta di inchinarsi ciecamente al genio, come più volte hanno fatto molti rappresentanti politici con piaggeria tutta provinciale, dimenticando che il genio non veniva a regalare nulla alla città, ma solo, chiamato da privati, a stravolgere l’ultimo tratto di paesaggio costiero savonese ancora illeso.

 

I savonesi sanno che nella loro città, come in gran parte della Liguria, gli appetiti dei cementificatori e degli immobiliaristi, hanno prodotto colate di cemento che hanno deturpato irreversibilmente il territorio, che hanno aggravato i problemi di vivibilità e di alterazione geomorfologica dei luoghi, che hanno alterato ciò che di bello e inconfondibile la Liguria e la nostra Provincia riusciva un tempo a offrire.

Di tutto ciò sarà il simbolo o l’icona, lo spillo, il faro, la lanterna, la torre …il grattacielo di Fuksas.

 

 

                                                                      Antonia Briuglia

 

 

Disegno di Serena Salino